Si è concluso ieri a Roma congresso annuale europeo di reumatologia promosso dalla European league against rheumatism (Eular). In questa sede, il dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche dell’università di Bologna ha presentato una ricerca della quale si è occupato in prima persona il professore ordinario Claudio Borghi. In questo studio si mette in relazione la gotta con l’incremento del rischio cardiovascolare, in pazienti sofferenti di entrambe le malattie. La gotta era considerata, in passato, una malattia propria del ceto nobiliare. E’ caratterizzata da alti livelli di acido urico sierico: è una malattia del metabolismo, con attacchi ricorrenti di artrite infiammatoria acuta; si manifestano dolore, arrossamento e gonfiore delle articolazioni, proprio a causa del deposito di cristalli di acido urico. L’alimentazione incide nel 12% dei casi: attenzione a liquidi zuccherati, carne, frutti di mare ma anche, secondo studi recenti, fagioli, piselli, lenticchie e spinaci. Lo studio presentato a Roma, che ha messo in evidenza questa importante correlazione, si chiama “European cardiovascular risk patients: disease prevention and management in usual daily practice study” e focalizza la prevenzione. La ricerca ha interessato 7.580 pazienti di 12 paesi europei, di età media pari a 63,2 anni, interpellati tra la metà del 2009 e l’inizio del 2010. Di essi, poco più della metà erano donne. Nessuno studio, prima d’ora, ha interessato un numero così elevato di nazioni, posto che in precedenza ci si rivolgeva a singoli stati. Queste popolazioni hanno una diversa produzione di acido urico, perché il loro nutrimento è diverso: nonostante ciò, la correlazione tra gotta e rischio cardiovascolare resta, dunque è un fatto osservabile, come afferma l’Alma Mater studiorum. Negli ultimi due decenni, il numero di diagnosi di gotta è cresciuto e si è parlato, con essa, di incidenza di altre patologie nello stesso individuo. Simili ragionamenti possono migliorare il trattamento dei pazienti.
