veleni bianchi

I 4 veleni bianchi dell’alimentazione: il parere degli esperti

Se l’Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato l’allarme sulla pericolosità della carne, Internet si schiera contro altri alimenti di uso comune. Negli ultimi mesi, infatti, in rete si sono moltiplicati gli articoli che parlano dei cosiddetti “veleni bianchi”: farina, latte, zucchero e sale. Secondo quanto si legge su molti portali, questi cibi causerebbero una serie di conseguenze nefaste. È davvero così? Lo abbiamo chiesto a un esperto, il dottor Renato Taverna, biochimico, specialista in nutrizione, a Milano e Sarzana.

Veleni bianchi: che cosa ne pensa delle voci che circolano in Internet?

“Si tratta di affermazioni discutibili. Come spesso quando si tratta di alimentazione, non si può essere categorici, ma bisogna considerare le cose da più punti di vista. Per esempio, è vero che la farina troppo raffinata ha un indice glicemico medio, ma è anche vero che quella integrale non è adatta a chi soffre di allergie al nichel perché contiene una quantità importante di questa sostanza.
Lo stesso si può dire per il sale: da un lato un eccesso negli alimenti causa ritenzione idrica e innalza la pressione, dall’altro però può essere prezioso per gli sportivi. Sciogliendo un cucchiaio di sale integrale in 500 ml di acqua oppure aggiungendolo a un centrifugato di frutta e verdura allungato con acqua si possono ottenere integratori casalinghi validi per lo sportivo che deve reintegrare i sali minerali e i liquidi persi con l’esercizio fisico”.

Veleni bianchi: questo vale anche per il tanto bistrattato zucchero?

“Assolutamente sì. È innegabile che sia un alimento poco adatto a chi soffre di glicemia alta e/o sovrappeso. Tuttavia, se una persona sana ogni tanto si concede una fetta di dolce non succede nulla. Addirittura lo zucchero può essere utile quando si è soggetti a un mancamento, perché fornisce una quantità di energia di pronto utilizzo. È d’aiuto anche a chi soffre di determinate malattie, per esempio i soggetti operati di neoplasie all’apparato digerente e gli anoressici, che devono prendere peso e non possono mangiare grandi quantità di cibo: utilizzato nei dolci, fornisce energia in breve tempo”.

Veleni bianchi: per il latte che cosa possiamo dire?

“Il latte è un ottimo alimento: è quasi completo (mancano solo le fibre) e fornisce una buona quantità di calcio, oligoelemento indispensabile per la crescita ossea. È vero che contiene uno zucchero che provoca un’intolleranza in alcune persone carenti dell’enzima lattasi. Ma anche in questi casi, l’intolleranza è dose-dipendente e soggettiva: gli intolleranti possono berlo in piccole quantità o assumere i suoi derivati come i formaggi stagionati che ne contengono pochissimo”.

Insomma, non è vero i veleni bianchi sono alimenti pericolosi?

“Quasi tutti i cibi possono esserlo, se non si usa il buon senso. Anche bere una bottiglia di vino rosso non è certamente un comportamento salutare, mentre limitarsi a mezzo bicchiere di vino rosso aiuta a proteggere il cuore. Occorre, innanzitutto, evitare l’abuso, che è nocivo in tutti i casi. E, in secondo luogo, bisogna considerare le condizioni di salute generale: quello che in determinate condizioni può far male, nella popolazione generale non può fare assolutamente nulla o addirittura fare bene. È tutta una questione di equilibrio”.

Il punto di vista della psicologa

Eppure, le accuse contro i quattro veleni bianchi, chiamati anche killer bianchi, non accennano a diminuire. Tutta colpa del potere del web? Abbiamo analizzato la questione con un’altra esperta: la dottoressa Marini Ugolini, psicologa e counselor, che si occupa di sostegno psicologico per problemi di sovrappeso e obesità, a Milano e Sarzana.

Oggi sono sempre più numerose le persone che si rivolgono alla rete per trovare informazioni relative alla salute. Per quale ragione?

“Credo che la motivazione principale sia rappresentata dal bisogno di sicurezza per il nostro presente e il nostro futuro. Infatti, uno degli aspetti che contribuiscono alla nostra sicurezza è proprio la salute. È normale dunque cercare informazioni in merito con tutti i mezzi a nostra disposizione, fra cui anche e soprattutto Internet. Il problema è che online si trovano spesso informazioni decontestualizzate o generalizzazioni che rendono l’informazione inutile o dannosa. Inoltre, i messaggi relativi alla salute e in particolare alla nutrizione sono sempre più numerosi, come dimostra il caso dei veleni bianchi. Questa sovrainformazione, invece di rassicurarci, mina ancor di più le poche certezze che abbiamo”.

Perché?

“Il nostro cervello, in cui i moduli cognitivi elaborano con grande efficienza la complessità, è invece molto “basic” nel gestire informazioni che minacciano la nostra sopravvivenza. Semplificando, posso dire che le attuali conoscenze ipotizzano che la parte del nostro cervello che elabora e gestisce le minacce provenienti dall’ambiente sia molto più arcaica e basata su automatismi rispetto a quella deputata al pensiero astratto. Infatti, questi moduli che abbiamo ereditato da specie che ci precedono evolutivamente, si limitano a riconoscere i pericoli e memorizzarli, con lo scopo di evitarli in futuro in modo più o meno consapevole.
La memorizzazione, marcata emotivamente dai pericoli, è molto profonda e resistente nel tempo e le informazioni che la contraddicono ci mettono in uno stato di allarme.
L’ambiente in cui si è evoluto il nostro cervello attraverso altre specie fino a noi era più semplice di quello attuale e le informazioni a disposizione erano limitate. Ora, in una società sempre più complessa, i messaggi che arrivano alla nostra mente sono molteplici e spesso contradditori. Quando l’informazione che ci raggiunge è discordante e importante per la sopravvivenza, come nel caso dei veleni bianchi, scatta un allarme con il risultato che la persona si sente confusa e, spesso, ansiosa”.

Questo capita a tutti?

“No. La risposta a uno stato di allarme è soggettiva: ciascuno di noi ha il suo modo peculiare di reagire. Tuttavia, dubbio, incertezza e disagio più o meno marcato accomunano un po’ tutti, che ne siamo consapevoli o meno. Questo eccesso di informazioni non mediate è uno degli aspetti dell’attuale realtà che ci consente di spiegare perché i disturbi d’ansia sono in continuo aumento. Fra l’altro, per placare quest’ansia, che è normale e umana, molti si rivolgono nuovamente alla rete, non rendendosi conto che così facendo non fanno che alimentare i loro dubbi o costruire discutibili certezze. Infatti, spesso, non ci sono gli strumenti conoscitivi per risolvere le contraddizioni presenti nella propria mente ed elaborarle verso una soluzione adeguata e l’impulsività che ne può conseguire porta a mettere in atto scelte di vita che possono esporre a problemi di salute”.

About Silvia Finazzi

Giornalista freelance dal 2001, giornalista professionista dal 2008, web writer e copywriter dal 2010, scrive principalmente di salute, medicina, attualità, benessere, tecniche naturali, alimentazione, psicologia e maternità. Attualmente, è caporedattore del free press Io Bimbo Magazine, collabora con il sito www.bimbisaniebelli.it, il magazine www.modaacolazione.com, il settimanale Viversani&belli e il mensile Come Stai. Inoltre, svolge attività di web writer, content editor e copywriter per diverse aziende. Ha scritto diversi libri e volumi e ha vinto quattro premi giornalistici.

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