Art&Show – Basta un briciolo di Pulp ed eccomi a casa

emilioChe riflessioni possono nascere andando a vedere a New York un film documentario inglese all’interno del festival americano che è la più importante rassegna di documentari degli Stati Uniti? Il documentario film è un capitolo sulla mia preferita band inglese (Pulp) dei tardi anni ’90/ inizio 2000. Il titolo “Pulp: a film about life, death and supermarkets” ossia “la vita, la morte ed i supermarkets”.PULP PULP 1407271840

Curioso come lo proiettino solo due volte, due sere sole, una proiezione per sera, alle 10. In netto anticipo mi metto in coda alle 9.30 e vedo che come me c’è uno sparuto gruppo di europei di massimo 20 persone che entra nella minuscola e caldissima sala di proiezione.

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Spengono le luci e parte… il film sbagliato… Ossia il film che era proiettato in precedenza in quella sala, un documentario su un personaggio che faceva la spia non ho ben capito dove. Arriva il manager del cinema, chiede scusa e spiega che necessiteranno 20 minuti per correggere la cosa, mentre ci regala un’entrata gratis per qualsiasi proiezione in questo cinema (il modo americano di chiedere scusa per le piccole cose, è sempre legato ad un compenso/risarcimento).

PULP PULP IMG_0555[1]Quando finalmente il documentario inizia, il senso di Europa di provincia prende subito il sopravvento, facendomi sentire a casa… Un gustosissimo senso di umanità non artefatta. C’è l’Inghilterra dello Yorkshire, gli abitanti di Sheffield, città passata attraverso varie fasi economiche problematiche, c’è quella pioggerellina fine e penetrante dei climi anglosassoni, i visi pallidi e sofferti della working class inglese, ci sono gli anziani al mercato che si spendono come fans dei Pulp e c’è l’espressione modesta del “gusto” nella vita per le cose semplici… e poi ci sono loro, i Pulp, oggi cinquantenni, approcciabili e raggiungibili, che raccontano con estrema linearità la loro vita a Sheffield, l’antipatia per il successo, una carriera faticosa che è culminata in un periodo di grande fama seguito dal ritorno nella realtà da cui son partiti, senza vezzi, senza arie, senza pretese e lo Yorkshire intorno a loro a viverli come un fenomeno locale.

E c’è la musica inglese che, è assai diversa da quella americana, da sempre, nella cultura popolare (da cui POP music) con le sue musicalità e gruppi famosissimi, coinvolgenti e conditi dall’accento british che, è come il suono di un motore Ducati per le moto da strada, ossia inconfondibile ed emozionante.

La conseguenza di tutto questo è un documentario capace di mostrarci al meglio, noi europei forse soffisticati ma non vanitosi, forse involontariamente snob ma per understatement, per quel senso di interpretazione del successo come una conseguenza e non come un obiettivo. L’antitesi dell’America del rock& roll per intederci.

Emilio Paschetto, New York

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