
“C’è una leggera ripresa, ma siamo lontani dai livelli degli anni 2000”. Così Fortunato Giovannoni, presidente della Fiavet, federazione che riunisce le agenzie di viaggio, sull’andamento di questa stagione turistica. La crisi che si fa sentire non fa passare la voglia di vacanze degli Italiani, seppur all’insegna della parsimonia e senza troppe illusioni. Anche perché, per il 45% dei nostri connazionali, quella del 2014 sarà ancora “un’estate di stagnazione”. Quindi sì a più vacanze ma con maggior attenzione ai costi. Cresce, infatti, per la prima volta dall’estate 2010, del 6% il numero dei vacanzieri, pari a 1.542.000 persone in più, ma spenderanno meno, tanto che la spesa media per persona registra un notevole passo indietro, pari a -18% rispetto all’estate del 2013, attestandosi a 788 euro. E’ questa la fotografia scattata dall’indagine Confesercenti-Swg sulle vacanze estive 2014.
Gli Italiani con la valigia in mano sono il 64%, circa 27.242.000 di persone, mentre resterà a casa uno su tre. La spesa prevista complessiva dei vacanzieri è di quasi 21,5 miliardi di euro, in calo di circa 3,2 miliardi (-13%) sul 2013. E diminuisce anche la durata della vacanza, con una media 11 giorni fuori casa, contro i 12 dello scorso anno e i 14 del 2008, prima della crisi. Nella pianificazione delle vacanze, agosto rimane il mese preferito, segue luglio, in ribasso dal 38% al 34%, mentre a settembre andrà in vacanza solo il 18% degli Italiani. «Il mix di promozione, servizi e ottima offerta eno-gastronomica fanno della Puglia la destinazione prediletta», spiega Giovannoni, «ma rende bene e cresce anche il settore delle crociere.

Il Salento, dunque, si piazza al primo posto, soffiando il podio alla Sicilia e declassando nettamente la Toscana, mentre l’estero diventa sempre più un miraggio; troppo costoso volare oltre confine, considerando che solo restando in patria il soggiorno di una famiglia di 4 persone che alloggia una settimana in albergo finisce per costare 140 euro al giorno: «Cifre che pesano come un macigno, di questi tempi», calcola ancora Giovannoni. Sebbene, quindi, il settore turismo si riveli sempre di più il motore rombante della nostra economia, le rinunce degli Italiani continuano ad avere un impatto sostanzioso, soprattutto tenendo conto che esse non riguardano solo viaggi e vacanze: tre Italiani su quattro non esitano a tagliare le spese per l’abbigliamento e il 71% dice addio agli acquisti tecnologici. È quanto emerge da uno studio della Coldiretti sull’impatto della recessione economica prevista da Bankitalia nel 2013 sulla spesa dei cittadini, in base all’indagine Deloitte. Ma quello che fa più pensare è che non siamo disposti a mettere mano al portafoglio nemmeno per spese alimentari e salute, sebbene siano proprio queste le voci più difficili da tagliare. Si tratta di un risultato che – precisa la Confederazione – è il frutto delle aspettative negative sull’andamento del potere d’acquisto nel 2013 per il quale ben il 48% dei consumatori Italiani si considera preoccupato e mantiene una visione negativa (contro il 34% della media europea), mentre solo l’8% pensa che la propria capacità di spesa migliorerà (contro il 19% della media europea). A cambiare sono in generale i comportamenti di acquisto di tutti i beni e servizi con i consumatori guardano sempre più alla convenienza dei prodotti e dei punti vendita. Ecco perché la lista della spesa torna ad avere un ruolo da protagonista per evitare gli acquisti d’impulso, si ricorre alla ricerca su internet per confrontare prezzi e ricercare offerte promozionali, si fa lo slalom tra le corsie dei supermercati e la spola tra diversi punti vendita.
A fronte di un quadro così sconfortante e di una situazione economica che non sembra mostrare segni di miglioramento, un dato potrebbe stupire: la Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi, aderente a Confcommercio, segnala che, nonostante la crisi, gli Italiani hanno voglia di uscire sempre di più; frequentare ristoranti e locali resta comunque una piacevole abitudine. Nel 2012 gli Italiani hanno speso 73 miliardi tra caffè e take away, pari al 35% della spesa alimentare. Sempre più amata la colazione al bar – assicura la Federazione, in calo la pausa pranzo mentre, a sorpresa, aumentano coloro che escono fuori a cena, magari puntando sulle pizzerie dove lo scontrino é più basso dei ristoranti. Evidentemente la voglia degli Italiani per pizze, caffè e brioche è (quasi) più forte del conto in rosso e, forse, chi dice che la crisi c’è ma i ristoranti sono pieni non ha poi tutti i torti. Parola delle statistiche!