Più di duemila anni di storia, dalla colonizzazione romana ai giorni nostri, definiscono la vita della viticoltura friulana e dell’ enologia pordenonese. Rimasta quasi immutabile fino alla fine del XIX, quando la filossera e poi i vari conflitti bellici distrussero la maggior parte dei vigneti, la viticultura fu costretta a cambiare volto.
Un nuovo impulso fu dato dall’irrigazione di vaste aree che permisero la coltura della vite su nuovi terreni, dalla selezione dei vitigni, dall’uso di nuove tecniche di razionalizzazione degli impianti, nonché dalla lungimiranza dei produttori che hanno puntato sulla qualità piuttosto che sulla quantità.
Enologia pordenonese: varietà e caratteristiche
Nei territori di Pordenone si producono i seguenti vini DOC (denominazione d’origine controllata) Friuli Grave
Vini bianchi: Chardonnay, Friulano, Pinot Bianco, Pinot Grigio, Riesling, Sauvignon, Traminer aromatico, Verduzzo friulano
Vini rossi: Cabernet franc, Cabernet sauvignon, Merlot, Pinot nero, Refosco dal peduncolo rosso.
I vini bianchi fermi presentano una buona acidità, profumi fruttati e freschi, mentre quelli rossi sono armonici da giovani e più strutturati se invecchiati. I vini frizzanti hanno un perlage sottile e profumi equilibrati e gli spumanti sono di ottima struttura, con profumi intensi e complessi e perlage molto fine e persistente.
Enologia pordenonese: gli antichi vitigni autoctoni
Per terminare il quadro vitivinicolo è importante parlare degli antichi vitigni locali che si pensavano perduti ma che alcuni estimatori hanno salvato dai rovi. Il Piculit neri (forse già presente nelle tavole romane), lo Sciaglìn, il Forgiarìn (dal paese Forgaria da cui ricercati potatori di viti emigrarono in Ungheria e Romania nei secoli scorsi), il Cividìn (citato in documenti del 1600/1700 e servito durante le cerimonie nuziali), il Cjanòrie e l’Ucelùt.
Enologia pordenonese: le barbatelle di Rauscedo
Le barbatelle sono piantine di vite innestate e pronte per essere ripiantate.
Quando, alla fine del diciannovesimo secolo, la filossera distrusse la quasi totalità delle viti mettendo in ginocchio l’enologia europea, si cominciarono ad innestare le varietà europee su viti americane le cui radici non vengono colpite dalla malattia. Furono proprio gli agricoltori di Rauscedo ad utilizzare la tecnica di questo tipo di innesto, insegnata loro da un ufficiale dell’esercito durante la Prima Guerra Mondiale. Oggi oltre 250 vivaisti di Rauscedo producono più di 70 milioni di giovani viti che vengono esportate in tutto il mondo.
Enologia pordenonese: l’enoturismo
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