Il fenomeno del quiet quitting e la sua relazione con il benessere lavorativo
Il legame tra il benessere aziendale e la permanenza di dipendenti e collaboratori sul luogo di lavoro è sempre più evidente. Mentre è ormai assodato il fenomeno della great resignation (ossia le dimissioni di massa) diffuse soprattutto tra i Millennial e i ragazzi della Generazione Z alla ricerca di un miglior equilibrio tra lavoro e vita privata, sta emergendo un altro, interessante orientamento: il quiet quitting.
Negli USA si è presto trasformato in un argomento di attualità, mentre in Europa non appare ancora delineato con nitidezza, ma si avvia a diventare un argomento di tendenza nei dibattiti riguardanti la relazione fra il grado di benessere sul luogo di lavoro e le dimissioni di massa.
Quiet quitting: di cosa si tratta?
Rappresenta un’autentica controtendenza rispetto alla cultura della fretta (la cosiddetta hustle culture di matrice americana) secondo la quale dipendenti e imprenditori dovrebbero consacrare la loro intera vita al lavoro.
In realtà il quiet quitting racchiude più attitudini da parte dei giovani (e di molti adulti) che lo mettono in atto: non indugiare sugli straordinari ed evitare di assumersi responsabilità extra, al di là dell’orario di lavoro o delle mansioni specificate dal contratto.
Inoltre, si manifesta in una graduale perdita di propositività, positività, creatività e buonumore. L’obiettivo finale è prevenire il burnout, ossia l’esaurimento causato dal lavoro, attraverso una “passività collaborativa” quel tanto da garantire relazioni umane e professionali non ostili, in attesa di una nuova proposta di lavoro migliorativa.
Il fenomeno del quiet quitting può essere attribuito a diversi fattori. Innanzitutto, cercare un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata. I lavoratori, sono sempre più consapevoli dell’importanza del benessere personale e del desiderio di dedicare tempo ed energie anche ad altre sfere della loro vita, come la famiglia, gli hobby o la cura di se stessi. Inoltre, la crescente consapevolezza del benessere mentale e l’importanza di preservare la propria salute hanno spinto molte persone a riconsiderare il loro rapporto con il lavoro e a cercare un ambiente lavorativo più sostenibile.
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Per contrastare il quiet quitting e promuovere un ambiente di lavoro positivo e coinvolgente, i manager e i datori di lavoro devono impegnarsi a costruire una relazione positiva con i dipendenti, che non li costringa a non vedere l’ora di lasciare l’ufficio, basata sulla fiducia reciproca, il rispetto e l’empatia: i dipendenti devono sentirsi valorizzati e supportati.
Inoltre, è importante che i manager siano disposti ad adattare gli obiettivi aziendali alle esigenze individuali e collettive dei dipendenti, garantendo un adeguato equilibrio tra le richieste del lavoro e il benessere personale.
Un altro aspetto cruciale è la creazione di un ambiente di lavoro stimolante e assistenziale. Ciò implica offrire opportunità di crescita e sviluppo professionale, garantire la flessibilità lavorativa, promuovere la cultura dell’autocura, intesa come l’insieme di azioni e pratiche che mettiamo in atto per prenderci cura di noi stessi, e fornire servizi di supporto per la salute mentale e fisica dei dipendenti.
Inoltre, favorire una comunicazione aperta e trasparente, incoraggiare il dialogo e l’ascolto attivo possono contribuire a creare un clima di lavoro positivo.
Il quiet quitting rappresenta un cambiamento di mentalità nell’ambiente lavorativo, in cui i dipendenti cercano di preservare il proprio benessere e di bilanciare la vita professionale e personale in modo più equilibrato.
È un fenomeno che richiede l’attenzione dei datori di lavoro e dei manager per creare un ambiente lavorativo sano, coinvolgente e gratificante. Promuovere il benessere individuale e collettivo dei dipendenti, oltre a un ambiente di lavoro stimolante, può contribuire a prevenire il quiet quitting e favorire la permanenza di talenti all’interno delle organizzazioni.