Come scrivere un libro: un autore ce lo spiega
Come scrivere un libro: un autore ce lo spiega. “Teatro come terra degli incontri”: è uno dei titoli delle pubblicazioni di uno scrittore e giornalista aquilano, Antonio Di Muzio, che per noi va a ritroso, entra nelle viscere del suo libro e delinea tutta intera la sua poetica. Pepite d’oro raccolte nella polvere, con costanza, fino a disseppellire dal deserto questa cattedrale. Ecco il nesso del testo “Il teatro all’Aquila e in Abruzzo. Tsa, cronaca e storia”, dedicato al Teatro Stabile abruzzese. Un florilegio di personaggi, dei quali ci si propone di presentare le idee soltanto, occultando delicatamente le memorie. Antonio Di Muzio, nato all’Aquila nel 1964, ha conseguito la laurea in Lettere e Filosofia in Storia delle Arti e dello Spettacolo presso l’Università degli studi dell’Aquila con una tesi sugli anni d’oro del teatro aquilano (relatore prof. Ferdinando Taviani). Giornalista del quotidiano Il Messaggero, dal 2003 ha collaborato con la cattedra di Studi teatrali dell’Università aquilana e ha partecipato all’organizzazione degli eventi teatrali curati dal professor Ferdinando Taviani e dalla professoressa Mirella Schino. Dal 2006 ha collaborato con la cattedra di Psicologia Dinamica nel corso di “Cinema e Psicologia”. Lo abbiamo raggiunto al giornale, nel suo regno, ecco le sue parole.
Hai delineato la “storia dei teatri e del Teatro Stabile aquilano”: come è nata l’idea? “le cose pensate si avvicinano all’essere e alla possibilità di nascere” (Hesse)
É stato un lavoro lungo e laborioso nato dalla mia tesi universitaria con il professor Ferdinando Taviani, docente di Storia del Teatro all’ateneo aquilano. La tesi era basata sulle istituzioni e i gruppi teatrali aquilani dal 1975 al 1985. Un periodo scelto per inglobare tutte le maggiori: Tsa, Atam, L’Uovo e anche i gruppi nati spontaneamente.
Come scrivere un libro: scoprire una miniera
Un lavoro che poi mi ha portato a scavare questa “miniera”, come l’ha definita il professore nella prefazione, sin dal teatro di Amiternum per finire ad Alessandro D’Alatri (regista, sceneggiatore e attore italiano, ndr)
Il tutto corredato da intermezzi di studiosi e artisti che hanno fatto grande sia il Tsa, sia il Teatro Universitario, costola dello Stabile abruzzese, che poi ha continuato la sua strada intersecandosi ogni tanto con il Tsa.
Sport e integratori: i consigli dell’esperto per usarli correttamente
Fare sport richiede una serie di buone pratiche che mettono il fisico nelle condizioni migliori per…
Come scrivere un libro: capirne la portata
Sport e integratori: i consigli dell’esperto per usarli correttamente
A dir la verità non pensavo di scrivere una grandissima storia, con grandissimi personaggi. E’ nato uno scrigno nel quale non potevo mai pensare che ci fosse conservato un tesoro così prezioso.
Natalia Ginzburg parlava con gli attori per scrivere le sue commedie: come hai intessuto i capitoli di questo libro, definito una “miniera”? C’è un dialogo alla base? Parlaci della genesi di questo libro.
Il metodo di ricerca che mi hanno insegnato i miei docenti Taviani e Mirella Schino è stato quello di “vivere” la storia, ricercarla, accarezzarla, scoprirla piano piano, senza utilizzare le memorie altrui, ma solo le idee. La memoria è fallace, ma è determinante far memorizzare, specialmente a chi non ha vissuto la Storia. Come dice il professor Taviani: “la memoria è utile e costruttiva, ma è sempre la ricerca quella che si avvicina alla verità”. E io ho voluto basarmi sulla ricerca. A questo punto sono partito da un presupposto: cercare tutte le fonti scritte sull’argomento. Ho sfogliato pagine e pagine dei libri di tutti gli storici aquilani e l’archivio di Stato per carpire le storie, sui teatri come edifici e sulle rappresentazioni dell’epoca. Questa è stata la prima parte prettamente storica.
Come scrivere un libro: dove nascono i problemi
I problemi, paradossalmente nascevano, per il periodo dal dopoguerra. Fino al mio lavoro si sapeva solo che il Teatro Stabile dell’Aquila era nato grazie a tre persone: Peppino Giampaola, Luciano Fabiani ed Errico Centofanti e che c’erano stati gli anni d’oro (1967-1978). Non esisteva nessuna pubblicazione, soltanto notizie sommarie sparse qua e là. Mi sono trovato a un bivio: non volevo ascoltare i personaggi viventi (o meglio non mi volevo far condizionare dai loro ricordi) poi li ho ascoltati per creare una biografia, di fatto da loro autorizzata (vedi Centofanti, Fabiani e Fiorenza) e quindi pubblicata. E allora ho lavorato su due strade: spulciare l’archivio del Teatro Stabile d’Abruzzo, messomi a disposizione dai vari vertici dell’Ente, e, principalmente, dalla dirigente dell’Ufficio comunicazione Roberta Gargano e da Sandro Teodoro, e incontrare i familiari di Peppino Giampaola, che era il più anziano del gruppo, morto prematuramente nell’ottobre del 1979. La moglie Liliana De Gregoriis e i figli Federico e Silvia, mi hanno aperto le porte all’immenso archivio di Giampaola, costituito da appunti, libri, foto, lettere, riviste, pubblicazioni, ritagli di stampa, note storiche, manoscritti, conservati con meticolosità e pignoleria. Per me è stata la folgorazione! L’archivio, mi confidarono, non era mai stato messo a disposizione di nessuno. Mi hanno fatto sedere sulla poltrona del suo ufficio rimasto intatto dalla sua morte e mi hanno messo a disposizione tutto lo scibile di quella stanza. Ho capito l’importanza e la cultura di un grande uomo e ho capito, grazie alle fonti scritte, che l’idea di creare un teatro stabile pubblico è stata la sua fin dal Dopoguerra. E infatti il libro è a lui dedicato. L’incontro con Luciano Fabiani è stato determinante per entrambi per realizzare il sogno del Teatro Stabile dell’Aquila con il sigillo dei politici illuminati dell’epoca Lorenzo Natali e Giuseppe Fracassi. Nell’ottobre del 1963 nasce il Tsa. Dopo qualche anno, Errico Centofanti, grande uomo di cultura già da giovanissimo, che come giornalista aveva seguito la genesi dello Stabile, entra nel gruppo per creare il più florido periodo della storia teatrale aquilana, ma anche nazionale e internazionale.
Hugh Lofting con il suo dottor Dolittle diceva che nello scrivere un libro è importante decidere che cosa mettere dentro e che cosa lasciare fuori: che cosa ne pensi?
Lofting dice cose giuste. É stato il momento più difficile. Mi chiedevo quali sono le cose, i fatti e i nomi più importanti da inserire e quali no? Alla fine la scelta si è basata sul fronte artistico: ho preferito tralasciare gli spettacoli meno eclatanti (una decisione sofferta, basata solamente dalle critiche giornalistiche, le uniche fonti scritte sull’argomento degli ultimi 40 anni) e tralasciare alcune beghe politiche e giudiziarie, che purtroppo hanno caratterizzato e monopolizzato un lungo periodo del Tsa, inframmezzato da molte cose buone fatte da Federico Fiorenza, un personaggio controverso, che però ha salvato tantissime volte il Tsa dal fallimento e che ha portato in città grandi personaggi e ottimi spettacoli. Certamente, in definitiva, alcuni spettacoli o alcuni personaggi, non hanno fatto il bene dell’Ente. Anzi. In questi casi ho preferito non approfondire il discorso e sottolineare molto spesso solo le cose positive.
Già dalla prefazione si capisce che il testo ha avuto estimatori a frotte: chi lo ha promosso e portato avanti? Puoi raccontare qualche aneddoto?
I miei più grandi estimatori chiaramente sono stati i miei docenti che mi hanno spinto a entrare in miniera e picconare (in tutti sensi come si evince dalla Prefazione del prof. Taviani) le pareti. Un lavoro, duro, sporco, faticoso, ma che mi ha fatto trovare pepite e diamanti, ma anche tanta polvere e fango. Il professore di fatto è sempre stato contro gli Stabili istituzionalizzati fonte di tutti i mali per il teatro. Per lui il teatro è completezza fisica-dinamica e lo spettatore è protagonista di questo rito. Un teatro di idee e di regia fatto con pochi mezzi e forse anche per pochi. Secondo me c’è una via di mezzo: il teatro pubblico non è il male assoluto, come il teatro d’avanguardia e di sperimentazione non è la vetta. Sono convinto che il teatro pubblico deve essere per il pubblico. Si deve cercare in tutti i modi di portare la gente a teatro, ma altresì bisogna proporre cose di qualità, prodotta da gente di qualità e penetrare nelle scuole e nelle università. Questo è il teatro pubblico che non deve essere invaso dalla politica. Come scrive Dacia Maraini nell’introduzione. «I teatri devono essere diretti da persone competenti di teatro. I politici dovrebbero dare i soldi senza chiedere niente in cambio, né controllo né intervento di alcun genere. Da lì vengono tutti i guai. Soprattutto quando la politica si è dimostrata, come abbiamo visto dalle cronache, incapace di una visione ampia e universale del bene pubblico».
Come scrivere un libro: addetti ai lavori che lo valutino
La scrittrice sapeva del mio lavoro, le ho chiesto se mi voleva fare l’introduzione. Mi ha chiesto la copia del libro, lo ha letto e mi ha detto sì. Le è piaciuto molto. Infatti ha scritto: «Una pubblicazione molto utile. Anzi, direi necessaria. Un lavoro doveroso, inedito, per un ente che è stato fiore all’occhiello della cultura teatrale italiana e internazionale. Il nostro è un paese dalla memoria corta. E invece la memoria è la nostra coscienza storica, come dice Bergson. E io sono d’accordo con lui».
Come scrivere un libro: controllare il protagonismo dei testimoni
Un aneddoto? L’Aquila è una città dove tutti dicono di aver giocato a rugby in serie A e di aver fatto parte in qualche modo del Tsa. Ogni persona che incontravo o mi telefonava, la domanda rituale era sempre la solita: «Hai messo quel fatto dove io…? C’è il tale personaggio che io…? Hai messo quella volta che io…?». Con questo libro, speriamo, di aver rimesso un po’ la cattedrale al centro del paese. Certo in un libro di 688 pagine ci sono delle imprecisioni, delle mancanze, degli errori, ma insieme con l’editore Ricerche&Redazioni pensiamo di aver fatto un buon lavoro. Questo per quanto riguarda il teatro. Sul rugby stesse domande, visto che con i colleghi Paolo Pacitti e Tommaso Cantalini, stiamo completando l’almanacco dell’Aquila Rugby completo di tabellini, statistiche, cifre, foto, ricerche storiche inediti. «Guarda che io ho giocato in serie A in quella partita… L’hai messo?» Oppure: «Io c’ero in quella partita, l’hai messo nel libro?». Oppure ancora: «Io sui giornali non compaio in quella partita perché è sbagliato il tabellino che è uscito sui quotidiani». Anche in questo caso, certo con immancabili errori o mancanze, cercheremo di rimettere la cattedrale al centro del paese. Comunque una cosa è certa. Soltanto due persone in città possono fregiarsi del “titolo” di aver giocato in serie A e di aver fatto parte in qualche modo del Teatro Stabile: l’avvocato Stefano Rossi e lo storico capo-macchinista del Tsa Lucio Pelliccione.
E ora? Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Sicuramente quello di pubblicare entro l’anno l’almanacco dell’Aquila Rugby, un altro bel pezzo di storia della città alle soglie degli 80 anni di attività. E a breve la seconda edizione del libro sul teatro che a vendite e a gradimento sta andando a gonfie vele. Infine organizzare un incontro-presentazione del libro al Teatro Quirino di Roma con tutti i più grandi artisti, presidenti, direttori artistici, tecnici e specialisti che hanno partecipato a questa magica storia del Teatro all’Aquila e in Abruzzo.