Benessere

Art&Show-Il capezzolo guarda in giù, ma lo vorrei tenere così

25/07/2014
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scansione0007Qui, dopo. Viaggio con il biglietto di sola andata. Diario di Antonella Beretta, terza parte. Per leggere la seconda parte CLICCA QUI.

Martedì 31 settembre mattina

In radiologia. Con Sergio.

Oggi “centratura”, ho letto su google che fanno un buco nel tumore per inserire un filo metallico che serve da traccia al chirurgo durante l’intervento…prima di farmi toccare mi faccio spiegare bene…io quella cosa lì NON la faccio.

– Ma no signora! Facciamo solo un’eco e qualche puntino col pennarello. Tranquilla…

– Oh allora va bene, faccia pure dottore…

Ora il mio seno sinistro è per metà nero/blu di livido e decorato di punti neri di pennarello, col capezzolo che guarda in giù…eppure io lo vorrei tenere anche così.

Due mie amiche mi raggiungono in radiologia, è una notizia, la mia, è un avvenimento molto grave e importante…ma proprio a me?

Io vivo tutto con la sensazione che la cosa non mi riguardi, mi godo le coccole che ricevo ma non voglio sentir parlare di farmi operare.

Quel giorno vedrò…

”comincio ad avere la sensazione che tutto mi stia sfuggendo di mano, non sono più  padrona di me stessa, qulcunaltro è alla guida, no, proprio non mi va bene”

Martedì 31 settembre pomeriggio

Con Sergio. Ormai mi faccio trascinare da lui in ogni parte. Movimenti indipendenti dalla mia volontà.

In radiologia nucleare: linfoscintigrafia. Su google spiegano che ti fanno 4 o 5 punturine sottocute sulla zona del tumore col liquido radioattivo, questo viene assorbito e con una sonda vengono individuati i linfonodi del distretto riguardante il tumore. Ancora punture “lì”. Ho paura del dolore, e sarò di nuovo sola.

Sul lettino a dorso nudo:

– Signora ora dobbiamo fare cinque punturine…la pungo

– …aaaaah!

Una è andata.

-La pungo…

– aaaah troppo, non ce la faccio…NO, NO, FERMI non le voglio più fare, troppo male , non ce la faccio!…

Proprio sul livido sotto al capezzolo!

– Ma signora, se non le facciamo domani il chirurgo come farà?…

”merda, non è un mio problema, io più di così non riesco a sopportare, non voglio!”

– Allora telefoniamo che non abbiamo fatto e domani se la vedono in sala operatoria. Mi scusi, signora, e se ne facessimo solo tre? Ce la fa a farne ancora una?…

”Puttana miseria, dai Antonella che magari ce la fai e domani in sala operatoria eviti qualche casino…ma io ci voglio andare i sala operatoria ? ”

– Ok, proviamoci…ma per favore mi tenga la mano…grazie, grazie mille.

Stingo i denti.

– aaaaah fatta!

Ora massaggi per dieci minuti poi tracciamo col pennarello la via linfatica ascellare del tumore.

Usciamo, ci perdiamo nei sotterranei dell’ospedale, nel cortile in cui ci ritroviamo mi abbraccio a Sergio e piango ancora dolore, non credo che potrò farcela.

E vorrei essere sul mio cucuzzolo della montagna, lontana da tutto e da tutti, in pace, in attesa di ciò che deve accadere. Qualsiasi cosa sia. Non ho paura. Non ho rabbia. Voglio solo essere lasciata in pace.

Zzzt :”in bocca al lupo per domani, sei nel mio cuore. Giovanna”

Zzzt :”un forte abbraccio ti voglio bene. Anna”

Zzzt :”un grosso in bocca al lupo Antonella e un abbraccio stretto, ti penso e domani in  consultorio faremo il tifo per te! A presto! Giuliana”

Zzzt :”penso a te e vedo gli occhi di Thomas, il suo sorriso, il suo annuire e sono serena…ti voglio bene. Eliana”

Zzzt :” ti sono vicina col cuore, un abbraccio pieno di affetto. Altea

– Mercoledì  2 OTTOBRE 2013

Con sergio. In ospedale. I figli sono a casa. Ho chiesto a tutti il vuoto attorno. Che chiamino Sergio, io non voglio più avere contatti col mondo.

Ore 7.00

– Signora Beretta, venga, lei è la prima,l’aspettano in sala operatoria…

”ma sì, vai Antonella, docile, fai quello che ti chiedono.”

In camera, si spogli…mi spoglio.

Si sdrai le faccio una puntura… mi sdraio e mi lascio bucare.

Sergio è lì, mi vengono a prendere…tocca a me. Sono tutti radunati per me.

In sala operatoria fa freddo, sono tutti molto gentili, allegri e cordiali.

L’amico Paolo mi starà vicino, mentre mi bacia sento l’anestesista che si lamenta delle mie introvabili vene…

“per forza, ho le mani gelate”

Sono le 8.00… Paolo, ho paura…

– ma di cosa, ma va, ma va…

Sono le 16.00.

– La signora può tornare in corsia…

Mmmm, che bel caldino, vedo Sergio fuori dalla porta del blocco operatorio:

– E’ andato tutto bene, linfonodi puliti, niente svuotamento ascellare…mi sussurra all’orecchio.

Ma io già lo sapevo che non avrei avuto problemi, semplicemente non volevo essere tagliata a pezzi. Ma questo non interessa a nessuno.

”Ma allora è tutto fatto? Non ho più la mia tetta? Lasciatemi dormire, sto bene. Mi piace questa nuvoletta.”

Arrivano i miei figli, mamma come va? Bene ragazzi, sto bene.

Non ve lo dirò mai quanta rabbia comincia a montare nel mio petto, voi non ne avete colpa, siete più vittime di me, vi amo tanto. Ora andate a casa e state tranquilli, non ho bisogno di nulla.

”… solo che mi si lasci sola col mio strazio, senza la mia tetta, con questo coso dentro.”

Oggi inizia una nuova vita. Che mi piaccia o no.

Avere un tumore è come essere catapultati, senza averlo chiesto, su un pianeta alieno per poi essere costretti a trovare la forza di ritornare sulla terra .

I giorni in ospedale passano quasi facili, ci sono mille cose da fare, le flebo, le terapie, i drenaggi da svuotare, notte, giorno, le visite di controllo, le vicine di letto, forse oggi riesco a lavarmi la faccia, vado in bagno da sola, mi spiaccico nel letto come una rana schiacciata, questo “coso” fa male e non mi lascia tregua.

– Vero che lei si alza da sola? Non vorrà pranzare a letto!…

”certo che mi alzo da sola, ci vorranno due ore ma lo farò, non sia mai che prenda il vizio di essere aiutata! E poi il pranzo…ci vomiterei sopra altro che pranzo, alzata o a letto!”

La ferita è orribile, storta e arricciata e là dove una volta c’era il capezzolo è come un brutto ginocchio incidentato, l’ascella brucia come un’ustione, il braccio non si muove più come se mi avessero asportato anche i tendini, ho due drenaggi che escono dalla mia pelle e un laghetto sulla parte alta della mammella (finta) che continua a riformarsi e continuano ad aspirare con una siringa.

Però il mondo è fuori, non voglio che nessuno venga a trovarmi.

Mi sono vestita di nero, maglietta, pantaloni, felpa…non c’è più posto per i colori.

Il contrasto con le lenzuola bianche e il mio viso ancora più bianco e tale che a volte qualcuno resta sconcertato…

Lasciatemi sola. Va bene così.

Ma ci sono sempre i messaggini.

Zzzt :”ciao Antonellina amica mia, ti voglio bene!Luisa”

Zzzt :”Un abbraccio Leo”.

Antonella Beretta

In alto: Donna in rosso II – di  Emilia Wółkiewicz

La storia continua lunedì, continuate a seguirci.

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