In occasione dei 50 anni dell’Airc, Associazione italiana per la ricerca sul cancro, della quale è fondatore, Umberto Veronesi ha ragionato a ritroso, fino a tornare nella memoria a condizioni nelle quali la medicina era molto diversa: “Quando ho incominciato a occuparmi di tumori non avevamo mezzi diagnostici, c’erano solo le nostre mani. Io ho le mani sensibilissime perché per almeno 30 anni dovevo fare diagnosi di tumore o non tumore solamente con la percezione delle mie dita. Poi arrivarono gli strumenti più evoluti, la mammografia, l’ecografia e quelle piccole percentuali di guarigione che avevamo allora balzarono in alto“.
Ha aggiunto: “In Italia intorno agli anni ’60 arrivò nell’Istituto dei tumori un bravissimo ricercatore che veniva dall’America, Beppe Della Porta. Diventammo amici: aveva visto grandi organizzazioni per raccogliere aiuti dalla popolazione per curare il cancro”.
Veronesi: “in Italia non c’erano finanziamenti per la ricerca”
Afferma, inoltre, Veronesi: “Mi sono accorto che in Italia non c’erano finanziamenti per la ricerca, né pubblici né privati; andammo dal notaio e fondammo l’Airc, la creammo ufficialmente. Non avrei mai immaginato che avrebbe preso una posizione così dominante nel mondo della ricerca sui tumori. La bellezza di questa associazione è stata quella di promuovere e finanziare la ricerca, ma anche di dare consapevolezza alle persone. Non è solo finanziamento per la ricerca, per questo penso che Airc abbia un grande futuro”.
Veronesi: “vittoria totale sulla malattia”
Conclude Veronesi: “Io sono ottimista sul futuro, i giovani ricercatori hanno uno spazio di ricerca gigantesco; se fossi vissuto a lungo avrei potuto vedere magari la vittoria totale sulla malattia. Quando mi dicono ‘sei un uomo di successo’ dico ‘no sono un uomo di insuccesso’. Quello che dovevo raggiungere non è stato raggiunto. Ho fatto qualcosa, ho migliorato la condizione umana delle persone con tumore con qualche successo, senza la soluzione finale, che purtroppo non ho potuto vedere. Ma arriverà“.