Un viso invecchiato viene di solito associato alle rughe. In realtà ciò che conferisce l’immagine davvero decadente di un volto, non sono tanto i segni d’espressione quanto i cedimenti del tessuto cutaneo. Col passare degli anni, infatti, i tessuti profondi della pelle, si impoveriscono, perdono cioè elastina e collagene, le sostanze che agiscono da strutture di sostegno e che danno volume al viso. Il risultato è che le guance “scivolano” inevitabilmente verso il basso. Tra la radice del naso e l’angolo interno dell’occhio, si forma un avvallamento, all’inizio appena percettibile; man mano che il tempo passa, però, questo solco si allunga progressivamente e diventa più profondo. Questo spostamento di volumi ha come conseguenza anche la perdita di definizione del contorno del viso. Che fare allora? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Elena Guarneri, medico chirugo, esperta in medicina estetica.
Acido polilattico: dalla medicina all’estetica
Fortunatamente la moderna medicina rigenerativa oggi offre soluzioni specifiche proprio per questo problema. Si tratta dell’acido polilattico, un polimero, cioè una sostanza sintetica, biodegradabile, che viene assorbita dal corpo lentamente e in modo naturale.
Non essendo una sostanza di derivazione animale, l’acido polilattico è inerte e, proprio per questo, non richiede alcun test prima del trattamento per verificare l’eventuale allergia al prodotto. Si tratta, infatti, della stessa sostanza di cui possono essere fatti determinati dispositivi medici: fili di sutura, viti e placche utilizzati in chirurgia generale.
Per gli specialisti in medicina estetica invece, l’acido polilattico viene considerato un filler di lunga durata, anche se per composizione e modalità d’azione è molto diverso dagli altri prodotti che si iniettano nella cute e che hanno lo scopo di riempire le rughe. La sua azione infatti non si basa sul semplice riempimento del difetto cutaneo, ma sull’aumento di volume del dovuto alla proliferazione di neocollagene.
Il prodotto richiama acqua e provoca una blanda prolungata reazione infiammatoria, con formazione di “neocollagene”. A differenza di altri fillers l’Acido polilattico ha un effetto “qualitativo” in quanto l’efficacia della correzione non è dovuta alla quantità iniettata, ma alla stimolazione del derma con conseguente aumento di spessore.
L’acido polilattico rigenera il tessuto connettivo
Iniettato nella cute, più precisamente sotto lo strato dermico, l’acido polilattico richiama acqua nella zona e provoca una leggera reazione infiammatoria che stimola i fibroblasi, (le cellule del tessuto connettivo), a formare nuovo collagene provocando così un aumento di volume del tessuto stesso. A differenza di altre sostanze filler, questa sostanza ha un effetto qualitativo perché la sua efficacia non è determinata dalla quantità di prodotto iniettato, ma dalla sua azione stimolante. Per questa ragione viene considerato un vero e proprio ricostituente del connettivo. E’ proprio in questo modo si spiega la capacità dell’acido polilattico di “rimpolpare” le guance cadenti, offrendo una piacevole sensazione di morbidezza al tatto e di naturalezza.
Non è tutto: il trattamento viene eseguito su tutta la zona del viso interessata da cedimenti, quindi la correzione, non si limita a risollevare il solco creato da una ruga specifica. Il risultato è un ringiovanimento generale dovuto a un piacevole effetto lifting.
L’acido polilattico è sicuro e versatile
Per i suoi precedenti usi in medicina, l’acido polilattico è considerato uno dei prodotti per estetica più sicuri. Un altro fattore importante da considerare è che l’acido polilattico non è un filler permanente, le sue particelle si degradano lentamente, fino al completo assorbimento da parte dell’organismo all’incirca in un paio di anni. Dermatologi e medici estetici, infatti consigliano l’uso esclusivo di sostanze iniettive biodegradabili e riassorbibili.
Per chi è indicato l’acido polilattico
L’acido polilattico è stato creato per chi vuole mantenere l’aspetto del viso più naturale possibile eliminando però i graduali effetti dell‘invecchiamento, in particolare il rilassamento delle gote, l’ipertrofia degli zigomi, gli avvallamenti prodotti dallo svuotamento del connettivo e le rughe profonde come i cosiddetti solchi della marionetta.
Non è indicato invece per la correzione di regioni dinamiche del volto, quelle interessate dalla mimica facciale, in particolare le labbra e gli occhi.
Come si effettua il trattamento con l’acido polilattico
- Mentre il paziente è sdraiato sul lettino, per prima cosa il medico sterilizzerà accuratamente la cute, quindi passerà alla preparazione del prodotto.
- Diversamente da come accade per gli altri filler, l’acido polilattico è un liofilizzato, si presenta cioè come una polvere micronizzata estremamente sottile alla quale, il medico aggiunge acqua sterile per iniezioni. In base alla quantità di acqua aggiunta si otterrà una soluzione più o meno concentrata indicata per trattare aree diverse anche in base al tipo di problema e all’obiettivo che si vuole raggiungere. Più il prodotto sarà concentrato più sarà adatto alla correzione dei volumi, mentre concentrazioni più blande agiscono come rivitalizzanti generali.
- A questo punto il medico, con un ago sottile, inietterà l’acido polilattico negli strati profondi della cute, praticando tante micro iniezioni in tutta la zona da trattare.
- Il medico, infine, massaggerà accuratamente il viso per alcuni minuti in modo da distribuire il prodotto uniformemente.
Poche ma importanti precauzioni
Come accade per tutte le iniezioni, il paziente può avvertire dolore o bruciore nel punto di inoculazione. Si tratta comunque di un fastidio sopportabilissimo tant’è vero che il trattamento non richiede nessun tipo di anestesia.
- E’ utile, invece, applicare sulla zona (almeno per 15 minuti) un impacco ghiacciato, sia prima di sottoporsi al trattamento, sia dopo. Il freddo, infatti, ha una doppia azione: anestetica e disinfiammante.
- Per le persone con la pelle molto delicata o per quelle particolarmente sensibili al dolore è consigliabile anche l’assunzione di granuli omeopatici a base di arnica iniziando la cura tre o quattro giorni prima del trattamento e continuando anche dopo per altri tre o quattro giorni.
- Una volta a casa è importante massaggiare le zone trattate con una crema lenitiva e drenante. Sono sufficienti pochi minuti un paio di volte al giorno per una settimana.
- Se nei giorni successivi al trattamento dovesse comparire un’infiammazione o se si avvertono dei noduli sotto cute è importante informare immediatamente il medico.
Risultati duraturi ma non immediati
Le microparticelle di acido polilattico, infiltrate nello strato subdermico stimolano il tessuto circostante a produrre fibre collagene tipo 1. Questa lenta e progressiva produzione di collagene aumenta il volume nelle aree atrofiche.
Per ottenere un buon risultato, generalmente sono sufficienti due o tre sedute, mentre nei casi più importanti occorrono almeno cinque o sei trattamenti. Il numero delle sedute è strettamente legato al tipo di problema da correggere, all’età e alle condizioni del derma del paziente.Ogni seduta costa dai 300 ai 500 euro a seconda delle zone trattate e della quantità di matriale necessario.
Benché l’infiltrazione di acido polilattico permetta di ottenere un miglioramento immediato, nei giorni successivi al trattamento l’acqua inoculata viene riassorbita dall’organismo. Il viso quindi tende a riprendere l’aspetto che aveva precedentemente al trattamento. Questo non significa che la molecola si sia volatilizzato, anzi. I risultati divengono visibili dopo circa 6 settimane e mediamente durano un anno e mezzo. Trascorso questo periodo sarà opportuno rivolgersi nuovamente al medico per un ritocco che di solito richiede meno prodotto e meno sedute rispetto al primo ciclo di trattamenti.
Pochi effetti indesiderati
I più comuni effetti collaterali sono paragonabili a quelli conseguenti a qualsiasi iniezione: sanguinamento, dolore, arrossamento, gonfiore o piccoli ematomi. Questi effetti generalmente durano, da due giorni a una settimana. Inoltre, talvolta, nella zona trattata, possono formarsi piccoli granulomi sottocutanei, non visibili, ma percepibili al tatto. Questi noduli tendono a presentarsi nei primi mesi dopo il primo trattamento, e possono regredire spontaneamente.