Gianluca Antoni, specializzato in Psicoterapia della Gestalt e in Ipnosi e Psicoterapia Eriksoniana, svolge l’attività clinica di psicoterapeuta dal 2001, affiancando a questa quella di scrittore, di saggistica e di narrativa.
L’approccio da lui definito “chirurgico” adottato in terapia lo ha portato a una specifica conclusione: “l’esperienza di tutti questi anni mi insegna che ogni percorso, per quanto a volte faticoso e doloroso, risulta una bella avventura, ricca di soprese; un’avventura dove ogni persona è al centro con la propria unica e originale umanità”.
Da lettori, altrettanto possiamo dire del suo ultimo romanzo, “Io non ti lascio solo”, in cui il viaggio dei due giovanissimi protagonisti è un’avventura indimenticabile, dentro e fuori se stessi, con gli altri e col mondo.
Filo, Rullo, Birillo
Alla base del racconto lo scrittore pone un tempo lontano, di vent’anni antecedente al presente, perché nulla di ciò che si è oggi può essere davvero compreso se si lascia il buio alle spalle, se si nasconde il passato senza accettarlo consapevolmente.
Il tempo presente è così relegato al ruolo marginale di incipit e di finale della narrazione, per lasciare spazio al tempo in cui Filo e Rullo erano due bambini in attesa di scivolare nell’adolescenza, di prepararsi a crescere anche attraverso i colpi duri che la vita infligge.
Sono due diari a riportare a galla i ricordi del maresciallo De Benedittis, ormai a un passo dalla pensione e dal lasciare per sempre il piccolo paese incastonato nella montagna dove la vita sembrava scorrere lenta e noiosa prima di offrire a tutti il suo coup de théâtre.
Due diari riportati alla luce da un martello pneumatico dopo essere rimasti nascosti per due decenni nel muro sbrecciato di una cantina, senza tuttavia essere mai dimenticati.
La loro storia è quella di Filo e di Rullo, amici inseparabili dal giorno in cui Filo ha dovuto salutare per sempre la sua mamma, travolto da un dolore troppo forte per essere sopportato dalle esili spalle di un bambino.
C’era Birillo, un piccolo meticcio su cui trasferire il proprio debordante affetto, ma poi il cane si era perso nei boschi una sera di violento temporale, sfuggendo al controllo di suo padre e segnando così tra i due un solco tanto profondo da non poter essere valicato.
Per questo Teofilo detto Filo aveva deciso di fingere di partecipare al campeggio degli scout per andare alla ricerca di Birillo, con o senza il fidato Rullo, ormai l’unico vero amico rimastogli.
Con Filo Gianluca Antoni ci racconta quanto può essere devastante in un bambino il senso della perdita, come gli adulti tendano a liquidare troppo frettolosamente gli inequivocabili segnali di malessere prima e sofferenza poi, dimenticando che il mestiere di crescere è il più faticoso al mondo.
Filo e Rullo diventano protagonisti di un breve viaggio di formazione: dura pochi giorni, ma li mette più volte alla prova, li rende più forti e volitivi, regala loro la consapevolezza che occorre per vivere col cuore più leggero.
Vent’anni dopo il posto nel mondo che a loro compete ha tratti ben definiti, che sono stati tracciati in quella lontana estate.
Il dolore del mondo infantile raccontato da Gianluca Antoni
Quando si comincia a diventare davvero grandi?
Forse quando troppo presto la morte della mamma piomba come uno tsunami sul tuo piccolo cuore, lasciandoti frastornato: così è stato per Filo, che ha riposto tutta la sua speranza in Rullo, un amico meno coraggioso, meno abile nell’organizzare piani, meno veloce nel camminare in montagna , ma capace di dire poche parole che valgono più di ogni altro gesto: io non ti lascio solo.
Accamparsi nella radura del bosco con la paura dei lupi, sfinirsi sui sentieri in salita, mangiare qualche scatoletta di tonno con la maionese spremuta dal tubetto non è più solo un’avventura, è una promessa, un patto stipulato con una stretta di mano come fanno gli adulti, un do ut des che lega i due amici per sempre: io cercherò Birillo con te, tu mi insegnerai a nuotare.
Quando si è scout la parola data è sacra: per questo, anche tremando di paura, Rullo è vicino a Filo quando è ora di intrufolarsi nel casolare di Guelfo Tabacci, una sorta di orco di cui tutti hanno paura, che vive isolato con maiali, galline, conigli, la mucca Matilde e un branco di cani capitanati dal feroce Diango.
Il fatto è che Filo crede che abbia preso con sé Birillo ed è quindi disposto ad affrontarlo per riaverlo: visto che con le buone maniere non ha ottenuto nulla, decide di passare al piano B, intrufolandosi in casa sua.
Il dolore di un bambino va a scontrarsi col dolore di un adulto: Gianluca Antoni ci chiede di essere attenti, di non giudicare frettolosamente, di imparare a conoscere le strategie grazie alle quali si elabora la sofferenza, tante e diverse come siamo tutti diversi l’uno dall’altro.
Se Guelfo è così è perché anche a lui la vita non ha fatto sconti, portandogli via due tra gli affetti più grandi che un uomo possa avere.
Imparare a vivere si può e si deve
Il maresciallo Bertotti non ha mai dimenticato le ore frenetiche di quando si cercavano nel bosco Filo e Rullo, l’incursione a casa di Tabacci nella convinzione che i bambini fossero lì, tenuti prigionieri, lo sconcerto a fronte della verità rivelata dal padre di Filo, i buchi lasciati nel tessuto temporale da verità che sembravano bugie e viceversa.
Ai due diari, uno con la copertina rossa, l’altro nera, nelle sue mani per un caso fortuito a distanza di vent’anni, spetta il compito di raccontare come due bambini sono usciti dall’infanzia all’improvviso, con le ossa rotte ma col cuore chetato.
Gianluca Antoni ci racconta così come andarono le cose, alternando il punto di vista dei due bambini, entrando nel vissuto di entrambi, con lo sguardo acuto e penetrante di chi sa per esperienza quante e quali risorse occorrano per ritrovare il proprio equilibrio e lasciare ogni cosa alle spalle, anche ciò che ti ha reso più forte sino a quel momento.
Da soli Filo e Rullo si sarebbero trovati persi chiusi nella cantina di Guelfo se non ci fosse stata la loro amica Amélie ad aiutarli sfuggendo ai controlli dei nonni, se Scacco, il matto del paese, non fosse anche lui stato una presenza costante, a volte determinante.
Solo i bambini e i folli dicono la verità: lo sosteneva Umberto Eco attraverso i protagonisti de “Il nome della rosa”, ce lo ribadisce Gianluca Antoni ricordandoci che il confine tra realtà e fantasia, tra mondo esterno e mondo interno ha per noi adulti un valore razionale che i bambini non conoscono, e i folli neppure.
Il mondo degli adulti che appare in queste pagine è caratterizzato da verità nascoste – è vero che Guelfo ha ucciso suo figlio scomparso da anni e mai ritrovato? che cosa è successo alla mamma di Filo? perché il mistero aleggia sugli abitanti di un minuscolo paese di montagna? – per il semplice fatto che ciascuno vive come può e non come vorrebbe, portando sulle sue spalle un vissuto non sempre condiviso.
L’oggi di Filo ha le sue radici in una storia di trent’anni prima, rivisitata dopo dieci anni e forse mai del tutto conclusa: diventare un uomo vero, come diceva a suo padre, è stato faticoso, è costato paura e lacrime, ha svelato menzogne e rinsaldato verità.
Rullo e Birillo hanno avuto in ciò la loro parte fondamentale: il senso dell’esistenza di Rullo è proprio questo, sublimare il concetto di amicizia, renderlo assoluto e salvifico, mentre Birillo con la sua scomparsa ha messo in moto il meccanismo che ha restituito a ciascuno la sua dimensione.
Si può perdere la strada e sbagliare direzione, ma alla fine tutto torna e i vecchi diari possono essere messi via per sempre.
TITOLO : Io non ti lascio solo
EDITORE : Salani
PAGG. 282, EURO 15,90 (disponibile versione eBook euro 9,99)