Invecchiano i sieropositivi
Essere sieropositivi significa essere fragilissimi e crea rilevanti limitazioni nello stile di vita, ma non significa essere sul punto di morire. Anche i sieropositivi, in effetti, riescono a invecchiare, con un’aspettativa di vita vicina a quella della popolazione generale. Sono utili in questo senso le terapie oggi utilizzate, che tengono in scacco il virus.
Sieropositivi, che cosa è avvenuto negli ultimi venti anni
Negli ultimi venti anni, è raddoppiato il numero di persone che hanno superato i cinquant’anni e che sono risultate positive all’Hiv. Non si tratta, tuttavia, di una ragione per cantare vittoria.
La sessualità è spesso un tabù, ma non è una parolaccia
Manca una vera educazione sessuale agli italiani, e la sessualità è troppo spesso considerata un tabù…Soggetti a rischio, un messaggio: “Non infetto è meglio”
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Antonio Antela dell’Hospital clínico universitario de Santiago de Compostela (Spagna), in un incontro all’Eacs 2015 di Barcellona dedicato alle nuove sfide contro l’Hiv, ha dichiarato: “L’assunzione prolungata di questi farmaci, tuttavia, può accelerare il normale processo di invecchiamento. E i pazienti sono più vulnerabili a una serie di malattie, dall’osteoporosi alle cardiopatie”.
Antela non vuol risultare “troppo ottimista” e far passare messaggi troppo rosei che, secondo la sua opinione, “possono influenzare le misure preventive che le persone attuano”. Bisogna divulgare un concetto: “Non infetto è meglio”.
Sieropositivi oltre i 50 anni: quanti sono?
Negli Stati Uniti e in Europa, nel 2012, c’era il 33% di pazienti ultracinquantenni, contro il 6% del Nordafrica.
Via via che gli anni passano, i sieropositivi hanno la metà dei rischi in più di incorrere in fratture rispetto ai loro coetanei sani. Nel 2030 il 70% dei soggetti con Hiv sarà anche colpito da diabete. C’è di più: i sieropositivi sono facilmente colpiti, rispetto ai soggetti che non hanno il virus, dalle malattie di fegato e “spesso presentano problemi come ansia, paura dell’isolamento, perdita di memoria e di concentrazione”.
Sieropositivi e condizioni di vita, che fare per migliorare?
Jurgen Rockstroth dell’University of Bonn (Germania), aggiunge che “per il futuro occorre un approccio multidisciplinare che parta da test e trattamento precoce, ma sia in grado di offrire anche cure personalizzate, monitorando la carica virale e gestendo lo stile di vita dei pazienti”. Non importa, dunque, contare un maggior numero di anni, ma viverli al massimo. L’argomento è toccato sul supplemento “Hiv medicine”, pubblicato da un gruppo di specialisti tra i quali spicca il nome di Antela. Secondo loro, bisogna superare l’obiettivo di una carica virale non rilevabile: in questo modo la salute, nel complesso, potrebbe essere preservata al meglio.