Lifestyle-Il sogno infranto di vivere a New York

emilioVivendo a New York ci sentiamo chiedere spesso quanto sia speciale, avvincente, positivo, sensazionale, irrinunciabile, clamoroso e interessante vivere a New York.

Di solito chi ci fa queste domande (e scrivo “di solito”…) è qualcuno che non vive a New York. Di solito, chi sente così sincero ed esplosivo il mito di New York non vive qui. Poi scopro un’analisi perfettamente coincidente a ciò che (temo) sia la nuova sensazione che percepisco circa New York… la gente che abbandona Manhattan, le persone che fuggono New York. E’ da un anno almeno che sto captando la difficoltà di quelli (taluni amici, altri che invece finiscono nelle news o negli studi macroeconomici) che non si possono più permettere di vivere a New York e lasciano. Premessa: non ho mai subito “il mito” di New York. Ho affrontato New York come si affronta un lavoro: con circospezione, con attenzione, cercando di dare il meglio di me stesso e di apprendere il più possibile, cercando di guadagnare piuttosto che perdere solidi e cercando di sviluppare relazioni sociali positive, che offrano occasioni culturali, umane e professionali oltre ad incentivare un futuro sereno. Fuga da NYC 02

Però ho sempre tenuto gli occhi aperti, ho cercato di raccontare New York come un luogo che miete vittime mentre cresce nuovi palazzi oltre ad offrire trofei. Ora Andrea Marinelli per il Corriere della Sera fa il punto (con estrema precisione) sulla grande fuga dalla Grande Mela. In questa sua analisi non può non citare la fuga degli artisti che sono sempre i più sensibili nel misurare il costo della vita (cita anche il libro di Sari Botton: Scrittori a proposito dell’amore e dipartita dalla Grande Mela).

«New York non era solo una città, era un’idea infinitamente romantica, il misterioso legame che teneva insieme tutto: amore, denaro e potere, il sogno stesso luminoso e deperibile», scriveva Joan Didion in un saggio dal titolo “Addio città incantata” (titolo originale “Goodbye to all that”), pubblicato nel 1967 per cercare di spiegare l’addio a New York, neppure trentenne.

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Se oggi a New York vivono circa 400.000 milionari è altresì vero che quasi il 50% dei cittadini è prossimo alla soglia di povertà se non ne è già al di sotto. Il divario fra ricchi e poveri è il maggiore degli U.S.A.: l’1 per cento più ricco guadagna il 45% del reddito totale della città e tra il 2007 e il 2011 gli affitti sono aumentati nonostante i prezzi delle case siano calmierati.

Fuga da NYC 05In 10 anni i newyorkesi che guadagnano oltre 1 milione di dollari sono quasi raddoppiati (arrivando ad essere piu’ di 20.000) però, nello stesso decennio, sono aumentati anche i poveri (100.000 in più) divenendo il 21% dei cittadini che oggi vive al di sotto della soglia di povertà. Ma l’emorragia di concittadini è ancor più drammatica quando si scopre che non sono i poverissimi ad andarsene ma le menti creative-artistiche di New York e la classe media. Molti non possono più permettersi affitti da capogiro, nonostante ciò la crescita della popolazione, dovuta a migrazione internazionale, c’è stata, eccome. New York conta ufficialmente 8.3 milioni di abitanti. Se Manhattan fosse una nazione (scrive il New Yorker), il gap fra il 20% più ricco e il 20% più povero sarebbe in linea con quello di nazioni come Sierra Leone, Namibia o Lesotho. Può darsi che sia anche per questo che non ho mai risentito del richiamo di New York.

Emilio Paschetto, New York

 

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