In molti casi, quando mangiamo o prendiamo farmaci, ci chiediamo quale sia il percorso che il cibo, o il farmaco, hanno seguito: spesso e volentieri, infatti, non siamo certi che coloro i quali hanno creato il prodotto finito abbiano seguito regole che anche noi seguiremmo, per quanto concerne le condizioni degli altri popoli e la salvaguardia del pianeta in termini ambientali. Un’etichetta dovrebbe essere presente su ogni derrata alimentare e prodotto farmaceutico, per permetterci di renderci conto della storia del prodotto con il quale abbiamo a che fare, in termini occupazionali e alimentari. Per la prima volta, un programma per la valutazione dell’impronta ambientale viene posto in essere da un farmaco, il diffuso Maalox, contro bruciore e acidità di stomaco accentuata, prodotto nello stabilimento Sanofi di Scoppito (Aq). Si tratta di un programma per calcolare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra attribuibili al ciclo di produzione del medicinale. Questo farmaco è stato scelto come prodotto pilota. Ci si è chiesti quali fossero le principali fonti di emissioni e si è posto l’accento su tutte le fasi di produzione del prodotto: approvvigionamento delle materie prime, produzione, distribuzione, uso e smaltimento. Poi ci si è chiesti come agire per ridurre il consumo di energia e materie prime. Il ministero dell’ambiente ha permesso all’azienda di entrare nel progetto. La Sanofi conta 350 milioni di euro di fatturato, il 90% del quale da esportazioni e conta sei stabilimenti in tutta Italia. Si propone riduzioni di aria ed energia elettrica e si è dotata di impianti che producono energia e riducono il consumo complessivo. In sostanza il rispetto dell’ambiente non soltanto ha una ricaduta favorevole sulla reputazione dell’azienda, ma permette anche di consumare meno, contenendo le spese collegate. Così ci si regola nel ventunesimo secolo, salvaguardando la responsabilità sociale come fonte di ritorno economico.