Art & Show – Violenza sulle donne, per non dimenticare
Se c’è un aspetto di questa nostra società presente che farà inorridire i posteri quando la studieranno, questo è certamente la violenza sulle donne.
E’ pur vero che la quotidianità è purtroppo infarcita di ogni tipo di violenza e che sembra un po’ partigiana la precedente affermazione, ma in realtà essa ha una sua fondata giustificazione.
Sappiamo che in contesti di guerra, di deprivazione culturale, di difficoltà socio-economica la violenza ha un ruolo predominante, ma ciò che appare del tutto ingiustificato è che essa si manifesti in uno dei luoghi che dovrebbero essere più sicuri, tra le mura domestiche.
Al loro interno, ogni anno, decine di donne cadono vittime della assurda trasposizione in chiave moderna del delitto passionale, quello che induce gli uomini, talora padri o fratelli, ma molto più spesso mariti, compagni, fidanzati a privare della vita le loro compagne o ex.
Chi non uccide sfigura, mutila perennemente, come se fosse padrone di un oggetto-donna che non può essere, nella completezza che le compete, di nessun altro, se non può essere sua.
Scegliere di ricordare ogni anno queste vicende sconcertanti e drammatiche, dedicando il 25 novembre alla lotta contro la violenza sulle donne, è un passo importante, ma certo non basta, se non si riesce a convincere la popolazione maschile a cambiare il proprio pensiero, ad abbandonare una volta per sempre la violenza, sia essa fisica, che distrugge il corpo, sia psicologica, che lascia indelebili cicatrici nell’anima di chi la subisce.
La letteratura ci offre decine di testi che affrontano la questione, e come donne non possiamo che essere grate a chi ha il coraggio della denuncia e la forza dell’analisi del problema, ma fra tutti spicca per la sua originalità, per il suo taglio particolare “Ferite a morte”, di Serena Dandini.
L’autrice, molto nota per la sua attività in ambito teatrale e televisivo, ha voluto provare ad immedesimarsi nelle vittime di femminicidio, dando loro voce non perché sopravvissute, ma da un ipotetico aldilà.
E’ nato così questo insieme di monologhi, in cui le protagoniste immaginano di ritrovarsi dopo la morte in un mondo dal quale possono vedere cosa sta succedendo da questa parte e cercano di spiegare il loro destino tragicamente conclusosi.
Questo “Paradiso” di Serena Dandini è un luogo dove si supera ogni differenza di razza, religione o etnia, dove la propria infelice esperienza di vita diventa una Antologia di Spoon River moderna e d esclusivamente al femminile.
Ecco allora che prende voce colei che non ha voluto cambiare la serratura di casa perchè il suo uomo la minacciava di ucciderla se lo avesse fatto e si è ritrovata strangolata nel suo letto, colei che è stata lapidata perché adultera, colei che è finita sepolta in un pozzo dietro casa senza che nessuno riesca a trovarla….
Sono figure anonime per scelta, senza un nome proprio perché vogliono rappresentare tutte le vittime di violenza sulle donne, sono quelle per le quali l’autrice dice che ogni riferimento a persone realmente esistite non è puramente casuale.
Si tratta in effetti di una finzione narrativa costruita con cura su documentazioni reali, su drammi non frutto di fantasia ma testimoniati in documenti purtroppo reali ed ufficiali.
Coordinata dalla ricercatrice del CNR Maura Misiti la Dandini ha approfondito l’argomento di questo tipo di violenza cercando di dargli un aspetto di fenomeno sociale, quasi scientifico, da indagare in una prospettiva che potremmo definire positivista.
Ad una prima parte del testo di impianto narrativo-drammaturgico, fa seguito dunque una seconda sezione documentaristica, avente come scopo la volontà di dimostrare che anche l’Italia è purtroppo un paese sempre all’onore delle cronache per questa realtà.
I monologhi iniziali sono stati trasformati in recitativi che hanno dato vita ad un intenso spettacolo teatrale curato dalla stessa autrice, in cui famose donne del palcoscenico italiano hanno dato voce a queste vittime silenziose, hanno voluto abbattere il muro del silenzio omertoso e denunciare l’abominio del femminicidio.
A noi donne si chiede di testimoniare la nostra solidarietà, il 25 novembre, indossando qualcosa di rosso, appuntando un fiocco del medesimo colore sulle nostre giacche, lasciando davanti alle nostre porte un paio di scarpe colore della passione e del sangue.
Sarà un piccolo gesto, ma servirà a dare ancora una volta voce a chi non lo può più fare nell’universo femminile.
AUTORE: Serena Dandini, Maura Misiti
TITOLO: Ferite a morte
EDITORE: Rizzoli Controtempo
PAGG; 216, EURO 15,00