Il Salone del Libro di Torino, edizione 2015, ha chiuso i battenti.
I padiglioni del Lingotto, il grande contenitore, si svuotano, mentre il pensiero di tutti va a quella che sarà la prossima edizione, che sottende significativi cambiamenti.
Sia come deve essere, l’importante è che il Salone del Libro continui a vivere e a essere il simbolo culturale per eccellenza di Torino.
Per chi ha vissuto ore e giorni a stretto contatto con la manifestazione, urge una riflessione a posteriori sulla kermesse, perché un avvenimento di questa portata lascia fluire molti pensieri, durante e dopo il suo esserci.
Salone del libro 2015, un grande (e inaspettato) successo
I numeri innanzitutto, che non mentono: 341.000 visitatori, +15% di vendite dei libri di carta, per il Salone del Libro 2015.
Sono cifre che mettono in discussione il principio dell’Italia come paese di non lettori, di analfabeti culturali di ritorno, di generazioni di giovani che non sono attirati dai mondi possibili che i libri offrono.
Sono invece stati ben 13.000 gli studenti che hanno preso parte alle iniziative dedicate a loro nello specifico, il che implica una voglia di esserci, di partecipare, di condividere che lancia un segnale positivo per il domani.
Lunedì 18 maggio centinaia di studenti provenienti da scuole di tutto il Piemonte hanno affollato la Sala Gialla del Salone del Libro, seduti anche a terra in ogni angolo, per la chiusura dell’”Adotta uno scrittore” 2015, che ha permesso loro di avere in classe per alcuni incontri uno scrittore in carne e ossa, quell’essere da loro definito quasi alieno che invece ha assunto una dimensione umana, seduto nei loro banchi, pronto a dialogare, a condividere l’amore e la fatica della scrittura.
Il calore diffuso in quella sala era determinato non soltanto dalla temperatura esterna praticamente estiva, ma anche dall’adrenalina sprigionata da quei ragazzi, che applaudivano e tifavano per il “loro” scrittore come se fosse un idolo da stadio.
Una meraviglia per gli occhi e per le orecchie.
“Meraviglie d’Italia” era per altro il tema conduttore dell’edizione del Salone del Libro di Torino 2015, sottolineato ripetutamente agli oltre 80.000 spettatori che hanno assistito alle conferenze che si sono accavallate nei cinque giorni dell’evento, con relatori d’eccezione, da Lidia Ravera, madrina di questa edizione, a Massimo Recalcati, da Margherita Oggero a Catherine Dunne,da Mario Calabresi a Massimo Gramellini, solo per citarne alcuni.
Un’abbuffata di parole ascoltate e lette senza soluzione di continuità, un’offerta editoriale senza uguali, la possibilità di credere ancora nella straordinaria potenza del libro e della cultura, senza nulla togliere alle nuove realtà tecnologiche, sono il ricco bottino che un lettore-dipendente porta a casa insieme agli inevitabili acquisti compulsivi.
Salone del libro 2015, lo slogan vincente: LEGGERE PUO’ CREARE INDIPENDENZA
Chiunque si aggirasse tra gli stand editoriali del Salone del Libro si imbatteva in visitatori con sulla spalla una borsa, dono del GeMS, recante questa scritta, che riassume il senso di una manifestazione come questa, vissuta da una folla che cerca proprio nella potentissima arma della lettura la propria strada verso l’indipendenza.
Leggere rende liberi, rende capaci di affrontare l’oggi e il domani, aiuta ad elaborare la memoria, distrugge i falsi miti, abbatte gli idoli di cartapesta, genera un mondo migliore.
È uno slogan che funziona anche ribaltato, perché leggere può anche creare dipendenza, in un circolo vizioso tale per cui più si legge e più si leggerebbe, perché una volta saliti su questo treno, quello inventato dalla fervida fantasia di Belluca, straordinario personaggio pirandelliano, quello che ti porta ovunque col pensiero, non si riesce a scendere più.
Il desiderio più intimo del lettore seriale, che si aggira compiaciuto della sua passione all’interno del Salone del Libro, è che l’umanità che lo circonda, le centinaia di migliaia di persone che si muovono in quei padiglioni, diventino prima o poi tutte come lui.
Lo spera guardando lo sbuffante accompagnatore della lettrice appassionata, incrociando chi fa “la spesa” qui una volta all’anno e si toglie il pensiero, chi non può esimersi dal dire “io c’ero”, chi crede che andare al Salone faccia “figo”, chi si guarda intorno disorientato annegando in questa marea di libri.
Li guarda, sorride e pensa che l’anno prossimo sarà ancora qui, perché “l’annegar m’è dolce in questo mare”.