Aderenza alla terapia: che cos’è? Non tutti gli italiani hanno le idee ben chiare. Lo si evince dalla ricerca Doxa marketing advice, presentata oggi. Sono stati coinvolti in questa indagine pazienti e caregiver (coloro che se ne occupano, ndr) dai 18 ai 64 anni, nonché professionisti della salute: parliamo di farmacisti, medici di medicina generale e medici specialisti (pneumologi/allergologi, cardiologi, gastroenterologi, neurologi).
Risultati poco confortanti. Il 43% dei pazienti, per quanto concerne l’aderenza a terapia, dà definizioni errate e confuse, definendola come “l’accettazione da parte del paziente di ciò che viene consigliato per curare la malattia” oppure “la reattività del corpo a una determinata terapia”. In parole povere, il paziente non conosce il significato dell’espressione. Coloro che hanno proposto l’analisi hanno pazientato e spiegato al campione il significato dell’espressione: il 54% degli intervistati, una volta compreso il tema, ritiene il proprio comportamento la variabile principale del successo della cura. Così si è espresso Massimo Sumberesi, managing director di Doxa marketing advice: “Questo significa che, sebbene i pazienti non abbiano una consapevolezza spontanea e diretta del tema, ne comprendono il valore se e quando adeguatamente stimolati. L’assunzione di responsabilità da parte degli italiani è un fattore molto positivo che indica la volontà e ancor di più la possibilità di trasformare in prassi il concetto di aderenza terapeutica”.
Aderenza alla terapia, che cosa favorisce (e che cosa rema contro) la corretta gestione della cura
Favorisce la corretta gestione della cura, per il 47% degli interpellati, “la costanza e l’impegno del paziente”; per il 40%, “la motivazione del paziente”; per il 38%, “la fiducia del paziente nel proprio medico” .
Contro l’aderenza terapeutica, invece, agiscono “il costo elevato di determinate terapie” (40%); “l’insorgenza di effetti collaterali” (38%) e “lo scarso impegno del paziente” (37%).
Silvio Garattini, scienziato e ricercatore in farmacologia, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”, ha dichiarato: “Un aspetto interessante riguarda i farmaci equivalenti: alcuni dati di questa indagine ci raccontano che l’85% del campione intervistato sostiene che l’utilizzo più diffuso di tali farmaci può contribuire al miglioramento dell’aderenza alle terapie grazie a una maggiore accessibilità delle cure”.
Aderenza alla terapia, criticità nell’utilizzo dei farmaci generici
Prosegue, tuttavia, Sumberesi: “Una parte del campione intervistato è convinta che la frequente sostituzione di un farmaco con un altro (equivalente o di marca) possa costituire un disagio, soprattutto per i pazienti più anziani che sono abituati alla “solita confezione”.
Aderenza alla terapia, chi gioca un ruolo fondamentale
Giocherebbero un ruolo fondamentale a favore dell’aderenza i medici di medicina generale (secondo il 15%) e i Medici Specialisti (secondo il 18%). Sia gli uni, sia gli altri, sanno di essere direttamente coinvolti. Aggiunge Sumberesi: “con una certa frequenza i vari professionisti si imputano reciprocamente la responsabilità: gli specialisti chiedono al medici di medicina generale un maggiore supporto nel monitoraggio, medici di medicina generale vedono l’intervento dello specialista troppo calato dall’alto e stigmatizzano l’intervento del farmacista che cambia la prescrizione; i farmacisti, infine, criticano la scarsa chiarezza nelle ricette dei medici, spesso troppo sbrigativi nel fornire al paziente le indicazioni sulla posologia e la modalità di assunzione”.
Così conclude Garattini: “Rimane essenziale il ruolo di una corretta informazione da parte degli specialisti del settore, ma anche delle istituzioni e dei media. Tutti rivestono un ruolo fondamentale, in quanto un’informazione puntuale e chiara deve essere fra gli strumenti fondamentali per garantire un’efficace gestione della cura e la sostenibilità del nostro sistema sanitario”.