Rigetto nei trapianti d’organo: scoperto gene che lo provoca
Salute

Rigetto nei trapianti d’organo: scoperto gene che lo provoca

03/06/2019
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Rigetto nei trapianti d’organo: è stato scoperto un gene che lo provoca. Si tratta di una chance per migliorare l’esistenza dei soggetti sottoposti a trapianto.

Le università New York e di Torino, con la Città della Salute di Torino hanno svolto una ricerca in merito ai trapianti di rene: si tratta di uno studio collaborativo, che ha coinvolto anche altri centri europei. Ciò ha permesso di scoprire il gene LIMS1. La scoperta è apparsa su una rivista scientifica di livello internazionale, il New England Journal of Medicine.

Rigetto nei trapianti: il sistema immunitario non riconosce l’organo

Una certa quota di trapianti smette di funzionare nel tempo, principalmente perché il sistema immunitario dell’ospite riconosce l’organo trapiantato come diverso e lo rigetta.

Non bisogna dimenticare che ogni anno nel mondo più di 130.000 persone ricevono un trapianto di organo. Sullo Stivale, nel 2018 sono stati fatti 3.718 trapianti, più del 10% dei quali presso l’Ospedale Universitario Città della Salute e della Scienza di Torino. Per chi riceve un trapianto, la probabilità di sopravvivenza è di circa 70% a 5 anni, rispetto. Senza trapianto, non ci sono molte possibilità di sopravvivere: l’efficacia di tale prassi non lascia dubbi.

Il problema, semmai, è un altro: meno del 30% dei pazienti in attesa trapianto lo riceve. Il primo imperativo è incrementare il numero dei trapianti. Il mezzo è reperire donatori deceduti che abbiano espresso in vita la volontà di donare, oppure — nel caso del rene — promuovere i programmi di donazione da vivente.

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Rigetto nei trapianti: a volte non basta un solo trapianto

Il rigetto è il motivo per il quale il 20% circa di chi aspetta un trapianto di rene lo sta aspettando per la seconda volta. E’ importante migliorare l’abbinamento tra donatore e ricevente, selezionandoli per caratteristiche genetiche compatibili.

Il ruolo più importante è svolto, come è noto da tempo, dalle caratteristiche genetiche dei tessuti (o caratteristiche HLA): esse sono, nei trapianti, un po’ come i gruppi sanguigni nel caso delle trasfusioni.

Ma non basta essere accorti e tenere sotto controllo tali parametri. Una certa quota di trapianti comunque viene rigettata, a causa di incompatibilità, per altre caratteristiche genetiche rilevanti per i trapianti: anche nelle condizioni più favorevoli, di completa compatibilità HLA.

Rigetto nei trapianti d’organo: un ulteriore passo in avanti

E’ stato ora identificato un gene che, quando è diverso tra donatore e ricevente, cioè risulta incompatibile, contribuisce in maniera significativa a peggiorare la riuscita del trapianto.

Sono state analizzate più di 2700 coppie donatore-ricevente di trapianto renale, quasi 800 delle quali di Torino.

Rigetto nei trapianti di organo: la proteina estranea

Come si è riusciti a identificare questo gene? Lo spiega uno degli autori della ricerca, il professor Antonio Amoroso, responsabile del gruppo di ricerca di Genetica dei Trapianti dell’Università di Torino e direttore del Servizio di Immunogenetica e Biologia dei Trapianti dell’Ospedale Universitario Città della Salute e della Scienza di Torino. Grazie a un approccio genomico, cioè di analisi delle migliaia di caratteristiche genetiche di donatori e riceventi di un trapianto renale, è stata identificata una combinazione genetica che più di frequente era presente, nei riceventi il cui trapianto era stato rigettato. Si è quindi compreso che nella popolazione di origine europea il 60% dei soggetti presenta una caratteristica genetica che permette di produrre una proteina (appunto LIMS1) presente in molti tessuti, compreso quello renale. Al contrario, il 40% degli individui possiede varianti genetiche che non permettono di esprimerla. In caso di trapianto di rene che provenga da un donatore con la variante che esprime la proteina LIMS1, i riceventi che geneticamente non la producono possono riconoscerla come estranea e indirizzare contro di essa una risposta immunitaria di rigetto dell’intero trapianto. E’ stato infatti dimostrato che i riceventi negativi per la proteina sviluppano, quando trapiantati con reni positivi, anticorpi anti-LIMS1. Ecco che il sistema immunitario reagisce.

Rigetto nei trapianti di organo: a che cosa serve la ricerca torinese

Secondo un altro degli autori della ricerca, la professoressa Silvia Deaglio, sempre della Genetica dei Rigetto nei trapianti d’organo: scoperto gene che lo provocaTrapianti di Torino, le implicazioni più importanti della ricerca sono due. La prima è quella di utilizzare queste informazioni genetiche al fine di trovare le combinazioni più compatibili, quando si selezionano i riceventi da trapiantare. Già oggi si eseguono, come detto, i test cosiddetti di tipizzazione tessutale (o HLA) per scegliere quale dei pazienti in lista di attesa presenti le caratteristiche più simili a quelle del donatore che si rende disponibile. Non è difficile introdurre anche l’analisi di questa caratteristica genetica, al fine di migliorare gli abbinamenti e con essi l’esito dei trapianti. Questo studio, inoltre, ha permesso di mettere a punto le analisi di laboratorio, al fine di intercettare la presenza di anticorpi contro la proteina LIMS1. Le analisi potranno essere utilizzate per monitorare i trapianti e accorgersi se compaiano questi anticorpi dopo il trapianto: prima dei segni clinici di rigetto, in un momento più precoce, che renda più efficace la stessa terapia anti-rigetto.

Rigetto nei trapianti d’organo: concentrarsi su altri trapianti

Come gli esperti ricordano, questo studio si è concentrato sui trapianti di rene. Anche altri organi, come il cuore e il polmone, esprimono tuttavia questa proteina. L’incompatibilità per LIMS1 è critica anche nel caso di trapianto di questi organi? Sarà importante verificarlo.

Isabella Lopardi ha lavorato come giornalista, traduttrice, correttrice di bozze, redattrice editoriale, editrice, libraia. Ha viaggiato e vissuto a L'Aquila, Roma, Milano. Ha una laurea magistrale con lode in Management e comunicazione d'impresa, è pubblicista e redattore editoriale. E' preside del corso di giornalismo della Pareto University.

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