C’è chi pensa che i disturbi della tiroide siano una prerogativa del genere femminile: non è così. Tra gli uomini, queste patologie sono, dopo il diabete, le malattie endocrine più diffuse. Parliamo di cinquecentomila persone colpite nella penisola italiana. Le forme lievi portano all’aumento del rischio di fratture: una metanalisi in questo senso è stata pubblicata su Jama.
Se ne è parlato a Brescia il 3 luglio, nel corso del congresso Cuem. Settantamila uomini hanno formato il campione per una ricerca. Nel 5,8% del campione era presente ipotiroidismo in forma subclinica (lieve, ndr) e nel 3,2% una forma lieve di ipertiroidismo. In questi casi, i valori ormonali erano al limite.
Come si è svolta la ricerca
Lo studio comportava che fossero esaminati uomini e donne in ugual numero. Si è visto che il Tsh basso e il l’iperfunzionamento della tiroide portano maggior rischio di fratture all’anca e alle vertebre: parliamo del doppio dei casi, rispetto ha chi ha valori normali relativi alla tiroide. Un lieve eccesso di “ormoni tiroidei circolanti” porta al “turnover osseo”, quindi tra ormoni tiroidei e fragilità ossea c’è una relazione, come ricorda il professor Andrea Giustina, ordinario di Endocrinologia presso l’università di Brescia e presidente del Congresso. Quando il livello di Tsh si abbassa c’è un rischio di 1,6 volte superiore di fratture d’anca e di 1,9 volte di tutte le ossa. Se la tiroide è pigra, invece, il rischio di fragilità scheletrica non sembra aumentare.
Noduli tiroidei: che cosa pensare?
Le considerazioni determinate in merito ai noduli tiroidei sono piuttosto rosee: molti possono essere tenuti semplicemente sotto osservazione e per la maggior parte (l’80%, per la precisione) essi sono di natura benigna. Meno male, perché sono piuttosto frequenti: colpiscono dal 30 al 50% degli individui. Come si scoprono? Con controlli casuali, poiché nella maggior parte dei casi non fanno riscontrare particolari sintomatologie, come ricorda il professor Sebastiano Filetti: soltanto il 16,5% fa riscontrare un profilo indeterminato, tale da indurre ad attuare controlli ulteriori. Un sospetto di malignità c’è soltanto nel 3,5% dei casi. 993 pazienti nel corso dello studio pubblicato su Jama sono stati sottoposti a ecografia annuale e a controlli dei dosaggi Ft4 e Tsh. Trascorsi cinque anni, il 66% dei noduli è rimasto stabile, il 15,4% è cresciuto, piano piano, nelle dimensioni, per un totale di circa cinque millimetri in cinque anni e il 18% è regredito. Il 9% dei partecipanti alla ricerca aveva nuovi noduli quando è stato visitato. L’aumento delle dimensioni del nodulo si verifica in soggetti con meno di 43 anni e massa corporea con indice maggiore di 28.
Uomini, non abbassate la guardia!
Negli uomini i noduli hanno incidenza minore, ma non bisogna sottovalutare il fenomeno: nelle persone di genere maschile il nodulo ha maggiori probabilità di essere maligno. In aprile, uno studio pubblicato su Bmc Cancer ha reso chiaro che l’incidenza di microcarcinoma papillare, in pazienti con malattie alla tiroide benigne per le quali era stato necessario un intervento, era del 16-17%: sia per gli uomini, sia per le donne. Che fare? Sottoporsi a controlli periodici.