Dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 9 aprile scorso che ha eliminato il divieto di fecondazione eterologa, l’Associazione Italiana per la Donazione Altruistica e Gratuita di Gameti (AIDAGG), si propone di sensibilizzare la popolazione, i medici e i pazienti con attività di informazione e formazione.
Si chiama AIDAGG, è la prima associazione nel nostro Paese che nasce con l’obiettivo di promuovere, in primo luogo tra le persone fertili, la cultura della donazione gratuita e altruistica di gameti per la riproduzione umana. “La donazione di gameti è un’azione di alto valore sociale e morale”, sottolinea Laura Volpini, Presidente AIDAGG. “È il fondamento della fecondazione eterologa. Si tratta di una scelta consapevole di ‘condivisione’ di un crescente problema sociale, l’infertilità, che oggi può essere finalmente affrontata con la fecondazione eterologa anche in Italia, consentendo, alle coppie che non hanno altre possibilità procreative, di veder rispettato anche per loro il diritto alla genitorialità”.
Gli operatori del settore attivi da anni nel campo della Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), così come i pazienti stessi, sottolineano che non esiste un vuoto normativo post sentenza, da più parti evocato con il solo scopo di allontanare il momento di piena operatività della fecondazione eterologa. L’eliminazione del divieto è stata possibile, infatti, proprio perché esiste già una disciplina normativa in grado di regolamentare questa tecnica di PMA: la legge 40/2004 stessa e i decreti legislativi 191/2007 e 16/2010 in materia di donazione di organi.
In attesa della messa a punto di procedure condivise sulla fecondazione eterologa in Italia, le associazioni Hera Onlus di Catania, SOS Infertilità Onlus di Milano e Cittadinanzattiva stilano un vademecum di poche regole fondamentali sulla donazione dei gameti.
- I donatori possono essere i fertili, oppure gli infertili che donano parte dei loro gameti durante i loro cicli di PMA. I gameti potranno essere donati sia da persone che hanno già avuto figli sia da persone che ancora non ne hanno avuti;
- I donatori dovranno essere di una età compresa fra i 21 e i 35 anni
- I donatori dovranno essere in buone condizioni di salute generale e non presentare nella loro storia ereditaria e familiare indizi verso alcuna malattia. Saranno esaminati i rischi per malattie genetiche e per malattie infettive;
- Sarà limitato il numero di donazioni: per ragioni di equilibrio genico, da ogni donatore non possono risultare più di 6 gravidanze;
- I gameti donati saranno posti in quarantena per almeno 6 mesi per confermare e verificare la permanenza dello stato di salute del donatore;
- La donazione deve essere assolutamente motivata da una spinta altruistica e realizzata nella più assoluta gratuità. La donazione deve essere lontana da contaminazioni commerciali oltretutto vietate dalla stessa legge 40 nel comma 6 dell’Articolo 12.
- I donatori devono essere anonimi come previsto dalla legislazione attuale sulla donazione di organi, di cui ai Decreti Legislativi 191/2007 e 16/2010
“Questi pochi punti rappresentano alcuni criteri fondamentali nel processo della donazione dei gameti, dai quali partire per garantire la salute del nascituro e la prospettiva di una genitorialità serena alla coppia infertile o sterile”, ha sottolineato Mario Gambera, presidente HERA. “Questo vademecum, infatti, nasce proprio con l’obiettivo di rassicurare le coppie sterili, dare loro la certezza che anche in Italia, finalmente, potranno essere aiutate e supportate al meglio”.
Le coppie sterili finora costrette a migrare in altri Paesi europei potranno dunque accedere alla fecondazione eterologa evitando costi proibitivi e con il sicuro supporto del Sistema Sanitario Nazionale.
Nonostante l’enorme movimento d’opinione che ruota intorno a questo tema, la fecondazione eterologa rimane un argomento difficile da comprendere.
Il 92% delle donne e l’87% degli uomini che affrontano un percorso di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) conoscono il significato di fecondazione eterologa, sebbene il 13% del campione maschile pensa che equivalga ad “avvalersi di un utero in affitto”.
Anche sulla questione dell’anonimato dei donatori di gameti, gli intervistati sembrano avere le idee chiare: va mantenuto per il 62% del campione femminile e per il 75% di quello maschile. Molta indecisione, invece, riguardo alla retribuzione degli stessi. Alla domanda “Pensa sia giusto che la donatrice o il donatore siano retribuiti per questa tecnica?” il campione risponde in maniera frammentata e la maggioranza non si pronuncia, preferendo un generico “non so” (38% uomini; 58% donne), sebbene il campione maschile sia meno propenso alla retribuzione (37% risponde NO), rispetto a quello femminile (il 17% risponde NO)
Questi alcuni dei risultati dell’indagine condotta su 100 coppie infertili afferenti al Centro di Infertilità GENESIS e presentati oggi nel corso del IV Corso di Medicina della Riproduzione “Infertilità inspiegata”, diretto dal professor Claudio Manna, Direttore Scientifico del Centro GENESIS di Roma e ricercatore presso l’Università Tor Vergata di Roma.
“I dati emersi confermano che le coppie non sono ancora preparate al meglio sulle questioni riguardanti la fecondazione eterologa”, dice il Claudio Manna. “In generale, su infertilità e PMA; risulta, quindi, fondamentale diffondere un’informazione corretta sulle opportunità che si profilano nel nostro Paese per le coppie infertili, soprattutto alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale che ha abolito il divieto di eterologa, cambiando radicalmente il panorama della PMA in Italia”.
L’indagine si è inoltre posta l’obiettivo di indagare lo stato d’animo delle coppie con problemi di infertilità. È emerso che nel momento in cui si cerca la gravidanza e questa non arriva, la speranza nei tentativi successivi è il sentimento più diffuso (38% nelle donne e 50% negli uomini); interessante notare che il 23% del campione femminile ammette di essersi sentito in colpa, sentimento estraneo agli uomini. Per una percentuale pari a 12, però, gli intervistati maschi dichiarano di aver provato “ostilità nei confronti del partner”, contro lo 0% delle donne. La speranza è il sentimento ricorrente anche nel momento in cui si accede ad un percorso di PMA (55% donne; 87% uomini) accompagnato dalla paura per il 29% delle donne e da confusione per entrambi i partner (13% uomini; 16% donne).
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