Un giovedì qualsiasi di un uggioso novembre può diventare una giornata speciale se all’ora del tè hai appuntamento con lo scrittore Gianrico Carofiglio. Hai letto tutti i suoi libri, sta per presentare al pubblico il suo ultimo romanzo e al telefono ti ha detto che sì, certo, due chiacchiere con te le farà volentieri. Arriva puntuale e sorridente, abbronzato e signorile in ogni suo gesto: 52 anni, barese, alle spalle una carriera di magistrato, scrittore, politico, centra con ogni suo libro il bersaglio del successo. E si racconta, con eleganza e semplicità.

Scrive scavando negli abissi della normalità, ne cerca le crepe, si ritiene un privilegiato, perché in quanto scrittore sa trovare le parole che mancano agli altri. Chiunque scriva deve comportarsi da professionista, non può giocare con le parole e ha l’obbligo morale di usare il suo talento.
Ama il tema del ritorno, riscoperto nel tempo e nello spazio, si pone in relazione scherzosa con Omero ma vuole usare “gli occhi nuovi” di Proust mentre fa nascere le sue storie che ruotano sempre sui temi dell’amore e della violenza.
Gli chiedi dei suoi scrittori preferiti e lui snocciola nomi su nomi, ha una cultura straordinaria, ma poi si ferma e ti spiazza, citando Tex Willer, il suo mito, a cui ha voluto dedicare anche un’intervista impossibile.
Poi sorride, e ti parla di Kafka, di Eco, e di come avrebbe voluto aver scritto lui “Il piccolo Principe”, senza fermarsi a quello, però!
Troppo facile chiedergli l’influenza avuta su di lui dalla madre anch’ella scrittrice, Enza Buono, ma lui risponde di no, di aver fatto come tutti un percorso autonomo nella sua vita forte dell’idea che ogni fuga vada letta come un momento di coraggio.
Gli dici che i suoi lettori, tantissimi visto che i suoi libri sono stati tradotti in ventiquattro lingue, vogliono una nuova storia con il suo personaggio chiave, l’avvocato Guido Guerrieri, creato per “Testimone inconsapevole” del 2002 e ti risponde che si sono messi d’accordo, lui e il suo personaggio, per tornare il prossimo anno.
Adesso c’è un altro impegno pressante, quello di dedicare la propria attenzione al dramma del femminicidio: qui Carofiglio si fa serissimo e torna nei panni del magistrato, carriera che ha abbandonato, promettendo un interesse specifico a difesa delle donne.
Solo allora racconta del suo ultimo romanzo, Il bordo vertiginoso delle cose, che ha per protagonista uno scrittore in bilico tra successo e oblio, che cammina sul bordo delle scelte di vita sino a quando viene casualmente proiettato nel suo passato. Da Firenze torna allora a Bari e rivive un tempo difficile della sua vita, quello degli anni di piombo, la sua formazione, un grande amore, le amicizie di quelle che ti cambiano, forse, per sempre.
Carofiglio suggerisce, ti induce a leggere la sua storia, che si preannuncia ricchissima di sollecitazioni.
E poi decide che basta così e ti saluta, indossando un trench che lo rende così simile agli investigatori di lontana memoria letteraria.
E lui lo è un investigatore, dei meandri più profondi dell’animo umano, perché ancora crede, citando Chesterton, che scrivendo si può testimoniare che i draghi possono essere sconfitti.
E per conoscere meglio questo autore che mi ha rubato il cuore, godetevi questo video
Gianrico Carofiglio
IL BORDO VERTIGINOSO DELLE COSE
Rizzoli editore
pagg. 316, euro 18.50