Ben vengano esami, prescrizioni, ricoveri. Ma quando sono inutili gravano sul bilancio, per un totale di dieci miliardi di euro l’anno, pari allo 0,75% del Prodotto interno lordo del nostro Paese. Senza contare lo stress assunto dal paziente, che viene sottoposto a pratiche con nessuna utilità. Ciò avviene quando un medico vuole mettersi al sicuro, escludendo patologie anche lontanamente attinenti ai sintomi che il paziente fa riscontrare, per non incorrere in problemi giudiziari. Il fenomeno, secondo le statistiche, riguarda nove medici su dieci: si chiama “Medicina difensiva”.
Un nuovo libro
E’ uscito un nuovo libro, dal titolo “Medicina difensiva”, per i tipi di Idelson-Gnocchi: lo ha scritto Giovanni Simonetti, ordinario di Radiologia all’Universita’ di Tor Vergata e membro del gruppo di lavoro dedicato alla medicina difensiva, che il Ministero della Salute ha istituito. L’autore si chiede quali siano le cause del fenomeno: tra di esse, le numerosissime denunce di sinistri che hanno riguardato i medici, che negli ultimi quindici anni sono aumentate del 158%. Il concetto cardine è la responsabilità, non riferita soltanto a codice penale e civile, ma soprattutto legata alla deontologia professionale. Si tocca il concetto del consenso informato, che investe il rapporto medico-paziente.
Possibili contromisure
Quali potrebbero essere le contromisure in tema di medicina difensiva? Potrebbero essere elaborate linee guida tali da permettere al clinico di orientarsi più facilmente tra le norme. Interventi potrebbero riguardare l’ambito civile, penale e assicurativo. I medici, per dover difendersi, devono sentirsi sotto accusa: è la società che li pone nel mirino, in una posizione vulnerabile, essendo essi posti nelle condizioni di giustificare in ogni momento il proprio operato. Incidono i pre-concetti dei pazienti, convinti di rivolgersi a un medico onnisciente.