Farmaci generici: perché la loro evoluzione è lenta
Perché i farmaci generici, la cui molecola è identica a quella dei farmaci cosiddetti di marca, costituiscono soltanto il 13% o poco più della spesa farmaceutica di classe A, quella per i farmaci per i quali si utilizza la ricetta rossa? Perché le case farmaceutiche spesso passano al contrattacco, proponendo prodotti di marca dello stesso prezzo del generico, e perché è possibile che il medico di base non consigli il generico, poiché i grammi di sostanza (sic!) e i principi attivi aggiuntivi alla molecola possono variare; anche perché l’assunzione di un farmaco dall’apparenza diversa può destabilizzare il paziente, spingendolo ad affidarsi al prodotto di marca, ad “andare sul sicuro”.
C’è uno studio che Nomisma ha posto in essere per conto di Assogenerici: “Il sistema dei farmaci generici in Italia. Scenari per una crescita sostenibile”.
Farmaci generici: i numeri dello sviluppo industriale
E’ in gioco lo sviluppo industriale delle imprese che producono farmaci generici.
Con l’uso di generici la spesa pubblica si contrae con l’aumento delle confezioni vendute al paziente. Si raggiungono 1,4 miliardi di euro di risparmi privati, a parità di confezioni vendute. L’incremento dei consumi in altri settori dell’economia potrebbe essere al massimo di 700 milioni di euro circa. Tra il 2005 e il 2013 gli investimenti, il valore aggiunto e l’occupazione attivati dal comparto dei generici sono stati superiori rispetto alla media del settore di riferimento. Ci si attende un risparmio pubblico pari a 1,1 miliardi di euro tra il 2015 e il 2020 dall’aumento nell’utilizzo dei generici. In questo periodo di tempo saranno in scadenza in Italia brevetti che valgono oltre 2,1 miliardi di euro: sappiamo che il generico entra in scena quando il brevetto scade. Nel periodo 2015-2020 i posti di lavoro diretti e indiretti addizionali creati dalle industrie di produzione dei generici sarebbero 4.361. Che cosa accadrebbe se fosse permesso alle industrie produttive di generici di produrre prima della scadenza del brevetto, in modo da migliorare la tempestività di accesso sul mercato e di determinare esportazioni verso i paesi nei quali i brevetti sono già scadute? Si arriverebbe a un’aggiunta di 8.721 posti di lavoro. Ma si potrebbe arrivare a 15.851 posti di lavoro in più: questo scenario si verificherebbe se in Italia fossero rimosse le meccaniche che vincolano la produzione del farmaco generico alla scadenza del brevetto, le consuetudini nella prescrizione dei farmaci fossero smussate e se contemporaneamente non esistesse più per i generici il meccanismo del pay back, posto in essere dalla legge 135/2012. L’acquisto dei farmaci generici avviene attraverso il meccanismo delle gare, determinate dal criterio del minor prezzo, stabilito da chi compra. Ma se la spesa complessiva supera il tetto anche per i farmaci fuori brevetto bisogna rendere la cifra corrispondente, con il meccanismo del pay back: le aziende farmaceutiche interessate versano direttamente alle Regioni la loro quota, proporzionale allo sfondamento del tetto di spesa.
Farmaci generici: in sintesi
I numeri del mercato possono fare girare la testa, poiché la liberalizzazione del mercato del generico porterebbe a innegabili miglioramenti in termini di sviluppo dell’occupazione e risparmio nella spesa pubblica. Ma il fatto che nelle gare il prezzo sia definito da chi compra potrebbe avere ripercussioni sul piano della qualità del farmaco generico.
Farmaci generici: risparmio pubblico fino a 1,1 miliardi. Ma a che prezzo?
Ben venga dunque, in argomento, la cautela, e si muova per preservare la quantità del farmaco. C’è da aggiungere che il farmaco sostitutivo deve essere un degno sostituto, davvero equivalente al prodotto cosiddetto di marca. Ci sono farmaci generici che vengono prodotti dalle stesse case produttrici che detenevano il brevetto, a questo proposito sono forse preferibili? La parola al paziente.