Vaiolo delle scimmie: serve attenzione, ma non è il nuovo Covid
Il vaiolo delle scimmie (Mpox) sta guadagnando sempre più terreno sui giornali e nell’immaginario collettivo di chi lo teme come se si trattasse della Peste Nera del ‘300. Tuttavia, almeno in Europa, la situazione è sotto controllo.
Quindi è opportuno preoccuparsi? Dobbiamo avere paura che tutto ciò possa evolversi in un ‘nuovo Covid‘?
Sicuramente non sbagliamo se decidiamo di informarci: natura del virus, sintomi, contagi, prevenzione ecc. Gli allarmismi, infatti, spesso si nutrono proprio di scarsa informazione.
Proviamo quindi a puntare una piccola lente d’ingrandimento su questo virus, per conoscere meglio un nuovo nemico, che poi tanto nuovo non è.
Vaiolo delle scimmie: per ora non sono necessari allarmismi
“Sulla base della situazione attuale, il rischio complessivo rappresentato da Mpox per la popolazione generale in Ue rimane basso“. Lo ha ribadito la direttrice dell’Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, Pamela Rendi-Wagner, intervenendo in un confronto nella Commissione per l’ambiente, la salute pubblica e la sicurezza alimentare del Parlamento europeo.
“Finora c’è stato solo un caso importato del clade 1b del virus, il ceppo più grave emergente in Africa, segnalato a Stoccolma in Svezia il 15 agosto in una persona che aveva una recente storia di viaggio in un Paese africano. Ma dobbiamo essere preparati al fatto che si verificheranno altri casi importati in Ue. Bisogna aumentare la consapevolezza sulla malattia tra gli operatori sanitari e nel pubblico, implementare e rendere effettiva la preparazione e la capacità in termini di sorveglianza, test di laboratorio, sequenziamento genomico e contact tracing. E ancora, fornire informazioni ai viaggiatori diretti in aree a rischio sulle misure preventive, come evitare il contatto con animali selvatici o evitare il contatto con persone che potrebbero essere casi sospetti“, aggiunge Rendi-Wagner.
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Quali sono le principali differenze con il Covid?
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La prima differenza fondamentale tra il Covid-19 e il vaiolo delle scimmie è che il secondo lo conosciamo già. Invece, all’inizio della pandemia di Covid-19 il coronavirus responsabile della malattia, SARS-CoV-2, era un virus di cui non sapevamo nulla, nei confronti del quale non avevamo armi efficaci per combatterlo.
Il Covid causa principalmente problematiche legate all’apparato respiratorio, il vaiolo delle scimmie eruzioni cutanee (le complicanze gravi sono dovute principalmente a infezioni batteriche secondarie).
Inoltre, cambiano anche le modalità di trasmissione: il Covid si trasmette prevalentemente per via respiratoria, il vaiolo delle scimmie, invece, attraverso il contatto stretto e ravvicinato con le lesioni cutanee o mucose di un soggetto infetto.
Focus sul vaiolo delle scimmie: di che malattia si tratta?
Mpox, precedentemente noto come ‘vaiolo delle scimmie’, è una malattia virale zoonotica (trasmessa per via diretta o indiretta dagli animali all’uomo) causata dal virus del vaiolo delle scimmie, facente parte della stessa famiglia del virus del vaiolo umano.
“La malattia è endemica, cioè tipica, dell’Africa centrale e occidentale e può colpire gravemente la pelle e i linfonodi, con sintomi che includono febbre, dolori muscolari, mal di testa, e un’eruzione cutanea caratterizzata da vesciche e pustole. Anche se meno letale rispetto al vaiolo umano, il vaiolo delle scimmie può portare a complicazioni gravi, specialmente nelle persone immunocompromesse“, spiegano gli esperti dell’Ospedale San Raffaele di Milano.
Il primo caso umano fu registrato nel 1970 nella Repubblica Democratica del Congo (all’epoca Zaire).
Come si trasmette
“Il virus si trasmette attraverso il contatto diretto con lesioni cutanee, fluidi corporei o materiali contaminati come lenzuola e indumenti. Un’altra modalità di trasmissione include lo stretto contatto fisico, spesso durante i rapporti sessuali, che ha portato alla sua diffusione recente in Europa e Nord America. È stato stimato che il virus si diffonda anche attraverso droplets respiratori, piccole goccioline di saliva che vengono emesse dalle vie respiratorie di una persona, in caso di esposizione prolungata”, aggiungono gli esperti del San Raffaele.
Il contagio può avvenire tramite:
- contatto diretto con una persona infetta, specialmente attraverso lesioni cutanee;
- rapporti sessuali non protetti;
- materiali contaminati, come biancheria o indumenti;
- aerosol respiratori (in casi rari, e solo con esposizione prolungata).
Fasi e sintomi
Il vaiolo delle scimmie ha un’incubazione di 5-21 giorni e si manifesta in 2 fasi principali:
- fase prodromica: febbre, stanchezza, dolori muscolari e mal di testa. I linfonodi si ingrossano;
- fase eruttiva: inizia l’eruzione cutanea, con papule che evolvono in vesciche e croste.
La malattia dura generalmente dalle 2 alle 4 settimane e, nella maggior parte dei casi, i sintomi si risolvono senza trattamenti specifici, ma nei casi più gravi può portare a infezioni batteriche secondarie o complicazioni polmonari e neurologiche.
Diagnosi e trattamento
“La diagnosi viene confermata tramite test PCR su campioni di lesioni cutanee. Al momento, non esiste una cura specifica, ma specifici farmaci antivirali sono utilizzati nei casi gravi. I vaccini contro il vaiolo umano offrono protezione e vengono somministrati a gruppi a rischio. In caso di sospetta infezione è opportuno rivolgersi al proprio medico curante che può esaminare la situazione in base anche all’esposizione ai fattori di rischio. In caso di comparsa di vescicole o altre manifestazioni cutanee, si consiglia di recarsi al pronto soccorso dove il personale sanitario effettuerà esami diagnostici e la somministrazione di antivirali, quando necessario”, concludono i medici del San Raffaele.
La situazione in Africa: il continente più colpito
I bambini e le comunità vulnerabili sono al centro di un’epidemia di mpox in aumento nell’Africa orientale e meridionale.
Il Burundi sta registrando il maggior numero di infezioni in tutta la regione. Al 20 agosto 2024, erano 170 i casi confermati di Mpox in 26 dei 49 distretti del Paese, di cui il 45,3% sono donne. I bambini e gli adolescenti di età inferiore ai 20 anni costituiscono quasi il 60% dei casi rilevati, mentre i bambini sotto i 5 anni rappresentano il 21% dei casi.
Oltre agli effetti diretti della malattia, permangono le preoccupazioni per l’impatto secondario dei focolai di Mpox su bambini e adolescenti, tra cui lo stigma, la discriminazione e le interruzioni della scolarizzazione e dell’apprendimento.
Per le donne e le ragazze, il rischio/la minaccia di violenza di genere (compresi gli abusi sessuali e lo sfruttamento) rimane elevato, poiché il loro carico di cura comprende l’assistenza ai membri malati della famiglia e il sostegno alle esigenze di base per la sopravvivenza delle loro famiglie, come si è visto in precedenti emergenze di salute pubblica.
“La nuova epidemia di variante del virus mpox rappresenta un’ulteriore preoccupante minaccia per i bambini e le famiglie, molti dei quali hanno già dovuto affrontare conflitti e sfollamenti, epidemie di colera e poliomielite e malnutrizione. Le prove indicano che i bambini, soprattutto quelli malnutriti o affetti da altre malattie, sono i più vulnerabili a contrarre e morire a causa di questo ceppo di vaiolo. Proteggerli deve essere la priorità assoluta”, ha dichiarato il Direttore regionale dell’UNICEF per l’Africa occidentale e centrale, Gilles Fagninou.
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