Pasqua e la ricetta del capretto: adatta per ogni palato. Ma andiamo con ordine. Vi racconto una storia. E’ una favola che riguarda un territorio. Dove l’agricoltura biologica è un’abitudine che si perpetua da millenni. Dove i monti forniscono le erbe per nutrire gli armenti e accompagnare i piatti. Dove il nutrimento è essenziale e permette di cimentarsi in una dieta equilibrata. Dove cucinare è sempre acquisire ingredienti a chilometro zero. E dove si forniscono esempi che si distinguono a livello nazionale, forniti da imprenditori illuminati. Siamo in Abruzzo.
Si tratta di un racconto tramandato in silenzio, che ora è alla ribalta nelle azioni dei protagonisti.

Letizia Cucchiella ha partecipato alle selezioni di Cuochi d’Italia. Ieri contro la Basilicata ha offerto una prestazione magnifica, ha brillato: il suo pubblico è in crescendo. Propone piatti della tradizione: piatti che riflettono uno stile di vita. Con abitudini che le nuove tendenze della cucina internazionale non hanno fatto altro che avallare, applicandole. La abbiamo raggiunta e intervistata. Ecco le sue parole.
Ti presenteresti ai nostri lettori?
Eccomi qua. Sono Letizia Cucchiella, ho sempre lavorato nella ristorazione, nel 1989 insieme alla mia famiglia abbiamo aperto un ristorante, “l’Ostello del cavaliere” a S. Stefano di Sessanio.
Successivamente mi sono sposata e con mio marito Nicola ci siamo trasferiti a San Pio delle Camere, dove abbiamo aperto un bar, pizzeria e cucina. Il terremoto ci ha fatto cambiare strada e ora mi trovo a L’Aquila con l’ultimo progetto realizzato: si chiama Rosticciami.
Ci parleresti delle sfide in Cuochi d’Italia?
Ho partecipato alle selezioni di Cuochi d’Italia per conoscere i tre chef che sono per me simbolo della cucina italiana (ma anche per vedere da vicino il bellissimo Alessandro Borghese).
La prima sfida è andata benissimo: ho strabiliato Tomei con la nostra coratella in agrodolce. Nella seconda sfida contro la Basilicata ho stupito lo chef Esposito con il capretto “cacio e ova”, con l’aiuto di Borghese che versava nella pentola l’uovo sbattuto con il formaggio. Si è formata una cremina perfetta, che ha ricoperto la carne nel modo giusto.
Che meraviglia: ci spiegheresti, nei dettagli, la ricetta?
Ricetta per 4 persone
1 chilogrammo di capretto
Olio extra vergine di oliva
Rosmarino
Vino bianco
Sale
Pepe
Aglio
3 uova
100 gr di pecorino semi-stagionato
Succo di mezzo limone.
Come si prepara. Pulire bene la carne dalle parti grasse, lavare e mettere in padella con olio e aglio, aggiungere il rosmarino tagliato piccolo piccolo; far cuocere, finché non si ritira tutto il liquido che tira fuori. Aggiungere il vino e far dorare per circa 15 minuti. Nel frattempo sbattere le uova con il formaggio e il limone.
Versare a filo la cremina sulla carne, a fuoco moderato. Servire subito.
Questo è un piatto tipico del periodo pasquale.
È un piatto ricco e unico, ma utilizzando pochissimo olio, un buon vino e carne di montagna si riesce ad avere un piatto squisito e non troppo pesante. Tutte le pietanze del pranzo di Pasqua, poi, devono essere accompagnate dalla “pizza di Pasqua”: una pizza/pane che può essere servita sia con i piatti salati, sia a colazione, con il latte.
La tua zona d’Italia è nota per lo zafferano: potresti dirci qualcosa in più in merito a esperienze e iniziative?
Con Nicola abbiamo deciso di metter su un’azienda agricola, producendo zafferano dell’Aquila dop. Produco zafferano dell’Aquila dop e faccio parte della neocostituita cooperativa Produttori uniti zafferano, con la quale commercializziamo, insieme ad altre due aziende, il nostro prodotto con una immagine comune.
L’Associazione Le Vie dello Zafferano, inoltre, realizza attività di promozione del territorio, attraverso manifestazioni ed eventi di carattere nazionale.
Salutiamo e ringraziamo Letizia.
Pasqua, agnello e capretto: sì o no?
Mentre parliamo, si susseguono campagne tali da togliere agnello e capretto dalle tavole degli italiani. Ognuno si nutre come intende fare. Ma bisogna ricordare che dietro alle carni ci sono famiglie che lavorano e cucinano sapientemente arricchendo queste fonti di nutrimento. Che i piccoli degli animali domestici sono sacrifici offerti alla divinità nel giorno di festa, “agnus dei qui tollis peccata mundi”. Parliamo di una tradizione di secoli e secoli, che a sua volta muoveva contro i sacrifici umani. Significa qualcosa per usi, costumi e religione. Abramo rispose (a Isacco, ndr): «Dio stesso provvederà l’agnello per l’olocausto, figlio mio!». (Genesi)
Nel rispetto degli esseri senzienti, non dimentichiamo il valore di una cultura.