I quadri strettamente bidimensionali di Irene Balia rispecchiano, inequivocabilmente, la sua lucidità mentale. La lezione del minimalismo è imparata e riformulata, in un linguaggio puramente figurativo. Le immagini, volutamente piatte, immobili di fronte all’osservatore, ben delineate, silenziose, recano persone come in posa e mostrano la precisione palese nei dettagli degli sfondi, dell’arredamento. Figure che lasciano il proprio messaggio, chiaro, in un attimo sospeso, sorrette dalla perfezione del disegno: come in un fermo immagine cinematografico, come nel teatro delle ombre, ma in piena luce. Il colore è nitido, a tratti uniforme, a tratti sottile. Caratterizza i volti il colore della tela. La pittrice vive e lavora a Milano, dove si è svolta nel 2013 la sua prima mostra personale, Hortus Conclusus, presso Circoloquadro. L’artista, nata nel 1985 a Iglesias (Cagliari) espone in questi giorni, dal 20 dicembre fino al 18 gennaio, a Berlino, galleria Michael Schultz, con Nuova pittura italiana, gruppo di dodici pittori in collegamento con lo studio d’arte Cannaviello.
Nei suoi quadri in acrilico che raffigurano persone, il viso e la sagoma umana compaiono con tratti essenziali, è possibile che il colore della pelle resti la tela sorgiva: Michelangelo diceva che la scultura era già nel marmo, non c’era che da liberarla. Che cosa ne pensa? Lascio parti in cui si vede la tela nuda per usare il vuoto come un colore, diventando un elemento riempitivo. Io non penso che i miei soggetti siano già nella tela, ma uso la tela come parte della composizione, non solo come supporto.
Nelle sue opere traspare il minimalismo: quando incomincia a dipingere, sa già quale colore sarà predominante? Immagina già il quadro prima di crearlo?
Immagino solo il soggetto e molto vagamente la scena. Inizio dal soggetto, che è la parte che mi è di solito più chiara, poi tutto il resto arriva dopo, compresi i colori.
Le nature morte raffigurano anche animali: come sceglie il soggetto?
Per me la natura morta è un modo di rappresentare la parte intima di una casa. Attraverso l’arredo, la tovaglia, il cibo voglio suggerire un ambiente domestico e famigliare. Nella serie delle nove nature morte sono sempre presenti i pesci e i molluschi marini. Quelle nature morte rappresentano la mia casa e la vita vicino al mare che ad essa ricollego.
Lavora dal vero o si basa su fotografie?
Mi baso su fotografie. Nei miei primi lavori avevo come repertorio le mie foto personali (foto ricordo, foto di famiglia…). Ora invece per i ritratti scatto delle foto facendo mettere in posa i modelli, già pensando al quadro. I paesaggi e gli interni invece sono inventati.
Che cosa le è più congeniale: la tridimensionalità oppure le due dimensioni della pittura?
La bidimensionalità. Anche quando uso una terza dimensione mi piace appiattirla.
Come sceglie i colori delle sue opere? Predilige il colore puro oppure le sfumature, e perché?
Quando inizio un lavoro, come dicevo in precedenza, parto sempre dal soggetto principale. Anche per il colore, quello che è già deciso è il soggetto perché coloro sempre la pelle di bianco: mi piace darle risalto e contrasto con questo colore/non colore. Gli altri colori arrivano dopo e di solito arrivano per associazioni di contrasto. Preferisco il colore puro ma negli ultimi lavori sto introducendo qualche sfumatura nei visi.
Parliamo della sua formazione: come si è avvicinata al disegno?
Ho frequentato l’accademia di belle arti di Sassari e il primo anno ho praticamente solo disegnato, ma in realtà lo faccio da sempre.
Parliamo del disegno: è a suo favore che si dispiega il rapporto di forze all’interno del quadro? Mi spiego: è più importante del colore?
No, penso siano uguali allo stesso modo, uno sostiene l’altro. A volte coloro con il disegno, altre disegno con il colore.
Che cosa ha in cantiere in questo periodo?
Il 20 dicembre è stata inaugurata l ‘ultima tappa del progetto Nuova Pittura Italiana a Berlino presso la galleria Michael Schultz. Per il prossimo futuro c’è qualcosa in programma, ma ancora tutto da definire.
Qual è il suo sogno nel cassetto?
Un lungo viaggio senza tappe prestabilite.
Intervista di Isabella Lopardi
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