Gli animali sono, pensando a tutte le forme di vita sulla Terra, tra le creature più simili a noi.
Infatti, sono in molti a pensare che la nostra specie non dovrebbe prevaricare le altre, a maggior ragione se si parla della produzione di carne e derivati, e quindi dello sfruttamento di animali da allevamento per la nostra alimentazione.
Ma non è tutto. Persino i più convinti consumatori di carne, se messi davanti a determinate immagini, non riuscirebbero a consumare un filetto con la stessa spensieratezza.
Gli animali da allevamento, quindi, sono davvero maltrattati ovunque o solo in alcune e tristi realtà?
Gli animali e l’allevamento: problemi ambientali, etici e morali
È risaputo che gli allevamenti e i processi legati alla produzione di carne da consumare abbiano un notevole impatto ambientale.
Un articolo del 2020 di Greenpeace, Organizzazione non governativa ambientalista e pacifista, afferma che l’impatto ambientale degli allevamenti, in Europa, superi addirittura quello delle automobili. Dal 2007 al 2018 le emissioni annuali di gas climalteranti sono aumentate del 6%, l’equivalente di 8,4 milioni di auto in più sulle strade europee. Ma non è tutto. In Italia, l’inquinamento derivante dagli allevamenti contribuisce al 7% delle emissioni di gas serra. Nel mondo, la cifra si aggira attorno al 15%.
Tuttavia, gli allevamenti sono anche al centro di altre questioni. Per esempio, la produzione di carne è sostenibile ed etica per gli animali?
Casi di maltrattamento animale
Parlando di animali e allevamenti sono molti gli spiacevoli fatti di cronaca che raccontano di maltrattamenti e condizioni di vita pietose.
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Galline
“Negli allevamenti in batteria di galline ovaiole, vale a dire quelle destinate esclusivamente alla produzione di uova, ogni gabbia contiene diverse galline, offrendo ad ogni animale uno spazio poco più grande di un iPad. Per loro è considerato profitto, per noi tortura“, commentano gli esperti di Animal Equality, organizzazione internazionale non-profit per la difesa dei diritti degli animali.
Spazi così ridotti impediscono a questi animali qualsiasi movimento, non possono nemmeno aprire le ali. Non solo, i reticoli delle gabbie in materiale metallico possono causare lacerazioni alle galline che cercano di muoversi.
In più, stipandone migliaia in ambienti ristretti, si favorisce la circolazione di virus e malattie, un problema per gli animali e le persone. Come se ciò non bastasse, invece di agire alla radice migliorando le condizioni di allevamento, a questi animali vengono somministrati antibiotici che finiscono direttamente sulle nostre tavole.
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Scrofe
“Le scrofe riproduttrici negli allevamenti intensivi sono condannate a passare quasi tutta la loro vita in gabbie di gestazione poco più grandi del loro corpo, che impediscono loro di stare in piedi, girare su se stesse o, addirittura, di sdraiarsi completamente. Questi animali, che numerosi studi citano come più intelligenti e socievoli dei cani, provano grandissima sofferenza fisica e psicologica per questa prigionia“, continua Animal Equality.
In numerosi casi di maltrattamento delle scrofe da allevamento, queste presentavano ferite, ascessi, piaghe da decubito.
Per spostarle, inoltre, invece di utilizzare apposite rampe e scivoli, le scrofe sono costrette a compiere salti troppo alti per la loro stazza e dopo mesi di immobilizzazione da parziale a totale. Il risultato? Ossa rotte, distorsioni e altri problemi alle zampe.
Ad alcuni cuccioli di suini, invece, per evitare che possano mordersi le orecchie e la coda provocandosi ferite, queste vengono tagliate direttamente senza fornire loro analgesici o anestetici.
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Vitelli
“I vitelli meritano un discorso a parte, perché sono sì bovini sfruttati e uccisi per il consumo della loro carne, ma sono di fatto un sottoprodotto del sistema perverso dell’industria lattiero-casearia, che non sapendo come utilizzare i nati di sesso maschile li ‘investe’ nell’industria della carne“, aggiunge Animal Equality.
Lo svezzamento improvviso e precoce, come accade con i vitelli che vengono strappati alle madri per essere inseriti nell’industria della carne, è particolarmente stressante sia per i vitelli stessi che per le mucche. In questi casi, infatti, gli scienziati hanno osservato alcuni vitelli piangere disperatamente e senza sosta, altri reagire con forme di iperattività nervosa e altri ancora arrivare a rifiutare il cibo.
“Come se non bastasse, la maggior parte della carne di vitello prodotta viene chiamata ‘bianca‘, perché questi cuccioli sono costretti a una dieta quasi del tutto priva di ferro con il solo scopo di tenere chiaro il colore della carne e mantenere il gusto più leggero”, spiega Animal Equality.
Cosa ne pensano le persone?
“La grande maggioranza delle persone è contraria al confinamento in gabbia di questi animali ed è disposta a pagare di più per supportare la transizione”, commenta Essere Animali, associazione non profit italiana per i diritti animali.
Per transizione si intende il passaggio a forme di allevamento estensivo e riduzione del consumo pro capite di carne e alimenti di origine animale.
YouGov, una società britannica che svolge ricerche di mercato e analisi dei dati, ha realizzato un sondaggio su un campione di 1100 persone per Essere Animali. E i risultati parlano chiaro.
Dai dati del sondaggio condotto da YouGov emerge che c’è poca conoscenza di questo tema con solo il 22% e il 25% degli intervistati che è consapevole che le scrofe possono essere allevate in gabbia durante, rispettivamente, le fasi di gestazione e allattamento. Il 65% di chi ha risposto considera inaccettabile l’utilizzo di questo sistema, e il numero cresce al 75% dopo aver visto foto di animali da allevamento maltrattati.
Più dell’80% delle persone che hanno espresso un’opinione è disposto a pagare di più i prodotti animali affinché questi possano ricevere trattamenti eticamente e moralmente adeguati.
Gli animali sono maltrattati ovunque?
Una domanda che ognuno di noi dovrebbe porsi. Persino coloro che sono più ‘agguerriti’ in questa lotta per contrastare le forme di allevamento intensivo.
“La risposta, per quanto riguarda la quasi totalità delle decine e decine di migliaia di allevamenti sparsi per l’Italia se si parla di maltrattamento degli animali, è decisamente ‘no‘. Del resto, trattare male gli animali non solo è un reato, ma va anche contro l’interesse di chi li alleva“, commenta il gruppo di Carni Sostenibili, un’associazione la cui mission mira a mostrare che la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, sia per la salute che per l’ambiente.
I motivi sono molteplici. “Oltre all’indubbia valenza etica e quindi all’attenzione da parte dell’opinione pubblica e degli organi di controllo, vi è anche una ragione puramente economica. Eventuali fattori di stress e cattive condizioni di vita non solo generano condizioni di inutile sofferenza all’animale, ma anche scarsa qualità delle carni”, continua Carni Sostenibili.
L’ Unione europea proibisce tutti quei metodi di allevamento che provocano sofferenze o lesioni ai capi di bestiame, e sottolinea che deve essere garantita libertà di movimento a tutti gli animali.
“Quella del benessere animale è una sfida che tutti vogliono vincere, a partire da coloro che dagli animali traggono sostentamento per sé e per le proprie famiglie, e che agli animali dedicano letteralmente la vita”, concludono gli esperti di Carni Sostenibili.
La loro dignità, una nostra responsabilità
È consentito allevare e sacrificare gli animali per i nostri scopi? Gli animali hanno diritti? Tutte le specie animali sono senzienti? A queste e altre domande risponde nel suo ultimo saggio, pubblicato sulla rivista scientifica “Animals“, Giuseppe Pulina, docente del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari e Presidente di Carni Sostenibili.
Pulina afferma che non si possano attribuire giudizi di valore alla natura in quanto essa è priva di un codice morale. La sofferenza inflitta agli animali è, quindi, da evitare in quanto contraria ai valori umani, non a quelli animali.
Lo studioso sostiene la legittimità dell’uccisione a scopo alimentare di animali. Infatti, non possedendo uno status morale non sono da considerarsi titolari di diritti soggettivi. Questo, tuttavia, non va confuso con il benessere animale e con la loro tutela.
“Il valore giuridico che emerge dal lavoro di Pulina è quello della coesistenza tra l’esigenza primaria di preservare il valore della vita dell’uomo, prima di tutto quello della sua alimentazione, e l’esigenza di tutelare l’esistenza dignitosa dell’animale. Come conciliare questi due valori Pulina lo dice chiaramente: l’uomo è responsabile delle azioni che compie nei confronti degli animali“, spiega Pietro Paolo Onida, Professore di Diritto Romano presso l’Università di Sassari, commentando il saggio di Pulina.
Che sia nostro interesse consumare una carne di qualità migliore, garantire condizioni ottimali agli animali allevati, o escludere completamente carne e derivati dalla nostra dieta, poco cambia: il benessere degli animali allevati è una nostra responsabilità.
Copertina: Foto di Vinicius Pontes: https://www.pexels.com/it-it/foto/allevamento-di-vitello-marrone-953966/
Prima foto: Yan Krukau: https://www.pexels.com/it-it/foto/mangiando-agricoltura-fattoria-erba-5216152/
Seconda foto di Animal Equality
Terza foto di mali maeder: https://www.pexels.com/it-it/foto/carne-rossa-con-peperoncino-e-spie-verdi-65175/