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Arte&Show – Formale? Informale? Gerbino
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Arte&Show – Formale? Informale? Gerbino

12/09/2014

Isabella LopardiFormale e informale non sono due diverse anime d’artista: piuttosto due forme stilistiche, come ha testimoniato, concetto questo integrato nella sua carne e nel suo sangue, Pablo Picasso.
Artista poliedrico, che muove dal figurativo fino ad arrivare all’arte concettuale, Emanuele Maria Gerbino, quasi ventiseienne è originario di Asti, ma vive a Torino, dove lo abbiamo raggiunto.
Sottolinea l’atteggiamento dei galleristi italiani rispetto ai giovani emergenti: a suo parere, gallerie e istituzioni considerano un elemento negativo i nuovi lavori di giovani e ne limitano le esposizioni, in gallerie o fiere internazionali. Ha esposto a Roma, Londra e Torino; a Bra, nel 2013, ha partecipato a una mostra collettiva presso in Salone dei Rifiutati, in settembre. Un collega di Vittorio Sgarbi ha invitato Gerbino a partecipare a quest’ultima esposizione. Gerbino ha visto Sgarbi una sola volta. Poco prima il pittore eclettico aveva ottenuto la sua prima personale proprio a Torino, nel giugno 2013. Lavorando volentieri sui grandi formati, l’artista ha realizzato in questa sede la copia di un Caravaggio da due metri per tre, che vedete in figura. La tela era stesa per terra e le persone la potevano calpestare; “il fatto di calpestare un’opera come quella”, afferma l’artista, “ha lasciato un po’ il segno, perché la gente non se la sentiva. Perché vedono un Caravaggio, ma non capiscono che quello che calpestano non è Caravaggio ma un mio lavoro, una mia installazione. In questo contesto, l’opera non deve essere per forza elogiata e vista dall’alto nelle gallerie o nei musei, ma essere toccata e vissuta e calpestata”. In ambito figurativo, è la prospettiva a cambiare: affreschi e murales possono riprodurre cartoni animati. Al momento, Gerbino sta eliminando la pittura e inserendo elementi di arredo come opere d’arte, con significati diversi. Usa l’alfabeto cirillico come strumento d’arte, in video musicali.

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Con quale genere di arte ti senti più a tuo agio, figurativo o astratto e concettuale?
R. È corretto dire che ogni genere è adatto a determinati soggetti? Potresti fare qualche esempio?
Mi sento a mio agio con l’arte figurativa poiché presenta elementi molto più semplici e riconoscibili, ma al giorno d’oggi questo genere di opera viene visto come un elemento di arredo, come una fotografia, non sposta nulla; non inventa niente di nuovo. Per me è molto importante cercare di non abbandonare le mie radici figurative, ma allo stesso tempo, avendo studiato la pittura concettuale e astratta, ammetto che un semplice colore buttato sulla tela riesce a rendere lo stesso fascino di un’opera iper-realistica.
Secondo il mio parere un determinato soggetto va contestualizzato per una diversa forma artistica, tendo di solito a cercare di trarre da quel determinato soggetto l’essenza del messaggio che voglio lanciare, accostando l’essenza del soggetto a una forma artistica.

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Il frequentatore della mostra dovrebbe essere posto nelle condizioni di entrare nell’opera d’arte. È avvenuto in tue mostre personali, in quale occasione? L’opera d’arte è ancora bi-dimensionale?
R. Lo spettatore non deve essere prevenuto nei confronti di un opera d’arte contemporanea. Io come prima persona lo ero e per me non esisteva altro che la pittura formale, classica ed equilibrata dove il messaggio era l’unico mezzo figurativo; adesso trovo molto interessante il fine, la poesia celata anche solo in un materiale buttato a terra ma che rivela l’anima e lo studio del percorso fatto dall’artista. Mi è successo nella mia prima personale, con l’installazione 220, che gli spettatori fossero affascinati dal messaggio che ho lanciato con quest’opera, tuttora esposta in galleria. Per me la pittura è ancora bidimensionale, perché sono legato “tecnicamente”dalla metodologia classica anche nelle mie opere contemporanee: cerco di non mescolare mai due tipi di pigmenti diversi tra loro.

Gli elementi d’arredo, in un’istallazione, possono sostituire la pittura? È così che un’opera d’arte diventa il contesto nel quale si muove lo spettatore?
R. Un elemento d’arredo diventa opera d’arte e quindi assume un valore semioforo, perde il suo valore attuale e si esalta l’aspetto filosofico e artistico che l’artista gli conferisce, se per esempio voglio trattare di un argomento di cronaca e voglio dare l’idea della morte, dello scomparso, oppure della mancanza di umanità di certe situazioni, posso decidere semplicemente di lasciare una sedia vuota in mezzo alla stanza; è cosi che quella sedia assume un altro valore, decontestualizzata dal suo uso originale.

Come utilizzi i caratteri cirillici nelle tue opere? Come reinterpreti i video musicali russi?
R. Io principalmente mi sono appassionato alla musica e alla cultura russa, la mia prima tesi di laurea fu proprio l’evoluzione della pittura russa dalle origini fino agli anni degli Zar, mentre la mia seconda tesi di biennio specialistico è stato uno studio sociopolitico della Russia contemporanea e dei fatti di cronaca avvenuti dopo l’avvento di Putin al Cremlino di Mosca.
Mi ha sempre appassionato la cultura, lo studio della lingua e della scrittura: i video musicali come i film e telefilm sono un modo contemporaneo attuale nel quale la società vuole lanciare idee, messaggi, insomma tutto, io con i video  musicali russi lancio dei messaggi, con il colore del video musicale predominante e con un testo che si avvicina al messaggio che voglio dare.

Il tuo rapporto con i grandi del passato e con il Caravaggio ha formato certamente il tuo rapporto con il colore. In che modo? Quale caratteristica del colore a olio te lo fa amare?
R. Il mio approccio con i grandi del passato è stato soprattutto il desiderio di poter essere come loro in ambito tecnico, se riuscivo a utilizzare il pennello e a dare una perfetta sensazione di profondità, tridimensionalità e inganno, allora sapevo che ero arrivato al loro stesso livello, che possedevo la padronanza della tecnica e che potevo occuparmi dello studio del contemporaneo, il mio approccio con il colore a olio è stato di intenso studio, tanto che non ho mai provato ad usare altro poiché  avevo questi obiettivi; c’è inoltre da dire (per quanto possa essere strano) che il colore ad olio è la tecnica più semplice in assoluto. GERBINO4

La tecnica dell’affresco, per esempio, è sorpassata o può essere applicata in chiave moderna?
R. La tecnica dell’affresco non è sorpassata ma per quanto mi riguarda è un lavoro su commissione, per lavori di ampliamento dello spazio, molta tecnica molta illusione, bello da vedere ma secondo me niente di più.

Stai partecipando a competizioni tra artisti in questo momento?
R. Attualmente sto partecipando a una biennale virtuale su Facebook, curata da Giorgio Gregorio Grasso, in base ai like che le persone postano sulla tua opera: a fine dicembre ci sarà la semifinale e i vincitori potranno fare delle mostre itineranti in Italia e all’estero.

Parlaci della tua attività da interior designer.
R. La mia attività da Interior designer diciamo che scarseggia, attualmente sto finendo il master presso l’Istituto Europeo di Design di Torino: rispetto ai miei colleghi sono molto svantaggiato, poiché arrivo da una scuola d’arte e non da una facoltà di Architettura o Ingegneria, dove le capacità informatiche sono molto richieste.

Hai avuto esperienze all’estero? Che cosa hai imparato?
R. Ho avuto esperienze all’estero; là non mi sono trovato bene perché era la prima volta che mi chiamavano, per poter esporre in una galleria a Londra, ma si rivelò una truffa: ho speso molti soldi per poterla fare, ma diciamo che è stata colpa mia, perché ho cercato in internet il modo di poter esporre le mie opere, ma bisogna diffidare da tanti siti che si rivelano situazioni poco chiare.

Intervista di Isabella Lopardi

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