Lucia Berlin, la vita nelle pagine di un racconto
Di Lucia Berlin, scrittrice americana, si può dire tutto e il contrario di tutto, come testimoniano le recensioni dei lettori che hanno letto “La donna che scriveva racconti”, pubblicato in traduzione italiana da pochi mesi.
Innanzitutto di Lucia Berlin si può dire che era, non che è: nata in Alaska nel 1936, è mancata nel 2004 in California, il giorno del suo sessantottesimo compleanno.
La sua è stata una vita non certo improntata alla monotonia, nel bene e nel male.
L’essere stata importante docente universitaria in età matura non le ha impedito di svolgere in precedenza altri mestieri molto più umili, come donna delle pulizie, centralinista, infermiera; incostante e tormentata anche nella vita sentimentale ha avuto quattro figli da tre uomini diversi, ha abitato in camper, nella New York dei musicisti jazz, in una comune hippie a Berkeley. Una esistenza continuamente altalenante l’ha resa ricchissima quanto poverissima, trasformandola in un’alcolizzata poi recuperata alla sobrietà.
Negli ultimi anni di vita, a causa di una scoliosi per la quale aveva lungamente sofferto da giovane, si è ridotta in miseria per pagarsi le cure, terminando i suoi giorni tormentati come fosse uno dei protagonisti dei suoi racconti.
Il lavoro che le sta regalando una fama postuma ,”A manual of cleaning woman”, ha visto la luce nel 2015 per caparbia volontà dei suoi curatori e si può considerare come uno specchio nel quale si riflette, in modo parzialmente autobiografico, la stessa Lucia Berlin.
Lucia Berlin filtra la vita nella trama di un racconto
Il titolo “La donna che scriveva racconti” non rende perfettamente il senso del titolo originale, letteralmente “Manuale di una donna delle pulizie”, e così il lettore viene a smarrire una prima bussola, che lo porterebbe ad orientarsi nei quarantatré racconti di cui esso è composto con la certezza che la donna in questione ha affrontato pulizie non solo nel mondo esterno, ma anche dentro di sé.
Sono narrazioni brevi, intense, spesso feroci nel contenuto e secche nella scrittura, in cui Lucia Berlin ci offre l’immagine di un ‘America popolata di personaggi assai diversi da quelli che siamo abituati a prendere in considerazione.
Un narratore onnisciente, che sembra tenere il bandolo di ogni matassa esistenziale, nel quale è confluita in gran parte la vita della scrittrice, racconta in ritratti asciutti una galleria di personaggi impietosamente sezionati, come i clienti di una lavanderia a gettoni o un vecchio dentista alcolizzato.
In ognuno di loro, in poche pagine che trasudano la sofferenza dell’esperienza vissuta, Lucia Berlin ha infuso linfa propria, oppure quella di un nonno dentista e alcolista o di una sorella molto amata e morta di cancro.
Come una donna delle pulizie possiede una chiave universale per accedere in ogni stanza ed invadere pacificamente il mondo altrui, così la scrittrice possiede l’occhio dalla vista acuta capace di leggere in profondità, di scavare sotto l’apparenza dorata o incrostata delle vite vissute dagli altri.
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I quarantatrè racconti non pretendono di dare risposte esaurienti ai grandi quesiti universali, si accontentano (ed è già molto, più di quanto molti riescano ad ottenere con la loro scrittura) di dirci come le vicende e i giorni si succedano, senza la pretesa di arrivare al perché.
“La lavanderia a gettoni di Angel”, titolo del primo dei racconti, è anche la metafora del mondo in cui Lucia Berlin visse : una lavanderia a gettoni è un luogo di passaggio e di ritorno, dove le persone si incontrano e si parlano senza conoscersi, iniziando dalle banalità per poi finire col parlare di se stessi a chi mai si è visto prima.
Qui la narratrice e un vecchio indiano preda delle drammatiche conseguenze fisiche dell’abuso di alcol hanno modo di confrontare le loro vite sotto gli occhi diAngel, il proprietario.
Qui si avvicendano cartelli che promettono tinteggiature ad effetto di stoffe ormai sbiadite ( come la vita?), invitano i clienti a non lasciare mai le macchine incustodite, ma anche annunci economici, terribili nella loro essenzialità, “Culla nuova mai usata. Neonato morto”, e segni di speranza incrollabile, “ Dio concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare”.
Lucia Berlin ha accettato tutto ciò che la vita le ha proposto ed imposto, dall’Alaska al Messico al Montana al Texas alla California, traducendolo nell’arco di un ventennio, tra gli anni Sessanta e gli Ottanta, in parole lucide, dure, taglienti.
Quarantatrè racconti, altrettanti personaggi, altrettanti vite, una sola donna capace di renderle immortali.
TITOLO : La donna che scriveva racconti
EDITORE : Bollati Boringhieri
PAGG. 464, EURO 18,50