Caos e bellezza. La vita è semplice, diretta e insieme ricolma di particolari. Giudicare, dare un valore preciso a quanto ci circonda. Misurare e rendere sistematico quanto vediamo. E’ possibile? Ci sono creazioni che vanno al di là della determinazione di una graduatoria: stravolgono le nostre tabelle, creando un arabesco dove noi pensiamo una linea dritta. La vita, che è un rigoglio, rifugge dalle regole della matematica tradizionale, fino a spingerci a creare un’altra matematica. Non a caso, nel 1975, il termine frattale fu creato per descrivere alcuni comportamenti matematici che sembravano avere un andamento “caotico”. Si arriva fino a capire che il caos è perfezione. Lo si vede anche nell’arte terapia. Il colore esprime un uragano emotivo. Nadia Pedretti, arte terapeuta ed educatrice professionale, trova quanto detto nella pratica. Dopo una prima formazione accademica come educatrice professionale, ha trovato nell’arte terapia la disciplina in grado di unire la sua passione per l’arte alla relazione d’aiuto. Ha ottenuto la specializzazione in arte terapia presso l’associazione Artea arte-terapeuti associati, sviluppando una tesi sul tema dell’adolescenza. Attualmente è socia dell’associazione e iscritta al relativo registro professionale. E’ arte-teterapeuta nell’area psichiatrica dal 2011. Dal 2014 conduce laboratori nell’area del benessere, collaborando con associazioni. Nell’ultimo anno ha ampliato l’area d’intervento agli anziani all’interno delle Rsa. Ecco come si esprime.
Caos e perfezione. Come ti sei avvicinata all’Arte terapia?
Credo di essere sempre stata vicina all’arte terapia. Ci sono stati dei momenti chiave della mia vita legati a questa disciplina, ancora prima che mi fosse chiaro cosa fosse. Fin da piccina ricordo di aver espresso con il disegno un sogno… preferito una mostra alla merenda. Da ragazzina rappresentavo il mio uragano emotivo con il colore e qualche anno più tardi cercavo un modo per aiutare le persone ad esprimersi nonostante le loro fragilità comunicative. Per loro, come anche per me, le parole non bastavano per esprimere l’infinità delle sfumature della loro vita. Questi sono i motivi che mi fanno pensare che l’arte terapia si sia avvicinata a me.
Caos e perfezione. Quali fasi ha l’approccio con il paziente? Puoi menzionare casi pratici e illustrare testimonianze?
L’approccio con la persona, più che con il paziente, è innanzitutto accoglienza. Accoglienza e ascolto. E’ importante essere empatici, “sentire come sta chi suona alla nostra porta”. Dopo che ha varcato la soglia, incuriosirlo con gli strumenti dell’atelier, un luogo di lavoro in cui non abita il giudizio. Inizialmente stimolo la persona a fare, a sperimentare i materiali, senza forzarla, ma dando degli spunti per mettere in moto il suo processo creativo. Se la persona si sente libera, abiterà il nostro luogo. Grazie alla relazione terapeutica, alla decodifica degli elementi grafico pittorici e all’osservazione degli elementi inconsci che vengono alla luce, prende forma un percorso di cura condiviso, che riesco a immaginare come una strada che accompagna. Può essere un sentiero, un vicolo, un viale alberato, un ponte, ciò che li accomuna è il sostegno alla persona, che guidata si affida. Vorrei citare la testimonianza di un paziente che ha scritto del suo percorso di arte terapia in un articolo del giornalino redatto dall’interno della cooperativa per cui lavoro. “L’arte è energia. Ho dovuto abbandonare ciò che mi piaceva a causa dei farmaci e dei sintomi che mi impedivano di disegnare(…) La partecipazione al gruppo di Arte terapia mi ha aiutato a uscire da lunghi mesi di solitudine, di chiusura con il mio mondo, con le mie emozioni e di tornare ad esprimermi anche con il disegno. Il fatto che i sintomi non abbiano preso il sopravvento sulla voglia di fare, mi ha permesso di riesplorare alcune abilità sopite per tanto tempo. Queste mie esperienze positive nel rivalutare me stesso, spero possano essere d’aiuto a chi si trova nella medesima condizione, affinché possano credere nella possibilità di provarci, di mettersi in gioco, spinti da una volontà interiore, indipendentemente da giudizi altrui.” G.
Questo è il significato che ha per G. percorrere quella strada disegnata insieme.
Caos e perfezione. Ma il paziente può essere sempre ritenuto tale? Come l’Arte terapia stimola le parti sane di ognuno di noi? E in che modo possiamo dare forma alle immagini interiori e riconnetterci con il mondo esterno?
Chiunque può essere un paziente. Il significato della parola paziente è infatti: “persona che sopporta”. Dunque quante volte nella vita ci sentiamo pazienti? Questa provocazione mi aiuta a dimostrare che tutti possono scegliere di fare un percorso per migliorarsi e lavorare su se stessi… poiché tutti noi nella vita sperimentiamo l’essere pazienti.
L’arte terapia ci permette di utilizzare un modo di comunicare molto affascinante, perché ha a che fare col bello, con l’arte e con una parte istintuale profondamente intima. Esprimere un contenuto attraverso un canale comunicativo estetico, tradotto con la grammatica dell’arte, ci premette di mostrare le nostre parti sane, creative e produttive. Possiamo esprimere le immagini interiori e riconnetterci con l’esterno attraverso i diversi trattamenti terapeutici indicati dal nostro metodo di lavoro di decodifica. L’attivazione dei tre occhi (relazionale, fenomenologico e psicologico) ci consente di vedere la persona nel modo più completo e proporle un trattamento specifico, che segue un metodo definito e degli obiettivi chiari. L’arteterapeuta ha una grande responsabilità: vedere fragilità e risorse, bilanciarle, fare in modo che la persona viva se stessa per com’è, traendo il massimo della felicità da ciò che realizza per sé stessa e nel tempo che si dedica.
Caos e perfezione. Hai in programma eventi e progetti?
Nei mesi futuri ho alcuni progetti in fase di start-up, tra cui un laboratorio in sinergia con le scuole superiori e alcuni workshop da definire nell’area del benessere. Ogni evento, anche di un solo incontro, sensibilizza le persone a regalarsi un po’ di tempo per sé. La mia idea è arrivare preventivamente sui disturbi, per arginare i sintomi, le fasi acute, le cronicizzazioni, anche se il lavoro di prevenzione è considerato spesso costoso e superficiale. Per la vita invece ho in programma dei sogni. Sogno di aprire un atelier da abitare con i miei progetti. Sogno di poterlo condividere con le persone, pazienti che incontrerò nella mia vita, con la profonda convinzione che amare ciò che si fa è il primo atto terapeutico che doniamo alle persone di cui ci prendiamo cura.