Da oltre dieci anni collaboratrice della pagina culturale del Corriere del Trentino, Gabriella Brugnara ha pubblicato diversi saggi in riviste letterarie e la monografia “Gabriele d’Annunzio e la città di Trento. Alla Trento azzurra e silenziosa”, in cui, nel rendere omaggio alle imprese eroiche compiute da Gabriele d’Annunzio, sottolinea il forte legame che il poeta instaurò con il Trentino e in particolare con la città di Trento, città che egli sorvolò nel 1915 lanciando messaggi inneggianti all’Italia.
Che il Trentino sia la sua terra del cuore lo rivela ora il suo primo romanzo, “ La voce del vento”, in cui trasferisce alla protagonista il suo profondo legame con questa regione.
E’ alle montagne del Trentino che i suoi personaggi ritornano quando vogliono lasciarsi alle spalle il caos, gli affanni, i problemi o semplicemente la quotidianità che tutto avviluppa.
Lassù il tempo sembra scorrere diversamente, la fatica riempie i polmoni di aria fresca e ritempra, i sentimenti e i legami appaiono puri, indissolubili, quasi eterni.
Le montagne non implicano mai malinconia o tristezza, che sia l’alba ad accarezzare le cime degli alberi, il tramonto a renderle cupe, la pioggia a renderle splendenti, il gelo a chiuderle in se stesse nel tempo dell’attesa: lassù tutto è vita, per Caterina, suo marito Gianfranco, sua figlia Ilaria e la loro cagnolina Kobe.
Due donne, due mondi: Caterina e Ilaria
Caterina e Ilaria, madre e figlia, non potrebbero essere più diverse: la prima è sognatrice, irrazionale, quasi magica, capace di percepire la voce del vento e carpirne la forza e il segreto, la seconda ha mente scientifica, razionalità applicata in ogni contesto e il vento lo utilizza per progettare pale eoliche, che restituiscano agli uomini energia rinnovabile, più pulita.
Ciò nonostante sa che nelle parole di sua madre va cercata una verità profonda, non sempre percepibile: “Guarda le foglie dell’albicocco come si sono messe a sussurrare, guarda l’erba, sembra perfettamente pettinata, come se qualcuno le avesse fatto il ciuffo da un lato. Si chiama Ora del Garda e anche nelle giornate estive più calde porta con sé il fresco delle acque profonde del lago. Nessuno sa di preciso da dove nasca e neppure dove il suo viaggio si concluda. Resta immobile un momento ad ascoltare la sua voce.”
Caterina ama i suoi luoghi di elezione, la casa e la baita, in cui ha messo profonde radici, Ilaria ha fatto della sua vita un lungo vagabondare, per scelta e per lavoro, sempre con una valigia in mano, sempre con un saluto veloce a sua madre, che avrebbe voluto per la figlia un destino diverso, già tracciato.
Ilaria, che la mamma ha sempre chiamato non Ila ma Ali, per ribadire la necessità di volare per poter essere se stessi, si stacca da lei ogni volta con fatica, ma anche per ribellione, per sfuggire al troppo amore che spesso incatena.
Si pensa sempre che ci saranno occasioni per parlarsi, dirsi le cose mai dette, si crede che il tempo dell’amore materno sia eterno, che ad una figlia non sarà mai negato il momento del riscatto affettivo, ma non è così: Caterina perde la vita in un incidente automobilistico imprevedibile e a Ilaria resta la consapevolezza che quel tempo è perso per sempre.
Gabriella Brugnara si muove con estrema delicatezza tra i sentimenti delle due donne, non colpevolizza e non assolve, ognuno deve essere giudice di se stesso.
Una figlia spezzata dalla morte della madre rimpiange le parole mai dette, vorrebbe ancora una piccola porzione di tempo per rimediare, chiedere scusa della sua lontananza, essere perdonata.
E allora cerca le parole scritte dalla madre, fruga tra le sue carte per ritrovarne la voce e trova invece le lettere scritte da un uomo, che si firma tuo Jurij e la chiama dolcissimo amore mio.
L’eco del passato nel presente dei personaggi di Gabriella Brugnara
Al dolore per la morte si sovrappone la rabbia per segreti mai percepiti, la consapevolezza dei lati oscuri che mai vengono svelati, il timore che non ci sia stato nulla di vero in quella donna dal fascino particolare.
I figli perdonano spesso i loro genitori, ma non sulla fiducia: vogliono sapere per poter capire, riannodare i fili del passato per collocarli nella giusta prospettiva.
Ilaria non viene meno a questo comportamento e ricostruisce la storia dei suoi genitori partendo dai racconti della mamma stessa, a volte ascoltati con troppa superficialità.
Le parole sembrano fluire spontanee per Ilaria e per Gabriella Brugnara, il passato ricostruito in analessi racconta di una famiglia felice come tante altre, solida all’apparenza.
E allora, come ha potuto infiltrarsi nella trama ben tessuta tuo Jurij?
Caterina amava Il dottor Zivago, ecco lo pseudonimo a chiusura non di una ma di tante lettere trovate da Ali, che la portano a dubitare di tutto, persino delle sue stesse origini.
Ripercorre con precisione chirurgica tutta la loro vita, la sua scelta di vivere altrove, il matrimonio, i due figli che i nonni hanno visto troppo poco ma amato infinitamente, le decisioni prese consapevolmente col marito per dare una svolta alla loro esistenza, tutto sembra far parte di un percorso piano, senza vuoti che possano aver accolto Jurij.
Le domande sono tante, troppe, perchè le risposte avrebbe potuto darle solo Caterina.
Ilaria, in fondo, è un’ingegnere, i conti devono sempre tornare, le ali contenute nel suo nome non le permettono di sollevarsi da terra come sua madre avrebbe voluto, ma la inchiodano al dolore, all’assenza, al vuoto rimasto.
Il suo muoversi nel passato è come vagare all’interno di un labirinto, solo il trascorrere del tempo, col distacco dai sentimenti di rabbia e frustrazione provati all’atto della scoperta, le indicherà il percorso per l’uscita.
A Ilaria ( e ai lettori) Gabriella Brugnara concede una risposta a tutte le sue domande, il finale che ognuno di noi vorrebbe per la propria esistenza.
Nulla può essere dimenticato, tutto può essere capito e accettato, anche perdonato, nel momento in cui passato e futuro si fondono nel perfetto momento del presente.
TITOLO : La voce del vento
EDITORE : Morellini
PAGG. 208 EURO 15,90 (disponibile versione eBook euro 8,99)