Greve, come un passaggio dell’Eneide. Etruscology inizia così, con una musica cupa, forse chissà, come deve’essere quella dell’Ade. Ma è solo un attimo, poi il ritmo prende vita, il tempo accelera ed ecco che ci si ritrova all’inizio del Novecento, tra jazz e bossanova, e poi oltre, fino ai giorni nostri, passando attraverso schiette sonorità mediorientali, sfumati accenni di flamenco, persino di tango, ma soprattutto un generoso omaggio alla musica greca. Il risultato è una musica struggente, che fa sognare.
E’ la ricetta di Etruscology l’ultimo album firmato da Fabrizio Bai, con Massimo Guerri, Andrea Beninati e Maurizio Costantini.
Otto brani dove la chitarra gioca con le vibrazioni di un clarinetto spesso protagonista, sassofono e violoncello si insinuano elegantemente tra le pieghe di un’onda ritmica tutta mediterranea. Più voci che dialogano stemperate dalle percussioni e in sotto fondo il calore del contrabbasso. Provate ad ascoltare “Choro Toscano”, per esempio.
Etruscology è davvero un album curioso perché si ispira a quella che fu la musica Etrusca. “Purtroppo non sono giunte fino a noi partiture o metodi che ci potessero far sentire le melodie e i ritmi uditi nel passato”, racconta Bai. “Fortunatamente però abbiamo a disposizione molte immagini di strumenti musicali dell’epoca e, in alcuni casi, sono stati trovati anche resti ben conservati di strumenti musicali. Ciò a permesso di individuare quali note questi strumenti potessero suonare”.
La ricerca effettuata nei musei toscani, in particolare nel museo archeologico di Sarteano e lo studio della musica greca, che influì moltissimo su quella etrusca, hanno permesso a questo gruppo di giovani musicisti toscani di creare brani originali che rispettano le regole della musica antica. Un esempio per tutti: il brano “Etruscology” segue la modalità dorica, che deriva dalla cultura greca, mentre nel brano “Ombre della sera”, sono state usate note ricavate dai resti di un flauto etrusco.