Scrittore, architetto, illustratore, attore, regista, Francesco Carofiglio ha forse più facilità a dire quali ruoli non ha rivestito in campo artistico rispetto alle esperienze vissute in prima persona.
Fratello di Gianrico, non si è ritagliato un possibile ruolo marginale all’ombra del fratello maggiore, ma ha percorso una sua strada ricca di esperienze altre e successi certi.
A far convergere le due esperienze di vita nel 2007 è stata la graphic novel “Cacciatori nelle tenebre”, e nel 2014 il romanzo memoir “La casa nel bosco”, legato ai ricordi d’infanzia incardinati sui piatti cucinati dalle nonne.
Diversi da sempre, uno goloso l’altro salutista, uno estroverso l’altro chiuso a riccio, hanno evidenziato anche due stili di scrittura molto differenti, come lo sono gli argomenti dei loro romanzi.
Per il suo ultimo lavoro, “Le nostre vite”, Francesco Carofiglio è tornato sul tema della memoria e del ricordo del passato: abituati come siamo a ripescare dentro di noi i ricordi, difficilmente ci capita di immaginare cosa potrebbe comportare perdere tutto il bagaglio personale, dimenticare per sempre chi eravamo e com’era la nostra vita.
L’autore ci propone una realtà di questo tipo, ci fa partecipi dell’esistenza di Stefano Sartor, il suo protagonista, per il quale il significato degli avverbi prima e dopo ha perso ogni sfumatura di banalità.
Perdere per sempre una parte della propria vita
Stefano ha vissuto due esistenze: la prima si è conclusa per sempre a diciannove anni, quando è miracolosamente sopravvissuto a un drammatico incidente domestico, un’esplosione che ha distrutto la casa in cui viveva, uccidendo i suoi genitori e privandolo per sempre del passato.
Gli studi scientifici ci hanno disvelato almeno in parte i meccanismi che stanno alla base dell’affascinante mondo dei ricordi: essi sono conservati primariamente nella corteccia cerebrale e il centro di controllo che li genera si trova all’interno del cervello.
La sala di comando della memoria si trova nell’ippocampo, a cui spetta il compito di “rimembrare” i fatti, mentre l’amigdala ne giudica la valenza emozionale.
L’amigdala quindi fornisce a ogni stimolo il livello giusto di attenzione, lo arricchisce di emozioni e, infine, ne avvia l’immagazzinamento sotto forma di ricordo.
L’abitudine alla meravigliosa complessità del nostro cervello ci fa spesso dimenticare quale lavoro straordinario esso compia centinaia di volte ogni giorno: lo comprende bene Stefano Sartor nel momento in cui, risvegliatosi in ospedale dopo il trauma, scopre di aver perso ogni traccia del suo passato, di aver smarrito ciò che gli studiosi definiscono il sé autobiografico.
Come un veterano di guerra afflitto da disturbo da stress post-traumatico, anche Stefano ha inconsciamente chiuso la porta ai suoi ricordi, ma non è più riuscito ad aprirla, nonostante le cure e l’aiuto della sua terapeuta.
Francesco Carofiglio ci racconta questo passato attraverso rapide analessi, concentrandosi sul presente, sul momento in cui Stefano, trent’anni dopo, è ormai un affermato docente di filosofia che vive a Parigi, insegna alla Sorbona e scrive saggi capaci di diventare bestseller internazionali.
La storia della sua vita, che lui stesso definisce la storia immaginata della vita di un altro che non esiste più , appassiona i lettori ma non ha per lui alcun valore terapeutico, nulla riesce a sollevare il velo calato sul suo passato.
Se è diventato l’uomo che è, Stefano deve ringraziare il nonno Zeno, che al momento della tragedia non solo gli fu vicino, ma anche gli diede una nuova famiglia, portandolo con sé nella sua masseria in Puglia.
Uomo acuto e colto, Zeno ha permesso a Stefano di avere una nuova vita, una nuova identità, persino un nuovo nome da cui ripartire, per superare il trauma e la devastante amnesia.
Stefano è un uomo senza passato, non ricorda di essere mai stato bambino, non porta dentro di sé tracce dell’amore dei genitori, la sua memoria è un paese inesplorato, che attraversa insieme alla sua terapeuta Barbara e cerca di fissare nel suo diario del sonno.
La pluralità delle vite nel racconto di Francesco Carofiglio
Stefano ruba spesso il palcoscenico nel romanzo di Francesco Carofiglio, ma la sua non è l’unica vita ad essere indagata.
Parallelamente alla sua scorre quella di Anna, fotografa affermata in procinto di allestire una mostra a Parigi.
Per un caso fortuito, voluto dall’imperscrutabilità del destino, tocca ad Anna il compito di fare un servizio fotografico a Stefano, mentre lui si trova a Firenze.
Il tempo di alcuni scatti e tra i due sembra stabilirsi un contatto, un corto circuito della memoria che genera nulla più di una sensazione, destinata forse a perdersi per sempre.
Anna è una donna che ricorda purtroppo molto bene il suo passato, la sua adolescenza funestata da un evento tragico, col quale continua a fare i conti anche adesso che è adulta.
Risale a una estate di molti anni prima, quando durante una vacanza estiva in Puglia si innamorò per la prima volta e si lasciò trasportare troppo lontano dalla bellezza del suo sentimento, finendo per smarrirsi nel buio di una notte a spiaggia.
Stefano desidera ardentemente rimembrare il suo passato, Anna lo invidia perché a lei non è possibile cancellare e dimenticare il suo.
Sono due anime complicate, indagate da Francesco Carofiglio nel loro male di vivere, nel loro fuggire comunque dal presente, di cui per motivi opposti non riescono a gioire.
Stefano cerca spesso tra le pagine dei suoi autori preferiti le risposte al suo senso dell’abbandono, alla sua inquietudine, come succede col mito della caverna di Platone, una difesa dalla solitudine che gli impedisce di trovare una compagna di vita a cui legarsi senza remore.
Convergenze parallele e rette convergenti nelle pagine di Francesco Carofiglio
Anna e Stefano si assomigliano più di quanto essi stessi immaginino, anche se le loro vite hanno percorsi paralleli che mancano di punti in comune.
Talvolta, però, i miracoli succedono e Francesco Carofiglio sceglie di regalarne uno ai suoi protagonisti.
Anna ha allestito la sua mostra fotografica a Parigi e Stefano decide di partecipare al vernissage a cui era stato invitato a Firenze.
La sensazione di allora si trasforma in concreto desiderio di conoscersi, di lasciarsi trascinare da un piacere inatteso e imprevisto, da un rapporto che cancelli almeno per un po’ rimorsi e rimpianti, che trasformi due vagabondi erranti in una coppia di amanti sinceri e profondi.
Il punto di convergenza sembra però esaurirsi nel tempo necessario a capire che in realtà si sono già incontrati e forse vissuti molti anni prima, su una spiaggia in Puglia.
Capire e accettare diventa il loro modus vivendi, nel momento in cui entrambi devono fare i conti con le assenze: Zeno è morto e la madre di Anna non tarderà ad andarsene per una grave malattia.
Si perderanno ancora come tanti anni prima?
L’autore aggira un possibile stucchevole lieto fine, ma neanche ne preclude la realizzazione.
Forse, dopo che Stefano ha lasciato Parigi perchè ha scelto di non vendere la masseria e di gestirla come il nonno gli ha insegnato, dopo che Anna detta Nina avrà elaborato il suo lutto presente e quello passato, forse le loro vite, incrostate dal dolore, potranno ancora incrociarsi, forse per un futuro finalmente libero dai macigni del passato.
TITOLO : Le nostre vite
EDITORE : PIEMME
PAGG. 300 EURO 17,90 (disponibile versione eBook euro 9,99)