Il professor Roberto Vecchioni, 73 anni anagrafici e la vitalità di un trentenne, è tornato in libreria con il suo ultimo lavoro, ”La vita che si ama. Storie di felicità”, edito in un cofanetto con l’accompagnamento di un cd contenente alcune delle sue canzoni culto.
A Cuneo, dove ha partecipato all’ormai famosa kermesse letteraria “Scrittorincittà” ha raccontato al pubblico la genesi di questo lavoro, ha parlato di sé e della sua famiglia, in particolar modo dei suoi figli a cui ha indirizzato il suo libro.
Sono quattro i figli di Roberto Vecchioni, di certo segnati nel loro cammino di vita da cotanto padre, cantautore da cinquant’anni e scrittore da trenta.
A loro si rivolge sin dalle prime pagine del libro, cercando di dare una spiegazione al concetto di felicità, diversa dall’euforia passeggera, estranea al successo e al facile guadagno, distante dall’imperturbabilità epicurea osannata dai filosofi antichi e moderni.
Come ad ogni padre che si possa definire tale non solo di nome ma anche di fatto, a Roberto Vecchioni importa più di ogni altra cosa trasmettere ai suoi figli un’indicazione sicura per poter percorrere le strada che li porti all’appagamento, all’estrema fiducia nella vita.
Che cos’è la felicità, Roberto Vecchioni?
In che cosa effettivamente consista l’ineffabile felicità non è dato a tutti sapere: per raggiungerla, bisogna imparare a penetrare la gratuità del bello, a difendersi dalle brutture del mondo attraverso la bellezza della cultura, dei libri, della musica, delle conversazioni con gli amici, degli incontri con le persone profonde.
“La felicità non si definisce, c’è, c’è sempre, non solo negli attimi che sconvolgono il cuore ma nella consapevolezza sognante e progressiva dell’esserci e non subirla, la vita. Si annuncia a lampi accecanti e fuggitivi, ma poi è lì, nella pioggia estiva, sottile, che non ti copre, che vuoi prenderla tutta, testa al cielo.
Il boato, il picco d’intensità, non è che uno sgraffio, e pare che bruci di sole ma la felicità non è lì, sta nel silenzio che segue, nella lunga nota di quiete dove danzano punti luce da afferrare e da mettere insieme, a farne figure.
E allora non basta che accada, dobbiamo anche farla accadere e saperla cogliere dove s’acquatta, nella tristezza come presagio di un altro orizzonte, e soprattutto nella gioia che non si appunta all’anima, ma scivola e scivola: e allora tirarla, fletterla come un elastico perché si allarghi, quella gioia, si estenda di qua e di là, perché non diventi, appena passata, solo un ricordo”.
La lezione del Professor Roberto Vecchioni
Roberto Vecchioni non dimentica mai, parlando dei suoi libri, la sua vita da professore, trent’anni ad insegnare la bellezza del latino e del greco in un liceo e poi l’esperienza, ancora in atto, da docente universitario.
Come sostenuto dal suo più giovane collega Alessandro D’Avenia, non c’è luogo più idonea della scuola per aprire le vedute dei ragazzi, per sgombrare la loro vista oscurata dai falsi miti di una società che vede solo nel successo e nel denaro da spendere la realizzazione di se stessi.
A scuola, ci dicono entrambi, si possono compiere i miracoli, perché la materia prima è solo informe, va plasmata e modellata, ma c’è.
Solo amando la bellezza, ci dice Roberto Vecchioni, nella sua apparente inutilità, in quanto bene spendibile solo per la nostra privatissima felicità, si scopre e si vive il tempo verticale, uno spazio che lega indissolubilmente presente, passato e futuro, dove nulla si perde.
Il volume è composto da racconti variegati pescati nella memoria di padre, di insegnante, ma anche di figlio, sono comici e drammatici, ritornano spesso a incrociarsi con quelli che sono stati i suoi compagni di vita, i miti antichi, da sempre presenti, per chi li sappia vedere, nelle sue canzoni.
“La vita che si ama. Storie di felicità” è dunque uno scrigno prezioso dentro il quale Roberto Vecchioni ha racchiuso una parte di sé, quella che vuole tramandare ai suoi figli e lasciare in eredità, a tutti i figli del mondo
Il professore sa bene che quando ci si rivolge ad una platea di studenti si gettano semi che in gran parte andranno persi, perché solo pochi troveranno il terreno fertile per germogliare: è lui stesso a definire non democratica l’arte, che appartiene alla minoranza, non alla maggioranza che non sa entrare in sintonia col bello.
Eppure l’invito a non demordere è presente in ogni pagina, diventa il senso più compiuto di questa sua ultima fatica letteraria, perché «la felicità non è un angolo acuto della vita o un logaritmo incalcolabile o la quadratura del cerchio: la felicità è la geometria stessa».
TITOLO : La vita che si ama. Storie di felicità
EDITORE : Einaudi
PAGG. 168, EURO 16,50