Causa mal di testa, nausea, irritazione intestinale, stanchezza, dolori muscolari e molti altri disturbi a cui, spesso, non si sa dare spiegazione: è la sensibilità al glutine non celiaca, un disturbo ormai accertato a livello scientifico, strettamente correlato alla dieta. Oggi, infatti, la ‘battaglia’ contro il glutine non si gioca più solo nel campo della celiachia, ma la sfida più interessante riguarda proprio la “condizione di sensibilità al glutine’ che sembra interessare una popolazione largamente superiore a quella dei potenziali celiaci e allergici al grano. A differenza, però, della celiachia e dell’allergia al grano, sembra essere transitoria e può risolversi dopo un periodo di alimentazione gluten free, cioè priva di glutine, la proteina del grano.
La sensibilità al glutine non celiaca è una condizione relativamente ‘nuova’, essendo stata inquadrata solo pochi anni fa sulla base di un numero sempre crescente di pazienti che, pur non essendo celiaci, presentavano manifestazioni intestinali ed extra intestinali verosimilmente scatenate dal glutine, dopo il consumo di alimenti quali pane, pizza e pasta. A differenza, invece, della celiachia che è una ben nota alterazione del piccolo intestino, che interferisce con l’assorbimento dei diversi nutrienti.
“La celiachia è una patologia autoimmune che coinvolge prevalentemente l’intestino”, spiega Luca Elli, responsabile del centro per prevenzione e diagnosi della celiachia al Policlinico di Milano. “Perché il glutine, una volta ingerito, danneggi attraverso un meccanismo immunologico la mucosa intestinale, occorre che il soggetto sia predisposto geneticamente. Fattori genetici e fattori ambientali, quindi, concorrono nel determinare tale situazione patologica. La sensibilità al glutine non celiaca è caratterizzata da sintomi prevalentemente gastrointestinali (gonfiore, meteorismo, alterazioni dell’alvo), solitamente di entità moderata in assenza di una atrofia del piccolo intestino”.
Il glutine, cioè la proteina che si trova nel grano e nei suoi derivati, è uno dei più diffusi e abbondanti componenti della dieta per molte popolazioni, in particolare per quelle di origine europea e nello stile alimentare occidentale in generale. Alcune frazioni proteiche del glutine sono scarsamente digerite nello stomaco umano e giungono a contatto con la parete intestinale ancora intatte e sembrano essere in grado di scatenare reazioni avverse di varia natura sia gastrointestinali che extraintestinali come ipostenia, cefalea, parestesie, formicolii, dolori articolari, rush cutanei o anche anemia da carenza di ferro. A differenza del celiaco, però, chi soffre di sensibilità al glutine non celiaca, pur avvertendo i sintomi correlati alla ingestione di glutine non presenta rilevanti lesione intestinali e non manifesta nemmeno la reazione allergica al frumento come, invece, avviene per chi è affetto da allergia al grano.
Un’ulteriore differenza tra le due condizioni riguarda, inoltre, la diagnosi. “In attesa di criteri diagnostici ancora più stringenti oggi, la diagnosi di sensibilità al glutine si basa sull’ esclusione, caratterizzata dalla negatività dei test per l’allergia al grano e per la celiachia, mentre l’alleato più prezioso è, di sicuro, un’alimentazione senza glutine”, conclude Luca Elli.
Come la celiachia, anche la sensibilità al glutine sembra interessare, prevalentemente, il sesso femminile. “Ad esserne colpite sono soprattutto le donne tra i 25 e i 45 anni”, dice Letizia Saturni, specialista in scienze dell’Alimentazione e esperta di celiachia e di disordini glutine-correlati. “Le donne infatti, in generale, sono genericamente predisposte all’insorgenza di questi sintomi. I sintomi delle intolleranze al glutine possono manifestarsi e talvolta aggravarsi durante una gravidanza e dopo la nascita del bambino, in caso di malattie e infezioni, o a causa dello stress e di operazioni chirurgiche”.
“In caso di sensibilità al glutine”, spiega Letizia Saturni – la dieta priva di glutine è risolutiva, ma va adottata con attenzione e su consiglio del medico solo dopo la diagnosi. Se correttamente bilanciata, è sicuramente sostenibile, senza particolari rinunce, sia grazie alla grande disponibilità in commercio di prodotti sostitutivi, sia grazie a un’ampia gamma di alimenti freschi naturalmente privi di glutine. Ciò che può fare la differenza è la durata della terapia: la dieta gluten-free, infatti, può essere seguita anche per un periodo limitato, fino alla progressiva reintroduzione del glutine, ma va adottata con impegno, e solo su consiglio medico”.
Purtropposoprattutto donne e ragazze, escludono autonomamente il glutine dalla propria dieta, affermando di sentirsi meglio, o persino di riuscire a perdere peso, quando, però, in realtà sono vittime di una suggestione globale e, purtroppo, contagiosa. “Attenzione a non cadere nella trappola delle autodiagnosi o, peggio, alla moda dell’alimentazione gluten free in chiave dietetica, alla stregua di molte star internazionali e di casa nostra nella convinzione errata di perdere peso”, ammonisce Letiza Saturni. “In realtà non c’è una correlazione diretta fra un’alimentazione senza glutine e la perdita di peso”.