No, non parlo di quelli di calcio. Quelli che ho vissuto si sono svolti a Chicago (Usa) in occasione dell‘American Society Congress of Oncology, mondiali che non hanno un vincitore e nessuno viene squalificato. Tutti i giocatori hanno un unico obiettivo: lavorare per noi e la nostra salute, in tutto il mondo.
Tra i numerosi vantaggi che la mia professione mi offre, c’è anche quello di prendere parte ad appuntamenti congressuali più o meno importanti. E quest’anno ho beccato quello più importante (credo) in oncologia, un appuntamento annuale quello dell’ASCO che si è concluso recentemente a Chicago. Ci sono rimasta 6 giorni, anche se a giudicare dall’intensità, mi sono sembrati 60.
American Society Congress of Oncology, c’è un solo avversario
Mai mi sarei immaginata un mondo così articolato e strutturato. Ripensandoci, dall’altra parte dell’oceano abbiamo sempre letto articoli con interviste ai nostri luminari e citazioni di sconosciuti dai nomi impronunciabili con studi scientifici difficili anche da riassumere. Ma cosa c’è davvero dietro a una notizia e alla fatica di quanti lavorano per poterla raccontare? Ora lo so.
Torniamo ai mondiali. Le squadre sono composte da medici, primari, assistenti che hanno lavorato in tutto il mondo per poter presentare risultati di studi, ricerche. L’avversario è comune a tutte le squadre, con forme diverse, per parti diverse del corpo, ma con un unico nome: cancro. Il Centro Congressi che ci ospita usa questo termine in modo molto diverso da come noi siamo abituati. Siamo in America, dove le proporzioni non ci sono, dove tutto è gigantesco, dove non si sussurra. A ripensarci, il suono “cancer” fa sembrare anche meno punitivo quello italiano che mi è sempre sembrato un po’ onomatopeico (sarà per la crrrr che fa un po’ rabbrividire). Lo leggi dappertutto, con segnali di speranza e lotta. Lo leggi dentro e fuori dal Centro Congressi, lo vedi in TV, lo senti nei corridoi e al break.
Orgogliosi di essere all’American Society Congress of Oncology
Lo stadio in cui si disputano le partite è il Centro Congressi apre presto, molto presto. Al mattino già alle 7:30, massimo 7:45, le squadre sono in azione contemporaneamente su 10-15 campi. E vanno avanti così per tutto il giorno. Quando gli spalti raggiungono il massino del numero di spettatori, ecco arrivare addetti che ti mostrano palette di legno e ripetono, ad alta voce, che è possibile seguire la relazione sul maxischermo, spostando il flusso nella direzione opposta.
E’ incredibile la quantità di persone che si affretta a raggiungere una sessione, a salutare il collega dell’anno prima, a congratularsi con l’autore della ricerca. Tutti muniti rigorosamente del badge che devi esporre al collo, orgogliosi di farne parte. Alcuni non se lo tolgono neppure quando te li trovi nei grandi magazzini “Macy’s” in una pausa per fare un po’ di shopping. Come anche la borsa con la scritta ASCO che lintravedi negli angoli dei tavoli al ristorante la sera.
L’organizzazione dell’American Society Congress of Oncology
Nello stadio non puoi perderti o avere dubbi. Qui e là, dove meno te li aspetti, ecco spuntare dei simpatici omini con un grembiule blu con la scritta “Chiedi a me”. Sanno darti le indicazioni e rispondere a qualsiasi domanda. Ho sorriso avvicinandomi a uno di loro perché sotto al nome e cognome era specificata la qualifica di “Conversation staff”. Parliamone!
Grazie alle sue indicazioni non ho perso uno dei mille (o più) pulmini che ti riportano negli hotel di Chicago. Già, perché anche a questo hanno pensato. Segui la numerazione dei gate, trova quello che ha il numero del tuo pulmino, controlla che nell’elenco degli hotel ci sia il tuo e aspetta che strilli quel nome prima di scendere. E così almeno 2 volte al giorno.
Tutti educati e compiti, diversi tra loro e riconoscibili tra loro. Magari qualche spagnolo l’ho preso per italiano e viceversa, ma era impossibile non sbagliare un tedesco o un irlandese.
American Society Congress of Oncology: chi allena, chi gioca, chi fa la telecronaca
Chi allena mi piace pensare siano tutte le aziende che permettono ai giocatori per poter fare le partite, di migliorare la squadra, di avere nuovi giocatori e di vincere qualche match. Sempre pronti a prepararne di nuove
Chi fa la telecronaca è in uno spazio riservato rigorosamente alla stampa, fatto di lunghi tavoli, prese elettriche, wi-fi, stampanti, tavoli rotondi per riunioni e sempre qualcosa da mangiare o bere. Mettici pure una terrazza sul lago Michigan per distrarsi ogni tanto.
E’ proprio lì che vengono passate e filtrare tutte le partite. E per ogni nazione ce ne sono almeno 2 o 3 che in tempo reale (fuso di 7 ore non ti conosco!) estraggono numeri, dati, virgolettati, abstract, percentuali per sciogliere un concetto scientifico in un risultato o una speranza.
American Society Congress of Oncology, l’Italia è di scena
E’ quando è l’Italia che gioca ecco che aumenta il confronto, la traduzione, l’intervista. Veloci e precisi, un argomento dietro l’altro.
Perchè l’Italia c’è, eccome, e i nostri medici sono assolutamente all’avanguardia. Dobbiamo esserne fieri e continuare a fare il tifo per loro.
Stanno lavorando per noi, dall’Italia e da tutto il mondo per affrontare il cancro nel migliore dei modi.