Gli animali provano emozioni proprio come gli umani?
Chi ha un animale in casa sa quale gamma di emozioni sono in grado di esprimere, almeno una volta si è posto la domanda: gli animali provano emozioni? Sentono “come noi”?
La questione potrà apparire bizzarra, ma è tutt’altro che campata in aria. Anche gli scienziati si pongono il problema. Fin dagli anni ’60 sono state condotte ricerche scientifiche per indagare, per capire qualcosa di più della mente e del modo di sentire degli animali.
E’ un dibattito molto legato all’etica, al concetto dei “diritti” degli esseri viventi in quanto tali. Non fornisce conclusioni o risposte certe. Le opinioni degli scienziati sono diverse. Ma offre spunti molto interessanti: almeno, per chi ha a cuore gli animali.
La mente animale
Da decenni gli etologi, gli specialisti dei primati e gli psicologi comparati fanno ricerche sulla mente degli animali. E la conclusione a cui si sono giunti è che certamente alcuni tipi di animali – soprattutto primati, ma non solo – hanno facoltà mentali talvolta molto sviluppate.
Facciamo qualche esempio:
– abilità cognitive (per esempio, capire il funzionamento di uno strumento oppure formare una storia di senso compiuto mettendo nella sequenza giusta disegni o fotografie);
– abilità di comunicazione (capacità di “dialogare” e di farsi capire da un essere vivente non della propria razza, tra cui l’essere umano);
– abilità numeriche (capacità di calcolare il numero degli oggetti);
– capacità di rappresentazione spaziale (agiscono in base alla percezione esatta degli ambienti in cui sono).
Gli scienziati sono dunque giunti ad accertare che la mente di alcuni animali funziona come una palestra; in un certo senso, proprio come quella umana.
Gli animali imparano – dall’esperienza e dal modello dei genitori e affini – a capire e interpretare il mondo e i fenomeni che avvengono intorno a loro; sanno acquisire nuove informazioni e usarle per avanzare, per fare meglio, per fare qualcosa di nuovo.
E’ indiscutibile dunque che abbiano abilità mentali. Ma questo non significa con certezza che abbiano “coscienza”.
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Cosa si intende, esattamente, per “coscienza”? Secondo la scienza, essere coscienti significa essere:
– consapevoli di se stessi (e della propria esperienza cognitiva);
– consapevoli dell’ambiente;
– consapevoli di sé nell’ambiente (dunque delle conseguenze delle proprie azioni).
Per capire se gli animali (o almeno alcune specie) ce l’hanno, gli studiosi si sono concentrati in particolare su una prova: riconoscere se stessi allo specchio.
Gallup e gli scimpanzé
Celebre è l’esperimento fatto dallo psicologo comparatista Gordon Gallup, negli anni ’70, con gli scimpanzé.
Il ricercatore ha messo un gruppo di scimpanzé in una gabbia – in una stanza vuota – per 2 giorni. Poi ha posizionato uno specchio davanti alla gabbia, per diversi giorni consecutivi (a varia distanza) e per un totale di 80 ore di esposizione. Cosa è accaduto?
All’inizio gli animali hanno reagito come se l’immagine allo specchio fosse un altro scimpanzé. Ma hanno iniziato a capire, già dal secondo giorno, che qualcosa non funzionava…
Dal 3° giorno in poi, hanno cominciato ad avere comportamenti definiti “autodiretti”. Cioè:
– si pulivano parti del proprio corpo visibili solo grazie allo specchio;
– si pulivano i denti guardandosi allo specchio;
– facevano bolle di sapone e versacci allo specchio;
– manipolavano il cibo, guardandosi allo specchio.
Gallup li ha sottoposti a un’altra prova. Ne ha marchiati alcuni con una vernice rossa, due macchie sulla fronte e sull’orecchio. E li ha rimessi davanti alla loro immagine. L’ipotesi scientifica era questa: se l’animale non riconosce il proprio riflesso, toccherà la macchia rossa sullo specchio. Se invece sa che quello allo specchio è lui, si toccherà direttamente la fronte.
Gli scimpanzé di Gallup si sono toccati la fronte.
Esperimenti simili sono stati condotti, nei decenni successivi, con altre specie di primati (per esempio, scimmie cappuccine e macachi). Non tutte rispondono allo stesso modo.
Reiss e i delfini
E altri animali che ci sembrano intelligentissimi, ma non sono primati?
La psicologa americana Diana Reiss, dell’Hunter College di New York, agli inizi degli anni Duemila ha fatto l’esperimento dello specchio con due delfini.
In una prima fase c’è stata solo l’esposizione semplice degli animali di fronte alla propria immagine. In una fase successiva, anche il test con il marchio colorato.
Si è osservato che i delfini, nel corso dei giorni, si interessavano della propria immagine e usavano lo specchio per indagare le parti del proprio corpo marchiate dal colore.
Secondo la ricercatrice anche i delfini mostrano una forma di auto-riconoscimento attraverso la propria immagine riflessa. E dunque di coscienza di sé. I delfini potrebbero dunque avere un processo di evoluzione delle capacità mentali simile all’uomo (e ai primati più evoluti come gli scimpanzé).
Gli elefanti di Plotnik
Stesso esperimento viene fatto, nel 2006, con 3 elefanti femmine nello Zoo di New York.
Lo psicologo Joshua Plotnik espone i 3 pachidermi allo specchio e poi li sottopone al mark-test di colore. Le conclusioni sono molto interessanti, anche se non univoche.
Innanzitutto gli elefanti si interessano dell’immagine allo specchio solo quando lo specchio è abbastanza grande da rifletterli per intero (2,5 metri di lato).
Tutti e 3 gli elefanti, a quel punto, adottano alcuni comportamenti “auto-diretti”: cercano di capire se c’è un altro elefante dietro lo specchio; si strusciano a lungo contro lo specchio; e infine muovono la proboscide ripetutamente, per vedere se l’immagine allo specchio fa la stessa cosa.
Un solo elefante supera però il cosiddetto “mark-test”: gli viene fatta una macchia bianca di colore dietro all’orecchio (la può vedere soltanto allo specchio); l’animale si tocca subito direttamente il corpo, fin dal primo giorno di test. Gli altri 2 elefanti, invece, non mostrano alcuni interesse per la macchia.
Un simile esperimento condotto sempre sugli elefanti, dal ricercatore americano Povinelli, è però fallito del tutto.
Macachi al computer
I macachi sono scimmie che hanno sempre fallito il “test dello specchio”. Non hanno cioè dimostrato di sapersi riconoscere nella propria immagine. E dunque gli scienziati hanno sempre concluso che non avessero “consapevolezza” di sé.
Ma uno studioso dell’università americana di Buffalo, Justin Couchman, li ha sottoposti a un altro tipo di esame. E non è d’accordo.
Couchman ha selezionato 40 studenti e 4 macachi. Li ha messi ciascuno davanti a un computer. La prova consisteva nello spostare un cursore sullo schermo – manovrando un joystick – mentre altri cursori ne disturbavano il movimento.
Al termine del gioco, a ciascun individuo (studenti e scimmie) veniva chiesto di indicare quale fosse stato, tra tanti, il cursore che avevano manovrato. Studenti e macachi (tutti e 4) hanno indicato il cursore giusto.
La conclusione di Couchman è che i macachi mostrano di essere consapevoli delle conseguenze delle proprie azioni. E dunque hanno una qualche forma di coscienza di se stessi.
Le ricerche di Povinelli
Daniel Povinelli è un primatologo dell’Università della Luisiana che studia gli scimpanzé dagli anni ’90. E la sua posizione è importante perché rappresenta un po’ l’ultima frontiera della ricerca in questo campo.
Povinelli non propende affatto per il “sì” (anche se non rifiuta del tutto). La sua posizione è di parziale scetticismo.
Secondo le sue ricerche (condotte sia in natura, sia nella riserva dell’Università) gli scimpanzé hanno un’idea chiara di ciò che possono osservare e percepire con i sensi: le cose e come funzionano, le persone, gli altri animali… ma non sono in grado di ragionare su fenomeni non osservabili. Non sono in grado, per esempio, di capire gli stati mentali degli altri.
Secondo questo studioso, certi gesti (come quello di indicare, per esempio) potrebbero avere un significato molto differente tra uomo e animale.
Il ricercatore americano, in sostanza, sembra dunque propendere per l’idea che gli scimpanzé abbiano una consapevolezza dei fenomeni esterni a se stessi, ma non una vera e propria coscienza di sé.
Gli animali provano emozioni umane?
Anche se molti scienziati ormai non sollevano dubbi all’idea di attribuire agli animali una coscienza, le risposte scientifiche non sono sufficienti. E ci sono opinioni diverse.
Il dibattito rimane molto complesso. Ma in ogni caso ha avuto delle conseguenze. Tutte queste ricerche, tutti i dubbi e le idee, hanno cambiato il rapporto tra uomo e animale.
In particolare:
– c’è una maggior consapevolezza del legame tra l’evoluzione dell’essere umano e quella delle specie animali;
– c’è stata un’influenza sulla ricerca sperimentale, con regole più severe sia per limitare l’uso degli animali come cavie, sia per ridurre le sofferenze e il disagio che si infliggono agli animali nei laboratori (su questo fronte, c’è ancora una battaglia molto ampia da parte degli animalisti).
– è un po’ più affermato il principio che gli animali – in quanto esseri viventi – hanno dei diritti: il diritto al proprio benessere, a non subire abusi e a godere del pianeta… al pari della specie umana.