Sono trascorsi ormai vent’anni da quando Piergiorgio Paterlini, giornalista e scrittore, pubblicò per la casa editrice Feltrinelli un libro che si proponeva di indagare uno dei tabù incrollabili della società moderna, quello della bruttezza.
A distanza di così tanto tempo la casa editrice Einaudi ha deciso di riproporre questa lettura, non certo perché la si possa annoverare tra i classici, ma perché purtroppo nulla è mutato, nel nostro modo di pensare, e le storture interpretative di oggi sono rimaste quelle di ieri.

“I brutti anatroccoli. Dieci storie vere” è il resoconto di come la nostra realtà sia sostanzialmente ipocrita, capace di negare l’esistenza dei cardini su cui essa stessa si fonda pur di salvare l’apparenza.
Difficile, infatti, pensare di trovare chi candidamente ammetta di preferire il contatto e la frequentazione di persone belle, tali esteriormente, non interiormente, mentre è assai più probabile ascoltare lodi sperticate su doti come intelligenza e simpatia, che a parole, ma solo a parole, compensano qualsiasi mancanza di qualità estetiche.
Peccato che tutto ciò non abbia alcuna corrispondenza nella realtà: a testimoniarlo sono i dieci protagonisti delle storie di Paterlini, uomini e donne dalla vita normale che si trovano a fare i conti tutti i giorni con una natura che nei loro confronti è stata poco generosa.
L’autore lascia loro il compito di narratori in prima persona, ma il risultato non è una inchiesta o una intervista, è una narrazione che scorre sul filo dell’empatia e che fa sì che ci si possa riconoscere come soggetti attivi o passivi in alcune di queste pagine.
Suvvia, come possiamo credere che, mentre dalle pagine patinate dei settimanali ci sorridono ammiccanti modelle longilinee e quasi anoressiche, una donna il cui peso ha raggiunto i cento kg. possa sentirsi davvero felice e realizzata?
Non qui, non in questo nostro mondo, dove i modelli proposti ci inducono a impietose valutazioni quotidiane davanti allo specchio e ci fanno sentire esclusi se non siamo alti, magri, belli e biondi.

La tristezza sta nel fatto che in vent’anni nulla sia cambiato, che la società prodotta dall’”edonismo reaganiano” degli anni Ottanta non sia stata relegata in uno sgabuzzino, ma ancora trionfi in ogni dove.
Le storie di questi brutti anatroccoli, professionalmente realizzati ma spesso affettivamente frustrati, sono state seguite negli anni per vederne l’evoluzione e testimoniarla: qualcuno con grande sforzo si è trasformato, almeno per un periodo di tempo circoscritto, in un cigno, ma per fare questo ha dovuto prendere atto di come la propria non bellezza fosse un vero e proprio handicap (così lo definiscono essi stessi) e combatterlo adeguandosi alle regole altrui: solo così c’è stata quell’accettazione a livello sociale tanto auspicata, quando apparire è stato diverso da essere.

Questo libro ci aiuta, con le sue cento pagine, a fare i conti con noi stessi: non facciamo che parlare di bellezza, cerchiamo di oggettivare questo concetto sino all’assurdo e non sappiamo, o non vogliamo, accettarne il rovescio, il contrario, perché lo troviamo anomalo, disturbante, in un mondo in cui vogliamo che ogni aspetto della realtà raggiunga il più possibile la perfezione.
Questi uomini e queste donne, questi dieci brutti anatroccoli, stanno lì a ricordarci, dalle pagine di Paterlini, che questo schema non è attendibile, che la bellezza è fatta di mille sfumature e soprattutto che dobbiamo imparare ad essere sinceri con noi stessi e ad abbattere i nostri preconcetti.
Sarà fors’anche vero che non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace, ma andatelo a raccontare a chi ha vissuto questa bugia sulla propria pelle…..
AUTORE : Piergiorgio Paterlini
TITOLO : I brutti anatroccoli. Dieci storie vere
EDITORE : Einaudi
Pagg.114, euro 10,00
disponibile in versione eBook