Le meduse appartengono ai Celenterati, sono fatte al 90% di acqua e costituite da un corpo centrale (Ombrella) dal quale si dipartono i tentacoli che al contatto sono spesso causa di profonde irritazioni. Nel mar Mediterraneo la più diffusa è indubbiamente la Pelagia nuctiluca, una medusa abbastanza velenosa, di circa 10 cm di diametro, dal colore che va dal trasparente al violaceo caratterizzata da lunghi filamenti e dal fatto che è spesso possibile incontrarla in branco.
Quali sono le specie di meduse più diffuse nei mari italiani?
Secondo una mappa redatta dall’Ismar-Cnr i nostri mari sono popolati da diverse specie di meduse, alcune delle quali estremamente pericolose e potenzialmente letali.
Tra le specie di meduse non letali possiamo citare:
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Pelagia noctiluca: è nota anche con il nome di medusa luminosa. E’ originaria del mar Mediterraneo ma è molto facile incontrarla sia nel mar Tirreno che nel mar Adriatico. Ha un colore che va dal marrone al violetto, tentacoli che possono raggiungere un metro di lunghezza e diametro compreso tra i 10 e i 15 cm. Il contatto con l’uomo provoca forti irritazioni ma non è considerata una specie letale.
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Cotylorhiza tubercolata: nota anche come Cassiopea mediterranea. E’ molto diffusa nel mar Tirreno. Ha tentacoli corti che terminano con dischetti di colore blu-violaceo e si presenta con un colore che va dal bianco al giallastro e un bordo frastagliato di colore verde. Può raggiungere i 35 cm di diametro. Non è considerata una specie particolarmente pericolosa.
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Rhizostoma pulmo: nota anche come polmone di mare. Questa medusa è originaria del mar Mediterraneo, ma si può incontrare molto facilmente sia nel mar Adriatico che nel Mar Ionio. Il colore è tendenzialmente trasparente con bordi irregolari blu-violacei, i tentacoli sono sfrangiati e trasparenti. Può raggiungere fino a 50-60 cm di diametro e 10 kg di peso. E’ considerata una specie tendenzialmente innocua
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Velella velella: nota anche con il nome di barchetta di San Pietro. E’ molto presente nel mar Tirreno e soprattutto nel periodo primaverile è possibile osservare spiaggiamenti che dipingono la battigia di un classico colore celeste a causa dei pigmenti che proteggono la medusa dai raggi solari. In genere vive in colonie a 10 cm dalla superficie marina e ha un diametro di 7 – 8 cm. Non è considerata una specie innocua.
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Aurelia aurita: nota anche come medusa quadrifoglio. E’ possibile incontrarla principalmente sul Gargano e lungo le coste del mar Adriatico. Si presenta di colore tendenzialmente trasparente e un diametro che può arrivare anche a 20 cm. Non è considerata una specie letale ma risulta essere urticante.
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Phyllorhiza punctata: è una medusa originaria dell’oceano indiano e dell’oceano pacifico. Ha un corpo che può raggiungere i 60 cm di diametro e un colore bianco – bluastro con diversi puntini bianchi. E’ considerata una specie innocua per l’uomo.
Tra le specie di meduse letali presenti nei nostri mari possiamo citare:
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Physalia physalis: meglio nota come Caravella portoghese. Non è una vera e propria medusa ma un aggregato di 4 diversi organismi, reciprocamente dipendenti per la sopravvivenza. E’ arrivata dal canale di suez e la sua presenza nei nostri mari è direttamente collegata all’aumento della temperatura media dei mari. Si presenta trasparente con colorazioni che vanno dal blu al rosa ed al viola. Il suo aspetto ricorda quello di una caravella. I suoi tentacoli possono raggiungere una lunghezza anche di 30 metri. Uno dei suoi più temuti predatori è la tartaruga comune (Caretta Caretta)
Ad oggi è stata avvistata al largo della Sicilia della Sardegna e di Villa San Giovanni
In caso di contatto con questa medusa l’unico rimedio possibile è immergere le parti colpite dai tentacoli in acqua calda ad almeno 50 C°. Il veleno è infatti termolabile e in questo modo le tossine vengono disattivate. E’ considerata una specie letale per l’uomo.
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Rhopilema nomadica: a rendere molto pericolosa questa specie è la sua somiglianza alla Rhizostoma pulmo (polmone di mare) che è una specie innocua. La principale differenza consiste nella mancanza del caratteristico bordino blu-violaceo. E’ stata avvistata nello Stretto di Messina e nelle coste della Sardegna. E’ considerata una specie letale per l’uomo.
Quanto vive mediamente una medusa?
In genere le meduse hanno una durata di vita che oscilla da poche ore a qualche mese, tuttavia esiste una specie denominata Turritopsis nutricula che, grazie alla sua capacità di ringiovanire le proprie cellule tramite una sorta di inversione del ciclo vitale, riesce a dare vita ad individui potenzialmente immortali. Questi processi di ringiovimento sembrano essere riconducibili sia a fattori di tipo ambientale che di tipo mutageno.
E’ vero che il numero di meduse nei mari italiani è aumentato nel corso degli anni?
Si, è vero. Secondo alcune ricerche dell’Istituto di Scienze Marine del Cnr di Lesina, nell’ultimo decennio il numero di meduse avvistate è aumentato ci circa 10 volte. Tra le cause principali un ruolo fondamentale è svolto tanto dall’aumento delle temperature dei mari quanto dalla progressiva scomparsa di tonni, tartarughe, e pesci spada che rappresentano i diretti predatori delle meduse.
Quali sono le conseguenze di un tale aumento della popolazione?
Le meduse oltre a rappresentare un serio rischio per la salute dei malcapitati bagnanti, possono creare problemi non indifferenti anche all’economia ittica dei piccoli borghi marinari. Il plancton di cui sono composte, può infatti ostruire le reti dei pescatori e provocare la morte dei pesci.
Un altro problema, riguarda il sistema ecologico. Le meduse, all’interno dell’ecosistema marino entrano in competizione alimentare con le larve e gli avannotti di pesci contenendone irrimediabilmente la popolazione.
Quali sono le conseguenze del contatto con una medusa?
Spesso si è soliti parlare in modo improprio di morsi e punture di medusa, in realtà le meduse non pungono né tanto meno mordono ma provocano irritazione della pelle dei malcapitati bagnanti mediante il contatto con i loro tentacoli urticanti.
I tentacoli della medusa sono rivestiti da particolari cellule dette cnidociti che a loro volta contengono un organo detto nematocisti che ha funzione urticante.
I filamenti urticanti, penetrano immediatamente nella pelle rilasciando un particolare veleno ricco di proteine. La vittima avverte subito un forte bruciore e un altrettanto forte dolore della superficie colpita. La pelle si irrita, diventa rossa e appaiono dei rigonfiamenti simili a quelli causati dall’orticaria.
Dopo circa 30 minuti il dolore inizia ad attenuarsi e subentra una forte sensazione di prurito.
La reazione infiammatoria può protrarsi fino a un paio di settimane e in questo periodo è opportuno tenere la pelle al riparo dal sole. E’ possibile applicare creme solari a elevato fattore protettivo, ma non pomate antistaminiche, in quanto queste ultime potrebbero favorire la comparsa di macchie della pelle.
A livello oculare, il contatto con le cellule velenifere può causare congiuntiviti e ulcerazioni della cornea
Infine è bene ricordare che esistono meduse anche potenzialmente letali.
Cosa bisogna fare se si entra in contatto con una medusa?
Se si dovesse entrare in contatto con una medusa è consigliabile seguire le indicazioni di cui sotto:
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Accertarsi che chi è stato punto non abbia staccato istintivamente la medusa con le mani: questo comporterebbe il rischio che nelle sue mani ci siano ancora residui di tentacoli che potrebbero involontariamente finire in parti delicate come bocca, viso, occhi.
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Lavare ripetutamente con acqua di mare la parte interessata per almeno 20 minuti: l’acqua di mare è molto utile al fine di diluire le tossine non ancora penetrate nella pelle e al fine di pulire le parti medusa eventualmente ancora attaccate al corpo
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Applicare gel astringente a base di cloruro di alluminio reperibile in farmacia: questo formulato ha la funzione di bloccare la diffusione delle tossine e lenire la sensazione di prurito. Molto utili possono risultare anche spray lenitivi a base di acqua di mare e sostanze astringenti naturali
Cosa non bisogna fare in caso di contatto con una medusa?
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Raschiare via le cellule tramite una tessera rigida (es. carta di credito): tale azione a casusa della pressione esercitata provocherebbe un maggiore rilascio di veleno.
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Applicare ghiaccio: la conseguenza di questa azione è che le tossine, invece di disattivarsi, prolungherebbero la loro azione di rilascio per molto più tempo
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Sfregare la superficie con la sabbia: la prima conseguenza sarebbe un maggiore rilascio di tossine da parte delle cellule di medusa ancora attaccate al corpo della vittima
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Applicare una pietra calda: tale pratica è assolutamente inutile, in quanto per disattivare termicamente le tossine occorrerebbe una temperatura di circa 50 °C
Sfatiamo qualche mito sulle meduse
- E’ utile trattare la superficie con aceto?
Si, ma solo se ci troviamo nell’oceano Pacifico. L’aceto, funziona discretamente bene per disattivare le cellule di Alatina Alata, una cubomedusa, diffusa nel suddetto oceano, ma assente nei nostri mari.
- A cosa serve urinare sulla superficie colpita dai tentacoli di una medusa?
Semplicemente a fare un dispetto a chi, oltre al dolore provocato dalla medusa, dovrà anche sopportare la poco gradevole sensazione di ritrovarsi urina sul proprio corpo. L’urina, oltre ad essere assolutamente inutile può risultare persino dannosa. Poiché la sua composizione è estremamente variabile, si rischia infatti che possa contenere composti in grado di scatenare una reazione ancora più aggressiva delle cellule di medusa presenti nella ferita.
- E’ utile applicare ammoniaca sulla zona colpita?
Assolutamente no. Contrariamente a quanto si pensa l’ammoniaca non disattiva le tossine rilasciate dalla medusa ma al contrario rischia di infiammare ulteriormente la zona colpita.