Il Censis, per la prima volta, ha posto in essere un’indagine sui farmaci oncologici di nuova creazione. Hanno promosso l’indagine anche Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) e Favo (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia). I dati sono presenti nel VII Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, presentato oggi al Senato. Non soltanto la disponibilità dei farmaci è lontana dall’essere immediata, ma molto dipende dalla regione nella quale si vive.
Farmaci anti-cancro: quanto tempo per usufruirne?
Tre anni, per essere precisi un totale di 1070 giorni, sono necessari perché il paziente possa di fatto usufruire di un farmaco anti-cancro. Deve pronunciarsi l’Ema, agenzia regolatoria europea, il che richiede ben 400 giorni. 570 giorni sono necessari perché si pronunci l’Aifa, Agenzia italiana del farmaco. C’è poi una terza fase, svolta dalle Regioni, con l’inserimento del farmaco nel Prontuario terapeutico ospedaliero regionale (Ptor). Si parla di cento giorni, ma i numeri cambiano da territorio a territorio: 170 giorni in Calabria (il massimo) e 40 in Umbria. Sono più tempestive nella somministrazione effettiva dei farmaci le regioni prive di prontuario terapeutico ospedaliero. Le lentezze burocratiche portano a un vero e proprio razionamento dei farmaci.
Il campione preso in considerazione ha riguardato dieci regioni (Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto) e sono stati presi in considerazione 16 farmaci oncologici, ora in commercio. Di chi è la colpa? Le riunioni delle commissioni tecnico-scientifiche regionali, per esempio, spesso sono poco frequenti. Può anche capitare che le indicazioni terapeutiche siano tagliate, lasciando fuori alcuni pazienti dal diritto alla cura.
La trafila varia, oltre che da regione a regione, da un’Azienda ospedaliera all’altra. In questo contesto, ottenere il farmaco adatto alla propria patologia non è un dato legato alla medesima, bensì alla fortuna e alla residenza.