C'è un legame tra piacere estetico e capacità di apprendere

C’è un legame tra piacere estetico e capacità di apprendere

“La bellezza salverà il mondo”. Lo diceva già il principe Miškin nell’Idiota di Fedor Dostoevskij, ma oggi c’è anche uno studio scientifico a dimostrare che esiste un legame tra piacere estetico e conoscenza: la bellezza potrebbe rappresentare la ricompensa che il nostro sistema nervoso ci offre in risposta a processi di apprendimento efficaci.

Insomma, gli stimoli sensoriali che troviamo “belli” sono quelli da cui impariamo di più, in altre parole: ciò che piace insegna.

Lo dice una ricerca realizzata dal BraIn Plasticity and behavior changes Research Group (BIP) del Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino, in collaborazione con il Department of Economics di Harvard. Lo studio, pubblicato dalla rivista scientifica Journal of Experimental Psychology: General dell’American Psychological Association, mostra proprio la presenza di un legame profondo fra apprezzamento estetico e meccanismi di apprendimento.

Il piacere estetico è soggettivo

Attraverso l’elettroencefalografia, tecnica di neuroimmagine non invasiva, i ricercatori hanno dimostrato come le cose che, soggettivamente, riteniamo più belle sono anche quelle che il nostro sistema nervoso sa elaborare meglio.

Nel corso dell’esperimento, che ha coinvolto 26 partecipanti, i ricercatori hanno utilizzato delle semplici sequenze di suoni. Grazie alla collaborazione con il Dr. Nicola Rosaia del Department of Economics di Harvard, i ricercatori di UniTo hanno sviluppato un algoritmo in grado di misurare quanta nuova informazione si potesse ottenere da ogni suono.

Quindi, usando l’elettroencefalografia, hanno registrato la risposta neurale evocata da ciascun suono.

Osservando questo segnale, gli autori hanno notato che i suoni che i partecipanti preferivano a livello soggettivo erano anche quelli da cui ottenevano più nuova informazione. Lo studio dimostra che gli stimoli che troviamo belli e quindi producono in noi un piacere estetico sono quelli da cui impariamo di più.

Le emozioni estetiche hanno un risvolto pratico

La bellezza può essere considerata come un “sintomo consapevole” di processi automatici di acquisizione di informazioni dall’ambiente che ci circonda.

Più questi processi sono efficaci, maggiore sarà l’apprezzamento estetico che ne deriva.

Questo risultato offre una nuova interpretazione del senso della bellezza. In altre parole, le emozioni estetiche, non sono qualcosa di futile e astratto, ma potrebbero rappresentare la ricompensa che il nostro sistema nervoso ci offre in risposta a interazioni profittevoli, in termini di conoscenza acquisita.

Secondo gli autori, l’emozione positiva che proviamo quando siamo esposti a qualcosa che ci piace, come un bel panorama, un suono, o un quadro, potrebbe essere il segnale che il nostro cervello produce in risposta all’acquisizione di nuove informazioni dall’ambiente sensoriale che ci circonda.

La bellezza potrebbe essere la ricompensa per aver ottenuto nuova conoscenza.

A che cosa serve la ricerca sul piacere estetico

La scoperta ha diverse ricadute pratiche: la presenza di un legame forte fra bellezza e apprendimento suggerisce, infatti, di ripensare l’impostazione dei percorsi educativi e specialmente di quelli riabilitativi. L’esperimento ha mostrato che è importante tenere in considerazione le preferenze dei singoli, in questo modo è possibile sfruttare il potere della bellezza di attrarre l’attenzione verso i compiti che svolgiamo.

Lo studio intitolato “Nice and easy: mismatch negativity responses reveal a significant correlation between aesthetic appreciation and perceptual learning” è firmato da Pietro Sarasso, Marco Neppi Modona, Nicola Rosaia, Pasqualina Perna, Paolo Barbieri, Elena Del Fante, Raffaella Ricci, Katiuscia Sacco, Irene Ronga.

“Imparare è per tutti un processo faticoso ma fondamentale per interagire con successo con l’ambiente e con i nostri pari”, dice Irene Ronga, ricercatrice del gruppo BIP, Dipartimento di Psicologia di UniTo.”Un’ipotesi plausibile è che nel corso dell’evoluzione, il sistema nervoso abbia sviluppato un segnale positivo, una ricompensa, che sia in grado di stimolarci ad apprendere”.

La bellezza non è un lusso inutile

Un vecchio retaggio ci fa spesso pensare che, in fondo, si può vivere anche rinunciando al piacere del bello.

“Siamo abituati a pensare alla bellezza come a un di più, un orpello, una specie di lusso biologico”, dice Pietro Sarasso, ricercatore del gruppo BIP, Dipartimento di Psicologia di UniTo. “Non è così. Le nostre ricerche dimostrano che il senso del bello e la sensibilità estetica sono un elemento fondamentale della nostra intelligenza. La sensibilità estetica è centrale per la nostra possibilità di apprendere e di cambiare noi stessi e i nostri schemi mentali di fronte a un mondo in costante mutamento. La bellezza ci permette di sintonizzarci maggiormente con ciò che incontriamo anche se radicalmente diverso da quello a cui siamo abituati”.

Il cervello si trasforma

Il cervello è plastico, cioè cambia nel corso di tutta la vita.

“Il nostro obiettivo è trovare gli stimoli e le esperienze che possano modificare il cervello nella direzione di un maggiore benessere o di migliori prestazioni”, spiega  Katiuscia Sacco, docente di Metodologia della ricerca in psicologia e coordinatrice del gruppo di ricerca BIP del Dipartimento di Psicologia di UniTo. “Il nostro gruppo si ricerca ha scoperto che gli stimoli belli, come una musica che piace o un paesaggio che la persona apprezza, creano nel nostro cervello una ‘disposizione estetica’ in cui la nostra percezione e la nostra attenzione aumentano significativamente consentendoci di concentrarci su ciò che di nuovo questi stimoli ci portano. Possiamo dire che il bello stimola i nostri processi di apprendimento e il nostro benessere. Tramite tecniche di neuroimmagine non invasive, come l’elettroencefalografia e la risonanza magnetica funzionale, studiamo questi fenomeni di apprendimento nei soggetti sani e nei pazienti affetti da patologie neurologiche, grazie a una collaborazione con la Psicologia Clinica e la Geriatria dell’Ospedale Molinette – Città della Salute e della Scienza di Torino”.

 

 

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