E’ una malinconica ballata l’ultimo lavoro di Giovanni Bonavia, autore dalle mille sfaccettature, studioso ed appassionato di lingue antiche e moderne, interprete al Parlamento Europeo per “pagarsi l’aspro piacere di vivere”, come lui stesso afferma.
Da vent’anni a questa parte regala ai suoi lettori affezionati, che giammai rinunciano al piacere di ascoltarlo durante le sue rare pubbliche affabulazioni, piccoli gioielli di lettura, a cui affianca lavori più tradizionali, come “La materia del vivere” del 2004.
Ha cominciato scrivendo di angeli e arcangeli, con “Spampinuc e gli altri arcangeli”, per arrivare ora a “La ballata del libero Svanzica”, un testo in cui i fili della narrazione e della teatralità si intrecciano senza soluzione di continuità, dalla prima all’ultima pagina.

Protagonista ne è quest’uomo, Svanzica, che non sapremo mai perché viene chiamato col nome di una moneta, sebbene potremmo forse intuirlo riflettendo sul senso del valore, che si muove guardingo tra il suo mondo e il mondo altrui, quello reale, lasciando al suo passaggio infauste tracce di sé.
Quello che ci assorbe nel leggere la sua storia sono più i pensieri che le azioni, il muoversi di Giovanni Bonavia nei meandri di menti forse sane forse contorte, sta a noi trovare la linea di demarcazione.
C’è un protagonista che non è più dove dovrebbe essere, ci sono un Ispettore Capo presso la Mobile di Roma e un Primario di Psichiatria Direttore Sanitario del Manicomio Criminale di Beltugurio che lo cercano, ci sono sullo sfondo piccole isole tra le più belle che l’Italia possa vantare, le Eolie.
C’è una storia breve, drammatica, accennata più che definita, che ricostruiamo pagina dopo pagina in un crescendo di drammaticità.

Ogni tassello si congiunge al precedente in questo schema solo apparentemente libero: “ L’anima felice non è di ghisa” è l’incipit del racconto, un pensiero di Svanzica affacciato alla finestra in attesa di decidere del suo vivere, “Svanzica, ci lasci qui, prigionieri nella nostra anima di ghisa” è il pensiero di Bonavia a chiusura della sua storia.
In mezzo, poesia e teatro.
Se la ballata è poesia e musica, Bonavia ha scelto un giusto titolo, perché nella sue parole la musica è intrinseca, le sue parole sono poesia narrata, come spesso lo è anche il suo esprimersi quotidiano.
Nello specifico, poi, ha dato alla storia di Svanzica l’impronta della teatralità, è istintivo immaginare questo testo recitato su un palcoscenico, interpretato col cuore e con la mente, per percepirne la prepotente drammaturgia.
Bisogna davvero leggerlo, per assorbirlo, occorre farlo proprio più volte, per coglierne tutte quelle piccole sfumature che potrebbero essere sfuggite al primo impatto, legare a nodo stretto tutti i passaggi.
La chiave di lettura ce la offre Giovanni Bonavia stesso, in quarta di copertina: “Tutto ciò che appare è filigrana dell’invisibile”.
AUTORE: Giovanni Bonavia
TITOLO: La ballata del libero Svanzica
EDITORE: Besa Editrice
PAGG: 64, EURO 12,00