L’alimentazione, la salute e la cultura del cibo sono temi importarnti. A Parma, dal 4 all’11 ottobre 2014, si parla di obesità e malnutrizione. Ci sarà, infatti Obesity Week, Settimana per la Prevenzione dell’Obesità e per un corretto Stile di Vita
In Italia, 4.898.496 adulti (circa il 9,9%) sono obesi e 16.000.000 in sovrappeso. Il fenomeno ha risvolti sociali, poiché incide sul 6,7% della spesa sanitaria pubblica, con costi di circa 23 miliardi di euro all’anno. Non solo: l’obesità è connessa con l’insorgenza di malattie cardiovascolari, osteoarticolari e metaboliche e può determinare negli interessati disagi psicologici, minor rendimento a scuola e al lavoro e riduzione della qualità e dell’aspettativa di vita. Per arginare la progressione del peso degli italiani, sono necessari interventi mirati di cui si discuterà a , in programma a Parma da sabato 4 ottobre a sabato 11 e organizzata dal professor Leone Arsenio (medico nutrizionista e docente presso l’Università di Parma) e dal dottor Federico Cioni (responsabile della Casa Editrice Scientifica Mattioli 1885 di Fidenza).
Nella VII edizione di Obesity Week, alla ricerca di soluzioni efficaci, l’osservatorio sui problemi di peso allarga gli orizzonti a livello mondiale grazie alla partecipazione del dottor Tommaso Cavalli-Sforza che, dopo l’attività in Italia, si è occupato di nutrizione per l’OMS-Organizzazione Mondiale della Sanità nei Paesi in Via di Sviluppo, come le Filippine. «Alcune popolazioni non hanno a disposizione i fondi e le conoscenze per una dieta adeguata per cui, in queste aree, coesistono malnutrizione e obesità», riferisce lo specialista, «Tuttavia molte di queste Nazioni si sono dimostrate più ricettive di quelle occidentali nei confronti delle “Nove Strategie Globali” per una sana alimentazione, messe a punto da FAO e OMS alla Conferenza Internazionale sulla Nutrizione, a Roma nel 1992, intervenendo su vari aspetti, tra cui agricoltura, produzione, igiene, micronutrienti e carenze di micronutrienti e prevenzione delle malattie croniche degenerative. Ogni Stato, compresa l’Italia, ha recepito queste Linee-guida, modificandole secondo propri criteri, ma in alcuni Paesi, come a Singapore, sono state seguite con maggior adesione».
A novembre, dopo 22 anni dalla loro divulgazione, le strategie verranno riviste alla II Conferenza Internazionale sulla Nutrizione, promossa a Roma dalla FAO e dall’OMS. Negli anni, dalle proposte iniziali ne sono sorte altre, come spiega il nutrizionista: «Nel 2002, l’OMS ha sviluppato una raccomandazione sull’allattamento al seno, legata a una precedente, del 1983, con un codice per le aziende di prodotti sostitutivi del latte materno che dovrebbero astenersi dal promuovere in modo allettante l’allattamento artificiale. Infatti si è visto che chi viene allattato esclusivamente al seno nei primi sei mesi di vita presenta un Quoziente Intellettivo superiore anche di otto punti rispetto agli altri e una mortalità nei primi 5 anni inferiore del 13%. In pratica, l’OMS consiglia di allattare al seno i bambini per i primi sei mesi di vita e di continuare anche oltre i due anni di età, completando la dieta con alimenti corretti».
A Parma, durane Obesity Week il dottor Cavalli-Sforza porterà anche le esperienze conseguite al Centro di Prevenzione dell’Obesità che ha contribuito a fondare 10 anni fa a Melbourne, in Australia: «Dato che sarebbe possibile allungare di sei anni la vita di un soggetto, bisogna intervenire sui vari fattori di rischio dell’obesità. Nel 2004, ci si è focalizzati sull’incremento dell’attività fisica e sulla prevenzione di patologie croniche degenerative, come i tumori. Negli anni successivi, sono aumentati gli interventi per la lotta all’ipertensione, in prevalenza da eccessivo uso di sale, che è diventata la prima causa di morte nel mondo, superando il tabacco. Grande importanza nella dieta è stata data anche a un minor consumo di acidi grassi saturi e di zucchero (non oltre il 10% delle calorie quotidiane) e a un maggior apporto di fibre e di grassi insaturi».
Secondo l’esperto, per ridurre la prevalenza dell’obesità ci vorrà tempo, mentre arrestare l’aumento dei casi sarebbe già un successo. «Anche la riduzione di un chilo di peso all’anno, in media, in una popolazione in età scolare può essere un buon risultato», dichiara Cavalli-Sforza, «Ma per ottenere esiti migliori, occorre intervenire anche sulla comunità, perché le condizioni ambientali esterne sono incisive: ad esempio, le informazioni sull’opportuno consumo di frutta e verdura non funzionano se le persone non trovano questi alimenti, come a scuola dove non dovrebbero esserci distributori di junk food. Un ruolo proattivo nel contesto è quello dell’industria alimentare che, al di là del profitto, dovrebbe utilizzare ingredienti più salutari per i suoi prodotti pronti, ormai entrati a far parte della dieta quotidiana della maggioranza delle persone».
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