Pesci: 200 nuove specie invadono il Mediterraneo

Pesci: 200 nuove specie invadono il Mediterraneo

“Mogli e buoi dei paesi tuoi“, recita un noto proverbio, ma per i pesci vale lo stesso?

Di certo, ciò che emerge dal detto popolare stesso, è un alone di diffidenza verso ciò che è straniero, lontano da ciò che siamo abituati a ritenere la nostra “quotidianità“. Ma, in un mondo in cui la globalizzazione detta legge, è molto difficile stabilire confini, marcare nette differenze culturali, impedire alle persone di viaggiare e scoprire.

E, anche i pesci, sembra che di recente abbiano voluto adattarsi a questo nuovo modo di intendere la vita.

I pesci “invasori” del Mediterraneo

Una ricerca pubblicata dalla rivista “Global Change Biology” e coordinata dall’Istituto per le Risorse Biologiche e Biotecnologie Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IRBIM Cnr) di Ancona, ricostruisce la storia delle migrazioni marine nel Mediterraneo.

Il cosiddetto “mare nostrum”, com’erano soliti chiamarlo gli antichi Romani, poichè conquistarono tutte le terre circostanti.

Lo studio evidenzia come, negli ultimi 130 anni, si siano insediate 200 nuove specie di fauna ittica, ovviamente a causa dei cambiamenti climatici.

L‘innalzamento delle temperature medie porta anche i mari a risentirne. Il Mediterraneo sta, quindi, gradualmente scivolando verso la “tropicalizzazione“. Con questo termine, non solo si indica che stia acquisendo una temperatura tipica dei paesi tropicali, ma anche la loro flora e fauna.

Con centinaia di nuove specie esotiche, il Mediterraneo viene oggi riconosciuto come la regione marina più invasa al mondo.

Lo studio

Pesci: 200 nuove specie invadono il Mediterraneo“Lo studio dimostra come il fenomeno abbia avuto un’importante accelerazione a partire dagli anni ’90 e come le invasioni più recenti siano capaci delle più rapide e spettacolari espansioni geografiche“, commenta Ernesto Azzurro, ricercatore del Cnr-Irbim di Ancona. “Da oltre un secolo, ricercatori di tutti i paesi mediterranei hanno documentato nella letteratura scientifica questo fenomeno, identificando oltre 200 nuove specie ittiche e segnalando la loro cattura e la loro progressiva espansione. Grazie alla revisione di centinaia di questi articoli e alla georeferenziazione di migliaia di osservazioni, abbiamo potuto ricostruire la progressiva invasione del Mediterraneo“, continua Azzurro.

Di certo, tali processi, hanno cambiato per sempre il volto del nostro mare.

Da dove arrivano questi pesci

Ernesto Azzurro ci aiuta a individuare le tre principali vie di accesso al Mediterraneo di questa invasione.

  • Il canale di Suez, inaugurato nel 1869, permette l’ingresso nel Mediterraneo delle specie ittiche provenienti dal Mar Rosso. Queste, per il ricercatore del Cnr, sono le più numerose e problematiche ed è un fenomeno quasi “recente”, se consideriamo la storia del Mediterraneo.
  • Lo stretto di Gibilterra, il noto ingresso a Ovest del Mediterraneo, dal quale numerose specie atlantiche sono libere di confluire. Queste, a differenza delle specie del Mar Rosso, hanno avuto a disposizione molti più anni per insediarsi, essendo lo stretto di Gibilterra un canale naturale aperto da sempre.
  • Il trasporto navale e il rilascio da acquari. Anche questi due fattori, sebbene di entità ridotta, giocano un ruolo importante nella questione.

I nuovi pesci: le conseguenze ambientali e socio-economiche

La presenza di nuove specie, non autoctone e quindi non originarie del Mediterraneo, può alterare un ecosistema che aveva, da migliaia di anni, trovato il suo equilibrio.

Alcune di queste nuove specie costituiscono nuove risorse per la pesca, ben adattate a climi tropicali e già utilizzate nei settori più orientali del Mediterraneo”, spiega Azzurro.

“Allo stesso tempo, molti invasori sono causa del deterioramento degli habitat naturali, riducendo drasticamente la biodiversità locale ed entrando in competizione con specie native, endemiche e più vulnerabili. Il ritmo della colonizzazione è così rapido da aver già cambiato l’identità faunistica del nostro mare; pertanto, ricostruire la storia del fenomeno, permette di comprendere meglio la trasformazione in atto e fornisce un esempio emblematico di globalizzazione biotica negli ambienti marini dell’intero pianeta”, conclude il ricercatore del Cnr-Irbim.

Anche l’acquacoltura ha delle responsabilità

Una curiosità: le specie che hanno invaso il Mediterraneo dal Mar Rosso passando attraverso Suez sono dette lessepsiane, il nome deriva da Ferdinand de Lesseps promotore ed esecutore del canale.

Pesci: 200 nuove specie invadono il Mediterraneo“Il cosiddetto mescolamento di specie autoctone residenti con specie alloctone si verifica per motivazioni diverse”, spiega Elba Festo, biologa e studiosa del fenomeno. “Il traffico navale è certamente un vettore molto importante, ma anche l’immissione intenzionale di specie alloctone allevate in acquacoltura ha provocato questo fenomeno.”.

Ma non è ancora tutto. “Il Mediterraneo è tra i mari più colpiti dall’aumento termico il quale ha indotto un processo definito ‘tropicalizzazione’ . Di conseguenza, è diffusa la preoccupazione che l’arrivo di nuove specie tropicali non possa che aumentare in futuro, sia attraverso il Mar Rosso che tramite il trasporto navale. La temperatura in crescita consentirà a queste specie di trovare un ambiente adatto in cui proliferare, dando vita a popolazioni stabili. 

C’è chi rischia l’estinzione

Ma come si comportano le specie indigene del Mediterraneo di fronte a questa invasione?
“Le specie autoctone hanno difficoltà a sostenere la competizione con i nuovi arrivati, anche per via del parallelo aumento di temperatura delle acque. Negli ultimi anni, il Mediterraneo ha imboccato un processo di meridionalizzazione. Ciò significa che le specie termofile, ovvero quelle che preferiscono le temperature più alte, si sono espanse verso nord e verso aree più temperate, dove prima erano rare o assenti. Alcune si sono spinte fino al Mar Ligure, considerato uno dei bacini più freddi del Mediterraneo. Le popolazioni di specie che preferiscono temperature più fredde tendono invece a diminuire o a restringere la loro presenza alle aree più settentrionali e profonde, dove riescono a trovare acque più fredde. Queste specie, dette specie temperate, sono sicuramente quelle maggiormente a rischio di estinzione”. 

 

 

 

 

Foto di copertina di Hung Tran: https://www.pexels.com/it-it/foto/scuola-di-pesce-in-acqua-3699434/

 

 

About Umberto Urbano Ferrero

Umberto Urbano Ferrero, collaboratore Torinese d’origine, cittadino del mondo per credo. Laureato in Lettere moderne, ama l’arte in tutte le sue forme e viaggia per conoscere il mondo, oltre che se stesso. Umberto è appassionato di sport e Urbano, al contrario di ciò che l’etimologia suggerisce, apprezza la vita a contatto con la natura. Ritiene la curiosità una delle principali qualità in una persona, caratteristica essenziale per guardare il mondo da più angolazioni.

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