Curare il diabete, anche a tavola: c’è chi indica la ciliegia come frutto adatto a questo tipo di malati, perché contiene levulosio, uno zucchero senza controindicazioni. Ci sono persone, tuttavia, che non si curano per questa pericolosa patologia: tra tre milioni di pazienti, si sottopone a trattamenti soltanto un individuo su due. Le terapie, del resto, sono complesse. Dei due milioni di individui cui vengono prescritti gli ipoglicemizzanti orali (due o tre pillole al giorno), 1,3 milioni abbandonano le prescrizioni e lasciano andare il pericoloso decorso del diabete, che conta 27mila decessi ogni anno (ogni 20 minuti un diabetico muore, ndr): l’aspettativa di vita dei pazienti è di 5, 10 anni inferiore alla norma. Di 800mila persone in Italia con diabete di tipo 2, 200mila smettono di curarsi. Ne scaturiscono complicanze come retinopatia ed insufficienza renale. Il sistema sanitario nazionale, in questo modo, vede lievitare i costi sociali. Al mondo, un dollaro su 9 di spesa sanitaria è provocato dal diabete: nel 2014, parliamo di un costo complessivo di 612 miliardi di dollari.
Le terapie sono difficili da applicare e i pazienti diabetici non vedono per sé altra scelta che lasciarsi morire. Come rispondere a un tale stato di cose? E’ necessario che la terapia sia efficace e sicura, abbia pochi effetti collaterali; che sia invisibile, indolore, pronta all’uso: in una parola, comoda, e possibile da somministrare poche volte al mese. Oggi dalla terapia orale, che prevede l’assunzione di anche tre farmaci al giorno, si passa alla fastidiosa insulina da iniettare. Se ne è parlato a Boston, al congresso della American Diabetes Association, che si conclude oggi.
Comunicare con il medico per gestire meglio la malattia
Non bisogna dimenticare, nel gestire il problema, la comunicazione tra medico e paziente quando si aggiunge una terapia. Si tratta di un momento difficile per il paziente, quello in cui gli viene detto che deve assumere un farmaco in più. IntroDia è un sondaggio internazionale, quello a più ampio raggio, che si è rivolto per quanto concerne queste argomentazioni a 4.235 soggetti con diabete di tipo 2 in 26 paesi. Si è visto che quando i pazienti hanno riscontrato alta qualità del dialogo, hanno migliorato la gestione della malattia e non hanno avuto problematiche psicologiche. Il disagio in relazione alla patologia è stato minore, si è svolto più esercizio fisico e la dieta è stata rispettata. La terapia, naturalmente, non è stata abbandonata, ma seguita passo dopo passo. Nel corso del sondaggio sono state analizzate le conversazioni medico-paziente: sono stati posti in risalto i dialoghi iniziali con il medico al momento della diagnosi.