Un osteopata in famiglia: 5 consigli per neonati e bambini

Un osteopata in famiglia: 5 consigli per neonati e bambini

Quando si diventa genitori, tutto cambia. Si parte da come arredare la cameretta del proprio bambino o bambina fino all’incontro con nuove realtà e professioni, come quella dell’osteopata.

Figura fondamentale non solo per adulti, ma anche per neonati (0-2 anni) e per bambini (2-16 anni), in tal caso si parla di osteopatia pediatrica.

L’osteopatia è ben nota agli italiani già da tempo, nonostante  sia stata ufficialmente riconosciuta solo lo scorso giugno 2021.

Questo è confermato dalla recente indagine secondo cui due italiani su tre conoscono l’osteopatia e uno su cinque, vale a dire 10 milioni di italiani, si è rivolto a questa figura.

“Grazie a un approccio delicato e mai invasivo, l’osteopatia è particolarmente indicata per il trattamento dei bambini e dei neonati, senza porre limite di età”, dice Irene Maccarini, l’osteopata di Parentsmile.

“L’osteopatia risulta essere una valida risorsa per il trattamento di tutte quelle problematiche legate alla prima infanzia, come il reflusso neonatale, le coliche gassose, le difficoltà legate alla suzione, la costipazione, il torcicollo, la plagiocefalia (deformità della testa), i disturbi del sonno.

Inoltre, grazie all’intervento osteopatico, si può seguire da vicino lo sviluppo motorio, intervenendo con semplici stimolazioni per permetterne un progressivo e fisiologico andamento.”

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Plagiocefalia: cos’è e come prevenirla

La plagiocefalia è una deformità della testa del neonato, presente dalla nascita o che si sviluppa durante i primi mesi di vita per il mantenimento prolungato della posizione a pancia in su.

In genere, se non è in forma grave, tende a risolversi senza particolari interventi.

La forma più frequente è la plagiocefalia posizionale.

Cioè dovuta al mantenimento della posizione a pancia in su e spesso con la testa ruotata da una parte, ed è legata alle caratteristiche delle ossa della testa del neonato.

“Anche se è importante che il bambino mantenga la posizione a pancia in su durante il sonno, soprattutto nei primi mesi di vita, la posizione prona, oltre a mettere le basi per un corretto sviluppo motorio, è un’ottima strategia per prevenire la più comune forma di plagiocefalia: quella posizionale.

In questa posizione il bambino è incentivato ad attivare la muscolatura cervicale che si inserisce sul cranio, evitando di trovare una sola posizione di preferenza e comodità”, dice Irene Maccarini.

Alcuni piccoli accorgimenti per prevenire l’insorgenza della plagiocefalia posizionale:
  • Alternare la posizione della testa (un po’ a destra e un po’ a sinistra) durante la giornata
  • Ruotare con delicatezza la testa del bambino anche mentre dorme se lui tende a non farlo spontaneamente
  • Cambiare l’orientamento della culla o del bambino, in modo che al risveglio possa ricevere stimoli visivi o uditivi dal lato verso cui si gira meno
  • Alternare sempre il braccio con cui si sostiene il bambino durante l’alimentazione. L’alternanza risulta più semplice con l’allattamento al seno, a seconda del lato a cui viene attaccato
  • Ruotare il capo dal lato opposto a quello preferito quando il bambino è posto nella fascia, nel marsupio o sul petto.

Il dialogo come esercizio muscolare

Nei primi mesi di vita i bambini riescono a vedere chiaramente fino a una distanza di 20-30 cm.

Per questo è importante avvicinarsi molto al loro viso affinché riescano a riconoscerci e a metterci a fuoco.

Sia in posizione prona che supina si può sfruttare questo momento per spostarsi lentamente nel campo visivo del bambino, da destra a sinistra, dall’alto al basso, ma anche in diagonale.

“In questo modo il bambino sarà incuriosito e stimolato a seguirci prima con gli occhi e poi con l’intero movimento del capo.

Sarà un bel momento di dialogo e di esercizio muscolare”, spiega l’osteopata.

Favorire il contatto faccia a faccia con il piccolo e poi fare in modo che il bambino segua la mamma non solo con gli occhi, ma anche con la rotazione laterale del capo è un ottimo esercizio anche per prevenire la plagiocefalia posizionale.

Seduti sì, ma in autonomia

“La regola è una sola: i bambini si mettono seduti da soli nel momento in cui sono pronti a farlo.

Spesso per comodità si posiziona il bambino seduto prematuramente, ma non si tiene conto delle conseguenze posturali che comporta questo semplice gesto”, dice Maccarini.

La struttura muscolo-scheletrica dei bambini deve prepararsi adeguatamente ad assumere questa posizione, accelerando questa tappa si sovraccarica la colonna vertebrale e questo potrebbe avere ripercussioni posturali.

La posizione seduta è una tappa fondamentale dello sviluppo motorio, è importante che i bambini la raggiungano autonomamente.

Camminare senza scarpe per attivare la muscolatura 

“È bene che i bambini imparino a camminare a piedi scalzi o con delle calze antiscivolo, questo permette loro di sperimentare al meglio e imparare a gestire l’equilibrio e il baricentro.

Inoltre camminare scalzi permette una migliore attivazione della muscolatura che andrà così a creare un arco plantare fisiologico.

Le scarpe vanno quindi usate esclusivamente fuori casa”, spiega Irene Maccarini.

L’importanza di lasciarli camminare liberi senza aiuto

Come per tutte le tappe motorie è bene dare l’opportunità ai bambini di sperimentare il più liberamente possibile.

Spesso si tende a incentivare la camminata dei bambini tenendoli per mano, ma è davvero un aiuto?

La risposta è semplice ed è no.

“Se il bambino non è ancora in grado di camminare da solo è perché la sua struttura non è ancora pronta ad affrontare questo grosso cambiamento.

Quindi aiutarli sorreggendoli per le braccia vuol dire anticipare una tappa motoria importantissima.

Sorreggerli per le braccia vuol dire non permettergli di sperimentare in modo fisiologico la camminata, anche se la trazione è leggera i bimbi non avranno modo di gestire autonomamente l’equilibrio e l’appoggio sui piedi e questo potrebbe portare ad adattamenti posturali scorretti, come per esempio imparare a camminare sulle punte.

Più li lasciamo liberi, più sperimentano in modo sano”, conclude l’osteopata.

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