Lavoro e arte terapia: conversazione con Angela Presciuttini

Lavoro e arte terapia: conversazione con Angela Presciuttini

Arte terapia e lavoro. Con l’arte terapia è possibile potenziare se stessi in modo da migliorare nelle attività professionali: utilizzarla come forza propulsiva, per migliorare la tecnica operativa. Ne abbiamo parlato con Angela Presciuttini, arteterapeuta e career counselor. Dal 1994 lavora nell’educazione e nella formazione, come docente e consulente, nello sviluppo delle risorse personali, delle metodologie per l’apprendimento e dell’orientamento. La sua attività è diretta a adolescenti e adulti. La abbiamo interpellata in merito al suo ambito specifico e abbiamo scoperto che il concetto può essere allargato: dall’arte si può partire per recuperare la propria vita privata. Si può agire, quindi, in modo da abbracciare l’esistenza nella sua completezza, per viverla a tutto tondo. Ecco la conversazione.

Arte terapia e lavoro. La sua visione dell’arte terapia prevede che i linguaggi espressivi siano utilizzati per sviluppare consapevolezza e capacità di scelta nell’affrontare esperienze personali e professionali: ce ne parli.

Lavoro e arte terapia: conversazione con Angela PresciuttiniLa vita, in tutti i suoi aspetti (banale dirlo), ci mette continuamente alla prova chiedendoci di affrontare situazioni difficili, di sviluppare flessibilità e capacità di scelta, di uscire da schemi rigidi e guardare il mondo e noi stessi in un modo che sia generativo di nuove possibilità e soluzioni, e per questo creativo e positivo. Spesso le persone sentono di non “potere” incidere sulla propria esistenza, nelle relazioni, nella vita lavorativa; non si sentono parte attiva nella soluzione dei problemi che li affliggono, bensì “vittime” di qualcosa di esterno, o interno, che impedisce loro di raggiungere obiettivi e trasformare la propria vita. In tutto ciò, ovviamente, anche l’assunzione di responsabilità (intesa come capacità di rispondere alle situazioni) viene meno e così l’autostima, la motivazione, la percezione delle proprie capacità e risorse, la sensazione di potercela fare e influenzare in modo efficace la propria realtà. Nella mia visione, l’arteterapia diventa veicolo di coinvolgimento, presa di coscienza e trasformazione per potenziare tutte quelle risorse che ci fanno sentire che “possiamo” diventare protagonisti della nostra vita e affrontare le situazioni con più forza, fiducia e possibilità di scelta. In una parola, diventa strumento di self-empowerment.

La magia che i linguaggi espressivi ci porgono su un piatto d’argento è che attraverso il processo creativo, l’utilizzo dei materiali, tutto ciò si concretizza attraverso forze dinamiche che è possibile osservare, percepire, “vedere” nell’opera realizzata e nel percorso fatto per arrivarci, che si tratti di disegno, dipinto, scultura, collage. E quello che è potente, è che colui che l’ha creata “vede”, “percepisce” egli stesso e ha l’opportunità di portare alla luce messaggi che emergono direttamente dal proprio inconscio in modo sorprendente, inaspettato. Vorrei aggiungere che tengo in particolare a lavorare con le storie professionali delle persone. La questione “lavoro” è molto attuale, sentita, vissuta all’interno delle famiglie e sempre più spesso diventa importante acquisire maggiori abilità nell’esprimere il proprio disagio, accoglierlo e trasformarlo in scelte e soluzioni. In questo, chiaramente, sono direttamente influenzata e supportata dalla mia esperienza ventennale di career counselor.

Arte terapia e lavoro. Come il lavoro, l’arte terapia ha i suoi strumenti. I materiali sono importanti nell’arte terapia? Perché?

I materiali (tempere, matite, carta, creta, acquerelli, stoffa, foglie e fiori e tutto quello che è possibile utilizzare in una creazione), la loro varietà, così come il modo di utilizzarli e trasformarli sono fondamentali. Il fatto che quell’opera sia stata realizzata scegliendo un materiale piuttosto che un altro, non è indifferente: al contrario, fa la differenza eccome. Prendere un pezzo di creta, percuoterlo, lisciarlo, bagnarlo, accarezzarlo, strapparlo, piuttosto che realizzare un’immagine del tutto simile per contenuti con le tempere che scorrono sul foglio o con le matite, ci racconta storie, processi, sentimenti, movimenti, reazioni completamente diversi.

La finalità, nell’utilizzare tanta varietà di materiali, è quella di offrire ai partecipanti le maggiori opportunità di esperienze sensoriali, cognitive ed affettive, poiché ogni materiale, proprio grazie alle sue caratteristiche, provoca emozioni del tutto differenti.

Desidero sottolineare che ritengo essere questo uno dei punti di maggior valore dell’esperienza di arteterapia: la scelta e l’uso del medium artistico deve poter attivare nel partecipante risposte evocative ed associative a partire da quelle sensoriali, nello sperimentare la capacità di trasformazione illimitate della creta, piuttosto che la scivolosità del materiale ad acqua o la possibilità di controllo di matite o pennarelli.

Arte terapia e lavoro. A che servono “i ferri del mestiere”

Ogni materiale e tecnica utilizzati (che si concretizzano poi in un’opera) si porgono come specchio dell’esperienza interiore dell’artista e del suo modo di esplorare il mondo e di mettersi in relazione con esso. Nella produzione artistica, i materiali sono gli intermediari fra il nostro mondo interiore e la sua manifestazione esteriore e ci danno la meravigliosa opportunità di realizzarla in una forma percepibile, sensibile. Sono quelle parole che non riusciamo a pronunciare, quei sentimenti che chiedono essere espressi e accolti, quei pensieri confusi che, grazie al processo creativo, siamo in grado di collocare e riordinare. Rappresentano il nostro vocabolario sensoriale, che parla direttamente dall’inconscio, è libero da preconcetti e fugge quello che sappiamo già (o crediamo di sapere) sul mondo e sui noi stessi. In arteterapia tutto ciò ha una rilevanza fondamentale. La domanda non è più soltanto “che cosa ho realizzato?”, bensì “come?”. Attraverso le loro numerose qualità e caratteristiche, i materiali ci regalano il potenziale per una forma di comunicazione altamente sviluppata, dalle mille sfumature percepibili e descrivibili in modo diretto. Quello che le parole perdono, le immagini trovano.

Anche l’arte terapia è un lavoro. Come si determina il suo approccio, non clinico ma rivolto alla narrazione? Come è fatto il suo atelier?

Siamo fatti di storie. Quello che viviamo, rielaboriamo e restituiamo al mondo viene continuamente immaginato, raccontato, interpretato, consolidato, trasformato attraverso la narrazione della nostra vita: un concatenarsi di eventi a cui noi – e prima ancora di noi chi ci ha educati – attribuiamo un senso. Anche i sogni sono narrazioni. C’è sempre un raccontare di sé e un raccontare di altro da sé, il mondo. Raccontare ci permette di definirci, di definire quello che è altro da noi, di costruire significati. Quello che percepiamo e come lo strutturiamo è l’esperienza che viviamo.

Arte terapia e lavoro: potenziamento delle risorse individuali

Il potenziamento delle risorse individuali e la definizione di chi siamo sono elementi fondamentali nel dare senso alla nostra vita, alle esperienze, a quello che a volte sembra che non ce l’abbia, un senso. Chi siamo? Qual è la nostra storia? Quali sono I “personaggi” che popolano la nostra vita? Cosa lega fra loro tutti questi elementi? Raccontando – e nel caso dell’arteterapia farlo attraverso molteplici linguaggi – possiamo modificare le nostre convinzioni, ampliare i punti di vista, dare un senso a quello che ci accade, ai comportamenti nostri e degli altri. La nostra vita è dunque un testo che possiamo di volta in volta reintepretare e trasformare, liberando risorse che ci permetteranno di agire con più scelta, di cambiare la storia.

Poterlo fare con l’arteterapia, con il linguaggio non-verbale, creativo, che ci chiede di aprirci e sospendere il giudizio (spesso pre-giudizio) sulla nostra e le altrui storie, diventa un modo straordinario di conoscere e far crescere la consapevolezza. Il mio atelier è uno spazio sicuro dove ci si permette il tempo per potersi raccontare e per ascoltare, senza giudizio, da soli o in gruppo. Ci sono materiali di tutti i generi sugli scaffali a cui si ha libero accesso, proprio perché – come abbiamo visto – la possibilità di sperimentare e comunicare avendo a disposizione molteplici consistenze, modalità, media, colori e strumenti, arricchisce il nostro vocabolario e, così, le possibilità espressive dell’immaginario. Creta, colori, carte di più consistenze e tipologie, materiali naturali e di riciclo: tutto questo ci incoraggia nell’esplorare il nostro mondo interiore, imparando a fidarci del processo creativo con maggiore libertà.

 

Arte terapia: acquisire una tecnica pittorica può aprire una serie di chance nel mondo del lavoro. Ma c’è di più. Potrebbe illustrarci casi salienti?

Questa è l’opera di D., una giovane di 32 anni con Sindrome di Down. Quel giorno era arrivata in laboratorio di pessimo umore e per un po’ se ne stette lì, irrequieta. Poi, ad un tratto di alza e va a prendere un grande cartoncino Bristol, nero, e sceglie i gessi per lavorare. I gessi sono un materiale molto morbido e colorato, che scivola facilmente sulla carta, lasciando anche la possibilità di mescolare I colori. Ebbene, D. prese I gessi e si mise a lavorare alacremente, in piedi, coprendo completamente questo spazio-contesto “nero” e ampio, che aveva scelto. Ricordo ancora come era totalmente presa dalla sua opera, china su di essa, e mentre procedeva, a mano a mano, un sorriso spuntava sul suo volto e il suo corpo iniziava a ballare. Una volta finito, il suo umore era completamente cambiato. La chiamò “Alba” perché, disse, dopo la notte arriva il giorno. A volte non servono grandi descrizioni verbali, l’atto, il gesto, il processo creativo sono già trasformazione in sé. E la storia cambia.

 

Arte terapia e lavoro, arte terapia e vita privata. Come reagire.

Questa è l’opera di S., una donna di 40 anni, divorziata da quasi dieci anni, che all’epoca non era ancora riuscita a rifarsi una vita sentimentale, chiusa come era in questo lutto perenne che aveva ricacciato profondamente dentro di sé, facendola gettare nella vita professionale in cui aveva successo ed era stimata. Era una donna brillante, benvoluta, che viveva una solitudine negata, compensata dalla sua vita sociale, lontana da grandi coinvolgimenti emotivi. Aveva scelto lei di separarsi, perchè l’esperienza della fedeltà tradita in modi che l’avevano ferita profondamente, l’aveva segnata e le impediva di avere nuovamente fiducia in un rapporto e soprattutto nella propria capacità di scegliere un compagno con cui costruire una relazione positiva.

Quest’opera, realizzata in modo completamente spontaneo, non progettato, è a tempera, materiale che non amava particolarmente di solito, perché diceva che le faceva sentire di “non avere il controllo” sui segni che tracciava, sui propri movimenti (le tempere ad acqua scivolavano morbide sul foglio e – nel suo caso – la resero consapevole di quanto, in realtà, stesse controllando le proprie emozioni), le diede l’opportunità di “vedere” d’un colpo, quanto in realtà si sentisse “povera”, “sola”, in un ambiente poco accogliente, freddo, difficile e forse anche pericoloso da attraversare nella sua esperienza. Si trovava in mezzo a un viaggio che l’aveva messa alla prova duramente. Questa era la sua “narrazione”: riconoscere quello che c’è, i propri sentimenti, è il primo passo verso una trasformazione.

La rosa, che nonostante tutto spunta rigogliosa e sana da quel gelo, è un simbolo ricorrente quando si tratta di amore, di coppa della vita contenitore di tutti i sentimenti. E’ importante non interpretare mai in modo stretto e fisso i simboli, perché davvero ognuno potrebbe averli scelti per motivi diversi e raccontarli in modo diverso. Diciamo che in questo caso, per S. la rosa era la manifestazione di una profondità, tenerezza, perfezione sentimentale nella relazione, che forse aveva idealizzato, e che pertanto aveva lasciato dietro di sé, buttando via – come si dice – il bambino con l’acqua sporca, ricacciando insieme alla delusione, all’ideale tradito, la sua capacità di amare.

Il viaggio ci mostra come, sul lato destro in alto, si intraveda una luce calda, un desiderio a questo punto “dichiarato” attraverso l’opera, di essere di nuovo felice, qualcosa che fino a quel momento negava. Questo dipinto fu per S. il punto di partenza per un nuovo percorso e la presa di coscienza di quello che sentiva rispetto ai rapporti uomo-donna, che poteva provare a considerare di non essere vittima di un contesto gelido e privo di amore, e che desiderava iniziare a considerare di aprirsi a nuove possibilità tornando ad avere fiducia in se stessa.

About Isabella Lopardi

Isabella Lopardi ha lavorato come giornalista, traduttrice, correttrice di bozze, redattrice editoriale, editrice, libraia. Ha viaggiato e vissuto a L'Aquila, Roma, Milano. Ha una laurea magistrale con lode in Management e comunicazione d'impresa, è pubblicista e redattore editoriale. E' preside del corso di giornalismo della Pareto University.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Translate »