Italo Calvino ospite d’onore alla Maturità 2015
Italo Calvino è finalmente stato invitato ad un Esame di Stato, a tutti noto come esame di maturità.
Non si capiva in effetti perché continuasse a protrarsi anno dopo anno questa assenza, privilegiando piuttosto il ritorno di poeti il cui spessore non è certo in discussione, ma che rappresentano una delle tante sfaccettature della letteratura italiana del XX secolo.
Da sedici anni a questa parte i maturandi sono tenuti a misurarsi, qualora la scelgano, con una prova che li mette a diretto confronto con un testo specifico di un autore, sul quale si chiede loro di lavorare di comprensione e di riflessione.
Questo è essere maturi, leggere, comprendere, elaborare.
Questo è l’insegnamento che la scuola dovrebbe fornire, un mero strumento da utilizzare sempre nella vita, per diventare adulti e cittadini responsabili anche attraverso la lettura.
UN ITALO CALVINO DA RISCOPRIRE
L’ospite d’eccezione è dunque stato Italo Calvino, uno degli scrittori più citati nelle aule scolastiche, uno dei più amati dai lettori professionisti, uno dei meno approfonditi perché ritenuto erroneamente “facile”.
In realtà non è affatto semplice scandagliare la sua ricca produzione e per farlo è fondamentale avvicinarsi per prima cosa alla sua biografia, alla sua storia di uomo nato per i casi della vita nei pressi de L’Avana e poi vissuto tra le metropoli italiane e la sua Liguria di Ponente.
Scrittore, giornalista, traduttore, autore radiofonico e compositore di testi per musica, amico di Einaudi, Vittorini e Queneau, è forse più facile dire cosa Calvino non è stato in campo letterario, andando per esclusione.
Innovatore delle forme espressive e dei contenuti, resta l’indimenticabile autore della storia di un giovane barone che, per essersi rifiutato di mangiare le lumache, si troverà a diventare un barone rampante, trascorrendo l’intera sua vita sugli alberi. Un racconto kafkiano? No, una bella e difficile metafora della vita vista da una prospettiva diversa, dall’alto, con apparente distacco.
( “Il barone rampante”).
Non è da meno un visconte diviso a metà in battaglia da una palla di cannone e poi arditamente ricucito in due pezzi autonomi, che vagano indipendenti l’uno dall’altro, non per un’emulazione dei romanzi dell’orrore ottocenteschi, ma bensì per raffigurare con estrema lucidità il nostro dualismo, il nostro essere un inscindibile mix di bene e di male.
(Il visconte dimezzato”).
Quella dei testi di Calvino è una lettura che dovrebbe essere ciclicamente ripetuta, come le cure preventive: ogni tot anni, magari in estate, quando le serate si dilatano e si stemperano nella luce e nel tepore, sarebbe salutare riprendere in mano uno dei suoi libri e rileggerlo con nuova attenzione, perché sempre, tra le pieghe di Cosimo, di Marcovaldo o di Palomar, si scopre o si riscopre qualcosa di piacevole e di interessante.
Stretto di Messina: nuotatore lo attraversa (e ricorda i pericoli dell’ictus)
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Fra tutti, un occhio di riguardo deve essere rivolto al romanzo scelto per sollecitare l’attenzione dei maturandi, il primo in assoluto di Italo Calvino, “Il sentiero dei nidi di ragno”.
Fu scritto negli anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale; chi aveva combattuto con le armi era ora combattuto da mille dubbi, domande, richieste di certezze che non si trovavano.
Chi possedeva la forza della scrittura cercava di tradurre in parole tutto ciò che provava, a volte riuscendoci, a volte terminando con un colpo di pistola un percorso considerato troppo tortuoso, come fece Cesare Pavese.
Qualcuno provava a cercare punti di vista nuovi per dare trasparenza al proprio narrare, per privarlo del dolore vissuto e attaccato alla pelle e ai pensieri, nella consapevolezza che ciò che era stato nell’Italia di quegli anni, dai 1943 al 1945, non avrebbe dovuto mai essere dimenticato.
Ci sono romanzi o racconti, nella storia della nostra letteratura, che non possono essere letti senza la prefazione che li accompagna, redatta dall’autore stesso ed illuminante per qualunque lettore, troppo spesso sbrigativamente insensibile a questo tipo di riflessione.
E’ così per “I Malavoglia” di Verga, ad esempio, ed è così per questo romanzo di Calvino.
Quando l’autore lo ripubblicò nel 1964, a diciassette anni di distanza dalla prima edizione, lo fece precedere da una lunga imprescindibile prefazione, scritta con il garbo e l’apparente leggerezza di sempre, fondamentale per capire il suo pensiero e quello di un’intera generazione.
Imperava il neorealismo, in letteratura e in cinematografia: Calvino decise di dare un taglio personale a questo modus cogitandi scegliendo un bambino come protagonista, Pin, cresciuto con una sorella nella Liguria della guerra divisa tra tedeschi e uomini della resistenza.
E’ un bambino-adulto, sul confine della formazione individuale, pertanto accolto e respinto continuamente da coetanei e da uomini ormai fatti e induriti dai tempi.
E’ la storia di un bambino e di una pistola rubata ad un tedesco e nascosta negli anfratti dove i ragni costruiscono i loro nidi, in attesa che gli eventi decidano per lui, che la Storia prenda una piega definitiva.
E’ il cammino di chi deve crescere per forza e fretta, per difendersi da tutto e da tutti, muovendosi sullo sfondo di una società in fermento che filtra dalle parole dell’autore e aiuta noi, che quell’epoca non l’abbiamo vissuta, a capirla meglio.
Per questo è un romanzo da non scordare, da continuare ad offrire come strumento di conoscenza alle nuove generazioni, da vivere come un pezzo di storia collettiva.
Poi, col trascorrere degli anni, verranno tutti gli altri, ma questo resterà un punto fermo da cui sempre muoversi per affrontare l’analisi introspettiva di un uomo e di un tempo storico.
Da leggere, come si diceva.
O da rileggere, come ci si auspica.
AUTORE : Italo Calvino
TITOLO : Il sentiero dei nidi di ragno
EDITORE : Einaudi
PAGG. 194, EURO 7,50