Conigli allevati sempre meno
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Conigli allevati sempre meno

27/08/2015
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Ieri era la giornata del coniglio, indetta dalla Coldiretti. In Italia questi animali vengono allevati sempre meno: in venticinque anni, il numero di conigli è diminuito della metà. Perché? I compensi che gli allevatori riescono a ottenere non coprono i costi, che si impongono per mantenere alta la qualità del prodotto italiano.

Allevamento di conigli: le statistiche

In Italia c’erano 12,3 milioni di esemplari nel 1990; nel 2015, siamo scesi a 6,5 milioni. Nonostante ciò, restiamo il primo produttore europeo. A livello internazionale siamo quasi al livello della Cina, che però è tallonata in questa “classifica” da Venezuela e Bolivia.

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Allevamenti familiari che conservano ricette: ecco come mangiare il coniglio

Si tratta, nel nostro Paese, di una realtà tradizionale, con allevamenti familiari. Quelli destinati al consumo di una sola famiglia stanno scomparendo via via. Con essi, si perdono anche ricette che si perpetuano di generazione in generazione, dal coniglio alla “cacciatora”, che viene tagliato a pezzi e rosolato con verdure ed erbe aromatiche mondate e tritate, con l’aggiunta di pomodori pelati e vino, a quello all’”ischitana”, che viene immerso in una terrina con acqua e aceto e dopo un’ora viene messo a rosolare con peperoncino e aglio: dopo venti minuti circa, si uniscono i pomodori tagliati a spicchi.

Il volume di affari degli allevamenti di conigli italiani

Negli allevamenti di conigli italiani ci sono diecimila addetti e il fatturato supera i 350 milioni di euro. C’è una nuova associazione, nata dieci mesi fa, dedicata al coniglio italiano: si chiama Aci e ha sede a Verona. Conta 130 soci: tra loro, quattro trasformatori hanno al loro attivo il 40% del mercato. Come affermato ieri all’Expo, nel Cardo sud, presso il padiglione Coldiretti, ora l’intento di questi allevatori è difendersi e contrattaccare: le importazioni in quest’ambito sono massicce e il mercato è invaso da prodotti sottocosto da Francia, Spagna, Cina. Tutti i soggetti della filiera, dai produttori di mangimi ai trasformatori, intendono aggregarsi, all’insegna della trasparenza. Bisogna darsi un marchio, indicare l’origine della materia prima e rendere il prodotto tracciabile: tutti questi dettagli compariranno sull’etichetta del coniglio. Su tutto ciò si è deciso di investire, avendo fede nel Made in Italy.

Isabella Lopardi ha lavorato come giornalista, traduttrice, correttrice di bozze, redattrice editoriale, editrice, libraia. Ha viaggiato e vissuto a L'Aquila, Roma, Milano. Ha una laurea magistrale con lode in Management e comunicazione d'impresa, è pubblicista e redattore editoriale. E' preside del corso di giornalismo della Pareto University.

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