In Italia si contano ben 70.000 vittime di arresto cardiaco ogni anno e più dell’80% muore lontano dall’ospedale. Il problema in Italia riguarda una persona su mille. Sulla base dei dati del Ministero della salute, sopravvive soltanto il 2%. Perché? Perché i soccorritori intervengono in media in dodici, quindici minuti, e il cuore si ferma definitivamente. Le chance di vivere si abbassano del 10% in appena sessanta secondi, quindi in 5 minuti scendono della metà.
Che cosa si può fare?
Soltanto la defibrillazione cardiaca precoce funziona, posto che nell’85% dei casi di arresto cardiaco si riscontrano aritmie come fibrillazione ventricolare e tachicardia ventricolare senza polso. Nel 60% dei casi il cuore si ferma sulla pubblica via, mentre nel 65% sono presenti testimoni. Sarebbe sufficiente disporre di un defibrillatore automatico esterno (Dae), per utilizzare il quale sono sufficienti poche ore di formazione. Differisce da quello impiantabile ed è adatto, per ovvie ragioni, ai casi nei quali l’arresto cardiaco si manifesta in soggetti non considerati a rischio. Parliamo di defibrillatori semplici da usare, che offrono al paziente possibilità di salvarsi pari all’85%. I luoghi cardio-protetti con defibrillatori, tuttavia, non esistono nella nostra cultura. Bisognerebbe diffondere il concetto di un luogo super-vicino adatto a salvare chi viene colpito da arresto cardiaco e far così diminuire il numero dei decessi. Diversamente, il cuore si ferma irreversibilmente.